Politica

Patrizia Toia: “Juncker si è dimostrato un vero leader europeo”

Questa mattina a Strasburgo il primo discorso di Jean-Claude Juncker sullo stato dell'Unione. Le attese degli eurodeputati erano alte, comprese quelle di Patrizia Toia, capodelegazione del PD al Parlamento europeo, che giudica il discorso del Presidente della Commissione UE "da vero leader europeo".

di Joshua Massarenti

In molti sono rimasti colpiti dal discorso di Juncker, molto convincente sulla parte dedicata alla crisi migratoria. E' un giudizio che condivide?

Assolutamente. Con il suo discorso, ha dimostrato una grande convinzione europea. A più riprese, ha sottolineato l'urgente necessità per l'Europa di adottare una visione davvero comunitaria per superare le crisi che sta affrontando. Per Juncker, quella delle migrazioni sarà determinante per capire quanto l'Europa è pronta o meno a difendere i valori su cui è stata fondata, e cioè la difesa della pace, dei diritti umani, etc.

Era poi molto importante collegare la visione di Juncker sull’UE con le nuove proposte della Commissione europea sulle migrazioni (leggi qui). A Bruxelles hanno finalmente capito che la crisi migratoria sta al cuore dell’Unione Europea e che non possiamo più chiudere gli occhi di fronte alla sfida lanciata da migliaia di persone in fuga dalla guerra e dalla povertà. Oggi, più che mai, è necessario avviare una strategia politica di ampio respiro, che guardi anche al futuro e che tenga conto del fatto che l’Europa è destinata ad essere una società multiculturale. Questo significa che al di là dell’emergenza, è opportuno, se non cruciale ragionare sull’integrazione dei nuovi profughi e dei migranti nelle nostre società.

Nella proposta avanzata dalla Commissione europea sulla ripartizione dei profughi, l’Italia ne terrò quasi 40mila, una cifra superiore rispetto alle attese. Alcuni parlano di una sconfitta per Roma…

Al di là delle polemiche, come ci insegna la Chiesa in questi giorni, bisogna essere generosi. Dopo l’operazione Mare Nostrum, l’Italia deve continuare a dimostrare di essere un grande paese europeo, e quindi fare la sua parte, pretendendo nel contempo che gli altri facciano la loro, soprattutto i paesi dell’Est. Purtroppo l’assenza del presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk non è un buon segno. I paesi dell’Est sono coloro che stanno dando più filo da torcere sulle migrazioni, la sua presenza a Strasburgo sarebbe stato stata opportuna. Ma ripeto, non possiamo certo tirarci indietro con la scusa che in passato siamo stati abbandonati a noi stessi. Del resto l’Europa riconosce tutti gli sforzi che abbiamo fatto con i fondi che allocherà per la gestione della crisi.

Come spiega la svolta della Merkel?

Finora la Merkel è stata una donna di governo, ma non una grande statista. Il modo ostinato con cui ha gestito la crisi greca, interamente incentrata sull’austerity, ne è stata la dimostrazione. Al contrario di Helmut Kohl, non ha avuto il coraggio di guardare al futuro. Puntando sull’unificazione della Germania e la moneta unica, l’ex cancelliere tedesco aveva dimostrato una grande visione politica dell’Europa, pagandone le conseguenze a livello elettorale. E questo è la differenza tra chi governa e chi è uno statista. Con questa svolta sulla politica migratoria, la Merkel finalmente entra nelle vesti di una statista, ha intuito che su una sfida importante come quella migratoria bisogna avere coraggio e lungimirazione, guardando oltre al consenso immediato. La sua fortuna, almeno per ora, è che il popolo tedesco la sta seguendo. Detto questo, la sua svolta non nasce dal caso. Negli ultimi mesi, le rotte migratorie si sono intensificate nei Balcani e nell’Est Europa, cioè alle porte della Germania. Inoltre, il pressing effettuato da Renzi sull’UE durante l’emergenza nel Mediterraneo ha sicuramente spinto i suoi partner europei a prendere atto che l’Unione Europea non poteva continuare a fare finta di niente e che le migrazioni riguardano tutta l’UE e non soltanto l’Italia o la Grecia. E’ una battaglia su cui anche gli eurodeputati del PD e degl gruppo S&D si sono impegnati molto. Infine, la Merkel deve fare i conti con l’andamento demografico del suo paese. Di fronte all’invecchiamento del popolo tedesco, la Germania ha bisogno di una nuova forza lavoro, determinante per il suo futuro economico e quello del suo welfare.

Se nell’UE c’è molta concitazione, non così si può dire in Africa e in Medioriente, le due principali aree di origine dei profughi e migranti. Alcuni lamentano un silenzio assordante dei leader arabi ed africani, che tuttavia sono confrontati da decenni da flussi migratori molto più importanti rispetto a quelli che si stanno verificando in Europa. Lei come spiega questo silenzio?

Intanto è doveroso risconoscere che le migrazioni colpiscono molto di più i paesi africani e del Medioriente che l’Europa, la gran parte dei profughi sta in quei Paesi. Tuttavia, la lotta contro l’immigrazione irregolare passa per un dialogo strutturato con i leader di questi paesi. Ma non è cosa facile. Nell’intervista che Renzi ha rilasciato a Vita (qui), il Premier ha sottolineanto quanto sia difficile dialogare con governi che devono gestire un numero di profughi nettamente superiore rispetto ai paesi europei, e spesso in un contesto di guerra, di povertà diffusa e di instabilità politica. In Libano, tanto per dare un esempio, il 25% della popolazione è composta da profughi e migranti. In Africa, si contano 30 milioni di profughi. Quindi quando i paesi UE si scontrano fra loro per spartirsi 160mila profughi, oltre a non offrire un bello spettacolo, mettono a repentaglio il dialogo con l’Africa e il Medioriente. Aumentare i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo è un passo importante per rafforzare questo dialogo, e le promesse fatte da Renzi a luglio lasciano ben sperare. E il dialogo è fondamentale se si vuole gestire in modo efficace e coerente i flussi migratori e le crisi dei profughi. Ciò detto, per dialogare bisogna essere in due. Purtroppo oggi l’UE non ha partner con cui cooperare. Il silenzio dell’Unione Africana e della Lega araba è preoccupante e non più giustificabile. Anche loro devono fare la loro parte, e per ora non la stanno facendo.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA