Provate a fare senza

Patrizia: «Solo grazie ad Ail ho potuto curarmi»

La migrazione sanitaria colpisce duramente molti italiani, costretti a spostarsi per raggiungere i centri a elevata specializzazione. Nel caso dei tumori del sangue, la permanenza lontano da casa è prolungata e i costi sono elevati. Patrizia Maggioli, di Rimini, racconta la sua esperienza a Milano, dove è stata accolta con il marito in una Casa Ail

di Nicla Panciera

«È troppo grande quello che ho ricevuto. Non ho parole per dirlo. All’Associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma Ail sono tutti fantastici. Ci hanno aperto la porta, ci hanno dato la casa, mi hanno garantito che se mio marito, a Milano con me, fosse stato male loro ci avrebbero aiutato. Ci hanno dato amore e ci hanno fatto sentire che non eravamo soli». Patrizia Maggioli, 68 anni, di Rimini, da mesi è ospite di una Casa Ail nel capoluogo lombardo, dove è in cura al San Raffaele per un tumore del sangue.

«Il 29 maggio dell’anno scorso ho ricevuto la diagnosi di leucemia acuta. Sono stata immediatamente ricoverata all’ospedale di Rimini, dove sono rimasta fino al 19 luglio, quando sono venuta a Milano per fare degli esami. Il mio ematologo mi aveva prospettato quattro mesi di vita se non mi fossi fatta curare», racconta. Così, poco dopo il rientro a Rimini, di nuovo all’ospedale cittadino, riceve dal San Raffaele l’ok al trattamento. «Ad agosto e a settembre ho fatto la seconda chemio e poi per una ventina di giorni sono finalmente tornata a casa, dopo tante settimane di ricovero, prima di partire per Milano».

La sua testimonianza è una delle tante che VITA ha raccolto nel nuovo numero del magazine, titolato “Provate a fare senza”. Senza chi? Senza Terzo settore, cioè senza un’infinità non solo di servizi e di supporti ma anche di opportunità di crescita e di relazioni. Il numero tratteggia un mondo distopico, in un racconto a tratti doloroso ma che restituisce l’evidenza del tesoro che abbiamo e che spesso non vediamo, come se il Terzo settore riguardasse solo gli “altri” – i fragili, i vulnerabili, le marginalità – e non tutti noi. Sarebbe un mondo invivibile. Se sei già abbonato, leggi subito qui il nuovo numero; se vuoi abbonarti, puoi farlo da qui.

Curarsi costa

Fin da subito, prima ancora che alla propria difficile condizione di salute, il pensiero è andato alla risoluzione di problemi pratici, soprattutto economici. «Mia mamma di 98 anni viveva con noi», ci racconta ancora molto scossa al solo ripensare a quei mesi, «per fortuna, io e mio marito abbiamo entrambi una pensione, ma, al mio trasferimento a Milano, lui mi avrebbe seguito e le rette delle residenze private per anziani superano i 3mila euro al mese. A Milano, poi, i costi dell’affitto sono elevatissimi: ci avevano chiesto 500 euro a settimana. Ci sarebbe servito un mutuo per permettermi di curarmi. A tutto questo pensavo, a come risolvere la situazione economica, più che alla gravità della mia malattia».

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