Non profit

Pastai con le mani in pasta

L'Antitrust sanziona un folto gruppo di aziende produttrici: «Intese restrittive della concorrenza per concertare gli aumenti del prezzo di vendita». Coldiretti: restituite i soldi agli agricoltori

di Silvano Rubino

Rincari concordati. Dietro la fiammata dei prezzi della pasta dei mesi passati (anche quando il prezzo delle materie prime smetteva di scendere) c’era un accordo di cartello tra le principali aziende produttrici. Il verdetto, impietoso, arriva dall’Antitrust, che ha sanzionato un gruppo di imprese (pari al 90% del mercato italiano) per un complessivo importo di 12,5 milioni. Nel mirino  Amato, Barilla, Colussi, De Cecco, Divella, Garofalo, Nestlè, Rummo, Zara, Berruto, Delverde, Granoro, Riscossa, Tandoi, Cellino, Chirico, De Matteis, Di Martino, Fabianelli, Ferrara, Liguori, Mennucci, Russo, La Molisana, Tamma, Valdigrano, insieme all’Unipi, Unione Industriali Pastai Italiani.

Lo rende noto la stessa Autorità  in un comunicato precisando che «sono stati valutati, caso per caso, il ruolo specifico svolto dalle aziende nella realizzazione degli accordi, le iniziative tese a contenere gli aumenti, le perdite di bilancio registrate nell’ultimo triennio» e che le multe «sono state determinate tenendo conto dell’eccezionale incremento del costo della materia prima e della situazione di difficoltà del settore».

Le imprese, secondo l’Antitrust «hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza finalizzata a concertare gli aumenti del prezzo di vendita della pasta secca di semola da praticare al settore distributivo». Sono invece risultate estranee all’intesa, a diverso titolo, le società  Gazzola, Mantovanelle e Felicetti, nei confronti delle quali era stata ugualmente avviata l’istruttoria.

L’Autorità ha sanzionato, con 1.000 euro, anche l’intesa realizzata da Unionalimentari, Unione Nazionale della Piccola e Media Industria Alimentare che, in quanto associazione d’impresa, ha divulgato una propria circolare per indirizzare gli associati verso un aumento uniforme di prezzo.

L’ACCUSA

In particolare, scrive l’Antitrust, «l’intesa realizzata da Unipi e dai 26 produttori eè durata dall’ottobre 2006 almeno fino al primo marzo 2008. Dal maggio 2006 al maggio 2008 il prezzo di vendita della pasta al canale distributivo ha registrato un incremento medio pari al 51,8%, in buona parte trasferito al consumatore, visto che il prezzo finale è cresciuto nello stesso periodo del 36%». Nell’ambito dell’intesa sono state fatte riunioni presso l’Unipi che ha comunicato al settore pastaio gli aumenti prestabiliti. Poi, aggiunge l’Antitrust, «una volta raggiunta l’intesa sull’aumento da praticare al settore distributivo, ogni impresa ha condotto la propria politica di prezzo». Viene contestato quindi non tanto la necessità di autonomi aumenti di prezzo davanti ai rincari delle materie prime ma il fatto che la decisione sia stata congiunta e gli aumenti decisi in modo anticoncorrenziale. «I copiosi documenti rinvenuti nel corso dell’istruttoria dimostrano inequivocabilmente che le imprese hanno concertato una comune strategia di aumenti dei prezzi». Prosegue l’Autorità: «L’istruttoria ha dimostrato che alcune società (Amato, Barilla, Divella, Garofalo, Rummo e Zara) hanno inoltre svolto un particolare ruolo di coordinamento dell’organizzazione dell’intesa, operando anche in stretta connessione con Unipi, con riunioni ristrette finalizzate a monitorare l’andamento dei listini e la ‘tenuta’ dell’intesa». Fra le sanzioni irrogate, spiccano quasi sei milioni (5.729.630 euro) per Barilla, quasi 1 milione 400 mila euro per De Cecco, 1 milione 260 mila per Divella, 748 mila euro per Colussi, 476 mila per Rummo, 474 mila per Garofalo.

LA DIFESA

«Nel settore non vi sono state speculazioni, né si è mai configurato alcun accordo lesivo degli interessi dei consumatori». Così replica l’Unipi alla notizia della multa. «Piuttosto», spiega l’unione pastai «le ragioni che hanno determinato tensioni sul prezzo al consumo della pasta sono riconducibili, in particolare, all’andamento dei fattori di costo di produzione, il piuù  importante dei quali è rappresentato della materia prima, la semola di grano duro». «Accordi per condizionare l’andamento dei prezzi non sono stati fatti né si sarebbero potuti fare, considerato che nel settore operano oltre 100 pastifici», dichiara Massimo Menna, Presidente di Unipi, «la dimostrazione è che sugli scaffali vi è sempre stata un’offerta molto diversificata». «Siamo amareggiati e preoccupati che si sia voluto penalizzare un settore cosi’ importante per l’economia italiana. L’ordinamento ci permette di appellarci nelle sedi deputate», prosegue Menna, «e confidiamo che in tali sedi vengano riconosciute le nostre ragioni ed annullate sanzioni il cui unico effetto sarebbe quello di compromettere un settore gia’ minato nella sua sostenibilità economica».

LE REAZIONI

«Ora i produttori di pasta dovrebbero risarcire i consumatori abbassando i prezzi della pasta di almeno il 20%’», chiede l’associazione dei consumatori Adoc, mentre per Coldiretti, che da mesi denunciava la discrasia tra i costi della materia prima e i rincari del prodotto finito, «i soldi delle multe che le industrie pastarie devono pagare all’Antitrust andrebbero restituiti ai consumatori e agli agricoltori con il prezzo riconosciuto per il grano duro che è dimezzato rispetto allo scorso anno, senza alcun beneficio per i cittadini che hanno invece dovuto subire ingiustificati rincari», attacca il presidente della Coldiretti Sergio Marini.

www.agcm.it

LE CIFRE

Oggi le quotazioni del grano duro si trovano – sottolinea la Coldiretti – su valori di quasi venti anni fa attorno a 22 centesimi al chilo mentre il costo medio della pasta si aggira attorno a 1,4 euro al chilo, praticamente stabile, secondo i dati del servizio Sms consumatori del Ministero delle Politiche Agricole. La forbice dei prezzi tra la pasta acquistata dai consumatori e il grano duro coltivato dagli agricoltori si è allargata dunque su livelli insostenibili per imprese agricole e consumatori.
 
La pasta ha infatti fatto segnare il record dell’ aumento dei prezzi tra i prodotti della tavola nel corso del 2008 che, per il piatto più amato dagli italiani, è iniziato  a gennaio 2008 con una crescita su base annua del 10 per cento e si è concluso con un balzo del 28 per cento a dicembre, toccando in diversi mesi dell’anno incrementi anche superiori al 30 per cento.
 
Una situazione che colpisce i cittadini con consumi medi procapite che – precisa la Coldiretti – in Italia sono sui 28 chili a persona, tre volte superiori a quelli di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiori a quelli di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiori a quelli di un giapponese. Peraltro – continua la Coldiretti – l’aggravio della spesa per la pasta dovuto ai rincari colpisce soprattutto le classi meno elevate di reddito, dove  la pasta è una delle componenti fondamentali della dieta.
 
L’elevata forbice dei prezzi – conclude la Coldiretti – colpisce anche gli agricoltori che non riescono più a coprire i costi di produzione con il rischio dell’abbandono delle coltivazioni Made in Italy, A seguito delle calamità, ma anche dei compensi insostenibili sono infatti crollate le semine di grano duro e si prevede un crollo dei raccolti superiore al 20 per cento nel 2009.
 

LA PASTA DAL CAMPO ALLA TAVOLA

                                                                      PREZZI
GRANO DURO                                           0,22 EURO/CHILO
SEMOLA                                                     0,40 EURO/CHILO
PASTA                                                        1,4 EURO/CHILO
Fonte: Elaborazioni Coldiretti su dati Servizio Sms Consumatori

 

 


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA