Welfare

Passeggiando alla Baia del Re

Stefano Boeri sta girando la periferia di Milano insieme a chi quelle vie le vive. Un modo per conoscere e poter ripensare zone troppo spesso dimenticate della città. Una proposta che si chiama “Le periferie al centro” e che ha visto l’ultimo appuntamento al quartiere Stadera

di Lorenzo Maria Alvaro

«Un gruppo di cittadini di Milano che ha come obiettivo quello di riprogettare le Periferie, nei loro spazi comuni, sensibilizzando istituzioni e abitanti», questo è la breve e concisa spiegazione della pagina Facebook di “Le periferie al centro”. Un’iniziativa voluta dall’architetto Stefano Boeri. Una serie di passeggiate nelle periferie, geografiche o umane, di Milano. Dal Gratosoglio a via Gola, da via Borsi a Giambellino.

L’ultimo appuntamento è stato a La Baia del Re, l'antico nomignolo del quartiere Stadera. Gli abitanti della zona, per lo più operai, decisero di chiamarlo così rifiutandosi di usare il nome imposto dal regime fascista che lo aveva edificato e nominato “28 ottobre” in ricordo della Marcia su Roma. Un soprannome autoironico e cinico, tipicamente milanese. Si riferiva infatti alla Kingsbay del Polo Nord, il posto più isolato e irraggiungibile della terra, che negli anni ’30 faceva da avamposto per le missioni internazionali di esplorazione in dirigibile del Polo, tra cui anche quelle di Umberto Nobile. Un modo per rendere l’idea dell’abbandono e dell’isolamento del quartiere che se oggi è in realtà molto centrale, al tempo era fuori città.

L’appuntamento con l’architetto Stefano Boeri è in Piazza Agrippa, angolo via Volvinio, alle 18. Siamo sui confini del quartiere. Da lì un gruppo di circa 60 persone per un paio d’ore ha visitato lo Stadera. A condurre la passeggiata abitanti, attivisti e membri di associazioni.

Detta così potrebbe sembrare una sorta di visita della disgrazia. Naturalmente sono numerose le cose che non vanno, quello che non funziona. Ma la sorpresa sono stati invece i tantissimi esempi che consentono di immaginare un destino e un futuro diverso per quelle zone della città che sono spesso considerate abbandonate e irrecuperabili.

È il caso di un cortile in via Stadera 18. Sulla sinistra si affaccia una moschea, il cui imam esce per conoscere i visitatori. Di fronte invece c’è la chiesa cristiana evangelica della comunità filippina. “Jesus is my lord” si legge su uno stendardo. In pochi metri quadrati, lontano da occhi indiscreti sembra che la convivenza confessionale allo Stadera sia già realtà.

Poco più avanti c’è la scuola del quartiere. Un complesso enorme. «A prendersi cura del giardino sono i genitori degli alunni. Fino a qualche mese fa era in completo stato di abbandono. Oggi è ben curato e disponibile ad accogliere gli intervalli degli scolari. Il parchetto di fronte all’istituto è la zona più a rischio, è la piazza dello spaccio», racconta Stefano Ranieri, che abita poco lontano.

La scuola guarda in faccia La Baia del Re, il cuore dello Stadera. Il complesso di edilizia popolare nato nel 1926. Il colpo d’occhio è impressionante. Non tanto perché sia una zona particolarmente brutta o intimorente. Ma perché rende plasticamente la differenza tra la gestione edilizia dell’Aler e i progetti di impresa sociale e cooperativa che nella zona hanno recuperato parte del patrimonio architettonico. A fare da cicerone è Alessandro Maggioni, presidente di Federabitazione – Confcooperative e gestisce alcune delle cooperative Acli/Cisl che hanno preso in affitto, recuperato e ora gestiscono alcuni palazzi popolari Aler della zona.

Tutto ciò che è Aler, cioè pubblico, è sulla sinistra. È in stato di pesante degrado oppure semplicemente murato e in abbandono. Questo quando non si assiste ad impalcature e cantieri fermi da anni. Sulla destra invece c’è la parte presa in carico dal mondo cooperativo. Pulito, dignitoso, funzionante, abitato. Gli inquilini sono anche soci e l’effetto di prendersi cura di qualcosa che si sente prorpio sono evidenti. La terza via del privato sociale a quanto pare dà dei risultati.

In tutto i vani stimati che sarebbero disponibili ma sono in stato di degrado ammontano a 270. Di questi 170 sono quelli di un progetto affondato nelle pastoie della burocrazia e che doveva dare vita ad uno studentato. Gli altri 100 invece sono classici appartamenti Aler.


Per chiudere il giro non poteva mancare la visita ad un luogo storico. Perché è bene ricordarlo, lo Stadera ha fatto grande Milano e l’Italia nel mondo con almeno due dei suoi figli. Uno è il simpatico vecchino nella cui bottega, un vero e proprio tempio sacro per i ciclisti, finisce il tour guidato da Boeri. Si tratta di Giuseppe “Peppino” Drali, più semplicemente il Drali. Meccanico, ma sarebbe meglio dire artista, della biciletta costruì le Bianchi del Campionissimo Fausto Coppi. Su di lui si narrano leggende. Come quando permise ad Anquetil di fare il record dell’ora al Vigorelli costruendogli una bici perfetta in una notte sola. Il suo negozio, ereditato dal papà che lo fondò nel ’26, è da sempre alla Baia del re ed è “bottega storica”.

Con Il Drali in queste vie è nato anche Giacobbe Fragomeni campione del mondo Professionisti WBC nel 2008 per la categoria dei pesi massimi leggeri.

Percorrendo le vie dello Stadera mi è tornato alla mente un bel docufilm che Vita aveva promosso che si chiama “Lasciando la Baia del Re”. Nel lavoro di Claudia Cipriani una storia autobiografica del rapporto tra una professoressa e una su allieva che le porterà dallo Stadera alla KingsBay.

Il prossimo appuntamento di “Le periferie al centro” sarà al Giambellino. Tutte le info sul gruppo Facebook

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