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Passa la manovra Tremonti-Bossi
Voto di fiducia al Senato, ecco nel dettaglio che cosa prevede
La manovra economica 2010 passa al Senato con il voto di fiducia, e quando un provvedimento così rilevante diventa un fatto incontrovertibile i giornali stentano a trattarlo come si deve, con qualche eccezione, troppo presi dalla bagarre politica nel Pdl. In ogni caso si tratta della notizia del giorno, con conseguenze importanti per tutti i cittadini.
- In rassegna stampa anche:
- POVERTA’
- LIBIA
- IMMIGRAZIONE
- CARCERI
- SANITA’
- SVILUPPO E DEMOGRAFIA
«Così cambieranno pensioni e tasse locali» annuncia il CORRIERE DELLA SERA in un richiamo in prima. La manovra finanziaria da 25 miliardi è passata al Senato con il voto di fiducia. Nonostante la rivolta degli enti locali, restano per adesso i tagli a Comuni e Regioni. Tremonti è soddisfatto: «Non credo che ci saranno più modifiche: la fiducia dà fiducia», ha detto il ministro dell’Economia. «Il senato ha davvero migliorato il testo – continua Tremonti – le pensioni stabilizzano il nostro sistema facendone il più sostenibile in Europa». Approva anche il governatore Mario Draghi: «Misure inevitabili, risanare e crescere di più».
Sulle invalidità è confermata la soglia del 74% per poter ottenere l’assegno, ma le verifiche aumenteranno a 250mila. Si annuncia un «giro di vite sulle false attestazioni da parte dei medici». Il quotidiano spiega «Che cosa cambia» dedicando l’intera pagina 5 ai dettagli del provvedimento. Per quel che riguarda le pensioni l’età del ritiro sarà legata all’invecchiamento medio. La riforma «costringerà tutti a restare più a lungo al lavoro». Sparisce l’attuale sistema delle “finestre” di pensionamento, sostituito dalla “finestre mobili”. Il decreto, scrive il quotidiano, «Nelle intenzioni del governo porterà il deficit al 2,7% del Pil nel 2012. Previsti forti tagli agli enti locali: 6,3 miliardi nel 2011, 8,5 nel 2012 e 8,5 nel 2013. Arrivano però 350 milioni l’anno per Roma capitale. I ministeri subiranno un taglio alle spese del 10%. Le retribuzioni del pubblico impiego vengono bloccate fino al 2013. Taglio del 5% per gli stipendi dei dirigenti pubblici tra 90.000 e 150.000 euro, del 10% sopra. Del 10% anche per ministri, sottosegretari non parlamentari. Stretta fiscale sulle compagnie di assicurazione mentre scende da 12.500 a 5mila il tetto per l’utilizzo del contante e scatta la fattura telematica sopra i 3mila euro. Infine, sospeso fino al 31 dicembre 2010 il pagamento delle quote latte». Su quest’ultimo punto monta la polemica contro la Lega, che ha fortemente voluto l’emendamento e il Ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan chiede al Commissario europeo di intervenire anche con sanzioni, se necessario. Ieri è stato il giorno anche della pace tra il superministro e Umberto Bossi, sancita dal «patto del (sigaro) toscano», fumato sui divani dei corridoi di Palazzo Madama. Il leader leghista ha ricevuto rassicurazioni sul federalismo: «Si farà, lo hanno chiesto anche le regioni», ha detto Tremonti. Secondo «La nota» di Massimo Franco «L’asse tra Giulio e il Senatur si impone sul Pdl e sulle Regioni». Non mancano le proteste. Il leader Cgil, Guglielmo Epifani è netto: «La parte sulle pensioni è assurda». Gli enti locali «restano sul piede di guerra». Le Regioni hanno trovato un compromesso: «Non alziamo bandiera bianca, ma accantoniamo la proposta di riconsegnare le deleghe al governo», ha detto Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni. Si fa più dura invece la posizione dei Comuni che temono di «vedersi scippare risorse per dirottarle appunto sulle Regioni».
Sulla manovra REPUBBLICA dedica solo due articoli a pagina 12 e 13. Il pezzo di riferimento sulla giornata di ieri al Senato “Accelera il federalismo fiscale tre decreti prima di Ferragosto” non entra nel merito economico della manovra. Più che analizzare quello che è successo in aula, il pezzo evidenzia un mini summit di 40 minuti tra Bossi e Tremonti in uno dei corridoi del Senato, ma soprattutto fa notare che l’asse Tremonti-Bossi ha segnato una forte accelerazione. «Ieri» scrive Repubblica «il ministro Calderoli ha annunciato tre decreti prima dell’estate. La prossima settimana il consiglio dei ministri varerà il primo, quello sui fabbisogni standard per Comuni e province, poi entro luglio si passerà ai costi standard per la sanità delle Regioni, quindi al decreto per l’Imu, l’imposta municipale unica. A settembre il decreto che trasferirà alle province la tassa su gomma, ovvero compartecipazioni sulle imposte su trasposto e transito di auto e Tir».
Nel pezzo di analisi “Draghi: Misure inevitabili, presto per valutare“, la valutazione del governatore della Banca d’Italia sulla manovra e anche sulla situazione economia del paese. Per Draghi, la manovra implica «costi in termini di crescita dell’economia». Nonostante questo, precisa Draghi «era inevitabile agire al più presto. Lo scenario tendenziale non era sostenibile».
Il sì del Senato alla Manovra non è fra le prime notizie del GIORNALE (che apre con Berlusconi che canta con Aznavour) “Manovra, sì alla fiducia in Senato e le regioni depongono le armi. Il Governo incassa il via libera. Marcia indietro dei governatori sulla riconsegna delle deleghe. E Bossi dichiara che può andare in vacanza tranquillo”. Questo è il risultato del fatto che il «passaggio al Senato è servito a ammorbidire alcune misure. Sono stati limitati i sacrifici per le regioni virtuose, attenuati i sacrifici degli insegnanti, accolte parzialmente le proteste dei disabili. Ma la sostanza della manovra è intatta». Di più. IL GIORNALE mette in evidenza che il Decreto riduce il deficit di 12,1 miliardi nel 2011 e 25 l’anno nel biennio successivo. Anche che la Banca d’Italia è soddisfatta e il box di pagina 6 sintetizza l’analisi di Draghi nel titolo “Obiettivi confermati, il Pil adesso risalirà”. Il Draghi pensiero è oggetto del pezzo di Nicola Porro che sottolinea quanto il governatore ha detto in occasione della 50esima assemblea dei banchieri svoltasi ieri. «Il governatore era lì per parlare ai suoi clienti, le banche. Ma ha colto l’occasione per raccontarci come vanno le cose economiche e per fare un felpato rimbrotto. Su tre temi. Si parte con la tutela dei correntisti dove dice affilatissimo “c’è molto lavoro da fare”. Secondo sulle infiltrazioni criminali, la disorganizzazione non riduce la responsabilità. Terza, la bacchettata più tagliente: Draghi ha l’impressione che le banche non stiano facendo tutto il possibile per l’erogazione del credito alle piccole e medie imprese». Conclude Porro: «L’impressione che dà è quella di un tecnico con ottimo uso di mondo, che in questo momento dice la sua senza particolari arrière pensèe politiche». Il quotidiano infine, riepiloga le novità della Manovra dove sottolinea il taglio del 10% agli stipendi di ministri e sottosegretari. Sforbiciata pure ai rimborsi elettorali. In sospeso lo stop agli aumenti retribuiti agli statali e la moratoria, sino a dicembre, per il pagamento delle tasse delle imprese aquilane.
IL MANIFESTO conferma: «Via libera del Senato con fiducia. Marcia indietro delle Regioni. I Comuni sul piede di guerra». È questo il sintetico richiamo in prima pagina, che rinvia gli articoli a pagina 4. Dopo un breve articolo in falsa apertura sull’approvazione con la sottolineatura: «(…) Ma la misura che sicuramente passerà alla storia è la riforma delle pensioni fatta via emendamento: “Verrà a crearsi una situazione insostenibile soprattutto per le nuove generazioni», denuncia il parlamentare Pd Cesare Damiano (…)». L’articolo che apre la pagina è dedicata alle Regioni che «cedono alla Lega». «L’hanno spuntata i governatori leghisti. Messe di fronte alla possibilità di vedere andare in pezzi l’unità che le aveva contraddistinte fino a oggi, alla fine le Regioni hanno preferito fare un passo indietro e imboccare la strada della mediazione» esordisce l’articolo all’interno del quale si sottolinea come «per le regioni che fanno un passo indietro, i comuni ne fanno uno in avanti. (…) Una bocciatura che arriva dopo che nei giorni scorsi proprio i sindaci, in contrasto con le regioni, si erano mostrati più possibilisti, specie dopo aver ricevuto dal governo la promessa che entro il 31 luglio verrà presentato in parlamento il decreto attuativo dell’autonomia fiscale (…)».
“Manovra, il si dà fiducia al governo“. Niente numeri e niente analisi sui provvedimenti votati. ITALIA OGGI si limita a fare il punto sugli obiettivi del governo prima della pausa estiva. Federalismo e intercettazioni in particolare. Sulla questione federalismo «il consiglio dei ministri» scrive il quotidiano dei professionisti «varerà prima dell’estate lo schema di decreto legislativo sul federalismo fiscale. La palla passerà poi alle commissioni parlamentari». E sul capitolo intercettazioni, Bossi non ha dubbi: «La legge si farà, perché altrimenti si inventano ogni giorno una P2 o una P6.
IL SOLE 24 ORE dedica alla manovra uno dei tagli bassi in prima (“Sì alla fiducia sulla manovra. Le regioni tengono le deleghe”) mentre dedica l’apertura all’assemblea Abi di ieri (“Le aziende chiedono crediti”). I servizi sulla manovra sono a pag. 5/7, con approfondimenti dettagliati su singoli aspetti. Per esempio la “tagliola del 50% sugli enti di ricerca”: il taglio del 50% di tutti i trasferimenti dei ministeri (quello che colpisce anche i Parchi Nazionali): «Le preoccupazioni principali si concentrano dalle parti degli enti vigilati dal ministero dell’Università, un gruppo capeggiato da realtà come il consiglio nazionale delle ricerche o l’agenzia spaziale italiana; sotto il controllo del ministero della Salute c’è invece l’istituto superiore di sanità, la croce rossa italiana e la lega per la lotta contro i tumori. Resta da capire se ci sono i margini per correggere la stretta in via interpretativa, ma la tagliola è immediata. L’abbattimento del 50% agli assegni ministeriali non deve aspettare il 2011, ma agisce da subito».
“Otto milioni in povertà” strilla AVVENIRE in prima pagina scegliendo come argomento del giorno il rapporto Istat presentato ieri secondo cui il 13% della popolazione si trova in difficoltà. Della manovra si parla a pagina 7 illustrando anche con una tabella riassuntiva tutte le misure, voce per voce, passate al Senato con 170 sì e 136 no. Un voto che il ministro Tremonti ha commentato così: «Fiducia dà fiducia” seduto in maniche di camicia su un divano di Palazzo Madama al fianco di Umberto Bossi. «Un siparietto in cui il leader della Lega e il ministro dell’Economia, col sigaro acceso, si mostrano un po’ come i padroni della scena, in grado, sottolinea qualcuno, di aggirare le rigide norme vigenti», scrive Angelo Picariello. «Passa quindi la linea del superministro, senza correttivi, fatta eccezione – a dire il vero – per quello imposto proprio dal Carroccio per la sospensiva sulle multe per le quote latte». Restano invece a bocca asciutta gli enti locali e ora sono i Comuni a mostrarsi più agguerriti, con l’Anci che preannuncia il voto negativo della Conferenza unificata «decisione in grado di creare un vulnus nei rapporti con lo stato, proprio nella fase dell’introduzione del federalismo fiscale». Il fronte dei Governatori regionali resta unito, ma su posizioni meno drastiche sulla spinta dei “moderati” Zaia, Cota e Polverini e alle Regioni Bossi promette che “presto saranno contente perché avranno un po’ di respiro e un po’ di ossigeno” con i decreti attuativi sul federalismo fiscale “entro l’estate”. Lo scontro al Senato, quindi, va in archivio con il sì alla manovra che non fa breccia nelle opposizioni. No anche di Udc e Api di Rutelli, con il Pd che va sulle barricate: «Ridicolo parlare di rigore mentre emerge il marcio», dice Anna Finocchiaro, alludendo all’esplodere di inchieste e di dimissioni. Prossima puntata, alla Camera: lunedì il testo arriva in Commissione, mentre il voto in aula è previsto a partire da mercoledì. Un nuovo sostegno alla manovra da 25 miliardi arriva da Mario Draghi che all’assemblea dell’Abi ha dichiarato. «Un’accelerazione del rientro degli squilibri nei conti pubblici è indispensabile. Il sentiero della politica economica è oggi stretto e arduo e non ci sono alternative al risanamento, ma neanche alla ripresa della crescita. L’uno e l’altra devono camminare di pari passo».
Per finire LA STAMPA: «La fine di una stagione» titola il commento in prima pagina di Luca Ricolfi che dopo la notizia dell’approvazione al Senato della manovra si pone la domanda: «È una buona manovra?» dopo un’iniziale «Dipende dai punti di vista. Sul piano macroeconomico era una manovra necessaria, e se una critica si può avanzare è semmai che è stata troppo leggera: si poteva tagliare di più la spesa pubblica corrente (…)», prosegue: «Se però andiamo ai dettagli della manovra e, in particolare alla distribuzione dei risparmi di spesa, il bilancio si fa decisamente negativo». Dopo aver elencato i vari temi dai tagli alle università, ai problemi con le regioni osserva: «Ma forse la verità che sta dietro tutte queste vicende è che il governo è debole, molto più debole di qualche mese fa. Così debole che basta la fronda dei finiani a costringerlo a una raffica di dimissioni (Scajola, Brancher, Cosentino), che ancora poche settimane fa venivano sdegnosamente escluse. Così debole che ogni alzata d’ingegno della Lega, dalla difesa delle Province alla tutela corporativa degli allevatori, è in grado di condizionare l a politica economica (…) Chi è abituato a ragionare in termini ideologici o di schieramento potrà rallegrarsi che il governo Berlusconi sia entrato in una fase di stallo, se non di crisi aperta (…). Quanto alla sinistra, basta il ricordo del governo Prodi per toglierci ogni illusione. Così quel che ci resterà è solo una montagna di parole, e la stanchezza di constatare che sono sempre le stesse». Sullo stesso tema LA STAMPA dedica anche un’intervista a Padoa-Schioppa, ex ministro dell’Economia che sui tagli alla spesa osserva «Per ridurla non si può tagliare in modo uguale a chi spreca e a chi non spreca; altrimenti, come si vede, si suscita una reazione corporativa che unisce tutti o quasi tutti nel no. Risanare la spesa non è un fatto contabile, significa amministrare, intervenire nella profondità dei meccanismi, separare chi spende bene da chi spende male. È un lavoro lungo».
E inoltre sui giornali di oggi:
POVERTA’
IL SOLE 24 ORE – “In povertà una famiglia su 10”. I dati del rapporto Istat: «In Italia, nel 2009, le famiglie in condizioni di povertà relativa sono state 2 milioni 657mila e hanno rappresentato il 10,8% delle famiglie residenti; si tratta di 7 milioni 810mila individui poveri, il 13,1% dell’intera popolazione. Sempre nel 2009, 1.162 mila famiglie (il 4,7% delle famiglie residenti) sono risultate in condizione di povertà assoluta per un totale di 3 milioni e 74mila individui (il 5,2% dell’intera popolazione). Sia la povertà relativa che quella assoluta sono risultate sostanzialmente stabili rispetto al 2008».
LIBIA
IL MANIFESTO – «Liberati» è questo il titolo di apertura a piede della foto dedicata alla protesta davanti all’ambasciata libica di Roma. «Dopo 16 giorni nel carcere di Braq, le autorità libiche rilasciano i 205 profughi eritrei. “Potete andare dove volete”, assicurano da Tripoli. Ma i ragazzi sognano l’Europa e la protezione internazionale. Interpellanza alla Commissione Ue sul respingimento denunciato dal manifesto”. Gli articoli sul tema sono a pagina 9 dove trova spazio anche un corsivo sinteticamente intitolato «Ora l’Italia li deve accogliere». Si legge: «(…) l’Italia deve farsi carico di questi cittadini eritrei, li deve accogliere. Perché li ha respinti in mare, violando il diritto internazionale. Perché oltretutto li ha ingannati trasbordandoli in Libia dopo aver promesso loro di portarli in Sicilia (…)».
IMMIGRAZIONE
IL SOLE 24 ORE – “I reati? Non hanno colore”. Il costituzionalista Valerio Onida commenta l’abrogazione da parte della Corte Costituzionale dell’aggravante prevista per gli extracomunitari irregolari: «è dunque caduta una misura imposta in Parlamento con la forza dei numeri da una maggioranza vittima della nuova ideologia anti-immigrati, in contrasto palese con i fondamenti e i limiti costituzionali del diritto penale. Nessuno poteva pensare che la minaccia dell’aggravante costituisse una efficace dissuasione dal commettere reati, che sono comunque puniti. Essa aveva il solo senso di un messaggio all’opinione pubblica e agli elettori: gli immigrati “irregolari” non sono persone da trattare (e da sanzionare, se commettono illeciti) come le altre, ma costituiscono con la loro sola presenza un pericolo per la società».
CARCERI
AVVENIRE – “Dottori dietro le sbarre: così si studia in carcere” è il titolo dell’inchiesta di pagina 3 sull’aumento dei detenuti in cerca di riscatto che si dedicano all’istruzione di alto. Nel 2008 19 laureati e oltre 300 iscritti.
SANITA’
LA STAMPA – A pagina 20 si trova il il reportage di Fabio Albanese da Barcellona Pozzo di Gotto: «Il lager dei detenuti psichiatrici» ci sono i numeri dei malati negli opg 1.535 nei sei istituti che avrebbero però una capienza di 1.322 posti. L’articolo denuncia la situazione che si vive in una struttura che è «ferma all’Ottocento»: tutto nasce dal lavoro della Commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale. Il direttore dell’Opg ricorda «abbiamo voluto noi questa ispezione, siamo al collasso e ci hanno tagliato i fondi», il quadro che emerge è desolante: otto, nove persone in celle dove ce ne potrebbero stare quattro, ci sono poi ancora i letti di contenimento con i detenuti legati ai letti. In un box il commento del senatore Ignazio Marino,presidente della Commissione d’inchiesta che osserva: «In Sicilia ancora non è stata recepita la legge che prevede il passaggio delle competenze sanitarie dei penitenziari dal ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale (…)» e dell’Opg di Pozzo di Gotto dice «una struttura che è solo un pessimo carcere».
SVILUPPO E DEMOGRAFIA
IL SOLE 24 ORE – “Per compensare la non crescita di popolazione abbiamo forzato la crescita economica con mezzi prima opportuni (produttività e delocalizzazione), ma insufficienti, e poi rischiosi e insostenibili (debito). È certo che in un sistema socioeconomico si possa decidere di stabilizzare la popolazione interrompendone la crescita, ma si deve sapere cosa succederà grazie alla crescita dei suoi costi fissi per invecchiamento, grazie alla decrescita del risparmio delle famiglie non formate, grazie alla diminuzione dell’accesso di nuove forze al lavoro, nonché grazie ai pericolosi squilibri geopolitici. Se non lo si sa, si produce, come è successo, una illusione insostenibile. Paradossalmente per correggere gli scompensi della mancata crescita della popolazione si è forzati a produrre più crescita pro-capite, per assorbire i costi fissi cresciuti. Si può perciò concepire un modello economico dove non cresce la popolazione? Certo, ma ci si deve rassegnare a diventare più poveri, a pagare più tasse. Ci si deve rassegnare ad aver meno risorse finanziarie da intermediare, da investire per l’ambiente, per sostenere i paesi poveri e le emergenze, a dimenticare i vantaggi della globalizzazione».
Nessuno ti regala niente, noi sì
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