Cultura

Pasolini – Gibson, vince chi perde

Un confronto senza riverenze tra i due film su Gesù che per qualche giorno saranno nelle sale in concomitanza.

di Lucio Brunelli

Il confronto fra i due Gesù al botteghino durerà solo una settimana, dal 9 al 15 aprile. Scontata, riguardo gli incassi, la vittoria della Passione di Cristo di Mel Gibson sul Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini. Non credo che l?eroe di Braveheart coltivi nell?animo sentimenti antisemiti, ma certo nel suo entourage molti hanno brindato ai ?fratelli maggiori? per l?involontario battage procurato alla pellicola.
Noi dobbiamo invece, almeno per una volta, brindare alla Mediaset, per il restauro del Vangelo secondo Matteo. Sono trascorsi 40 anni dall?uscita in Italia del capolavoro pasoliniano. E il suo ritorno nei cinema, proprio nei giorni del grande lancio di The Passion, è una felice concomitanza. Gustibus non disputandum est. Ognuno, viva-iddio, ha i suoi gusti: estetici, spirituali, religiosi. Ogni creazione artistica – sia essa un dipinto, una poesia, o un film – comunica sempre l?anima di chi l?ha realizzata. L?impatto umano che l?oggetto, in questo caso una Persona, ha provocato nell?artista.

Il catechismo di Mel
Gibson è un cattolico militante, duro e puro, con simpatie lefebvriane. Voleva scuotere i pagani moderni e ancor più i cattolici postconciliari, portandoli lì, sul Golgota, per dirgli: guardate un po?, cari miei, questo è il duro prezzo della Redenzione: sangue, carni martoriate, odio satanico dei persecutori, altro che balle ecumeniche. Poi, magari inconsciamente, oltre alle nostre anime tiepide, avrà pure pensato al botteghino. Braveheart insegna, il sangue paga, e poi chi potrà negare (Vangeli alla mano) che le cose siano andate proprio così? Ma lasciamo da parte letture commerciali. L?intenzione ?catechetica? era quella lì: costringere lo spettatore a dire “ora basta” all?ennesimo colpo di flagello o ad abbassare lo sguardo quando il corvo becca impietoso l?occhio del ladrone cattivo.
Pellicola, intendiamoci, girata e montata con grande maestria tecnica; effetto reportage in presa diretta, geniale l?idea di far recitare gli attori in latino e aramaico. Stupido liquidarlo come un?americanata. Ma chi, (e sono la maggioranza, specie fra i giovanissimi), non sa più cosa sia il cristianesimo, stenterà a capire dove fosse il fascino, l?attrattiva di quel Dio fatto Uomo. Un Gesù che scuote, ma raramente commuove. Un film ?reazionario? nel senso letterale, (non politico) del termine: che reagisce contro qualcosa, fosse pure un?immagine sbagliata, smielata, molliccia del cristianesimo. E infatti ne hanno subito fatto una bandiera i cristianisti, che per sentirsi vivi devono sempre essere in guerra contro qualcuno o qualcosa.

Il Messia di PPP
Tutt?altra genesi e quindi ?anima? ha il Gesù di Pasolini. “è un?opera di poesia che voglio fare, non un?opera in qualche modo ideologica”, spiegava. L?espressione di quei volti presi per strada che guardano – stupiti, attoniti, confusi, impauriti, avvinti – il Messia tuonare contro i farisei (“Sepolcri imbiancati”!) e praticare il perdono verso i nemici e i peccatori. Le rughe di quella Maria anziana, sotto la Croce, madre del Nazareno (e del regista friulano). Il bianco e nero ci risparmia l?effetto reality del sangue che cola ovunque. Eppure quanto è più realista, drammatico e struggente il suo dolore. Qui non c?è alcuna volontà di catechizzare. C?è solo il desiderio di comunicare il fascino misterioso, dolce e sconvolgente, che quella Persona, o almeno alcuni tratti di quella Persona, hanno avuto su un uomo disperatamente alla ricerca di un senso per la vita e per la morte.
“Ho potuto fare il Vangelo così come l?ho fatto”, rispondeva Pasolini ai suoi critici, “proprio perché non sono cattolico, nel senso restrittivo e condizionante della parola: non ho cioè verso il Vangelo né le inibizioni di un cattolico praticante (inibizioni come scrupolo, come terrore della mancanza di rispetto) né le inibizioni di un cattolico inconscio (che teme il cattolicesimo come ricaduta nella condizione riformistica e borghese da lui superata attraverso il marxismo)”.
Ma forse è proprio qui, in questo porsi poveramente da uomo, senza schemi religiosi, davanti alla forza attrattiva di Cristo la verità più profonda che sentiamo echeggiare in questa pellicola restaurata con i soldi del cavalier Berlusconi.

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