Famiglia

Parto: andata e ritorno

di Benedetta Verrini

Mi ci sono voluti tre figli per capire cosa fosse il parto. Non sto scherzando: quando aspettavo la mia prima figlia ero certa che avrei guardato in faccia la morte, dunque la mia scelta d’elezione era il parto cesareo. Per fortuna, mio marito e qualche cara amica mi hanno aiutata a capire che dovevo provare: che non potevo escludere a priori, solo per paura, la scelta del parto naturale.

In effetti è andata bene, sono stata fortunata e ho avuto un’esperienza molto bella, che ha segnato psicologicamente le due nascite successive. Però l’idea di essere in qualche modo in una condizione particolare, da monitorare continuamente attraverso visite ed ecografie, mi è rimasta anche dopo. Fino all’ultima gravidanza, quando un’ostetrica veterana, a due mesi dal parto, mi ha detto una frase a prova di stupida: “Signora, la gravidanza è un evento fisiologico. Va tutto bene. Potrebbe anche farsi controllare soltanto da noi, il ginecologo interviene se c’è una patologia”. Uau, una specie di rivelazione.

L’approccio al parto è in una fase di interessante cambiamento: una sorta di ritorno alle origini, con una visione più umana e naturale dell’evento. Lo descrive splendidamente l’ultima rassegna bibliografica, intitolata “Genitorialità e nascita”, del Centro nazionale di Analisi e Documentazione per l’Infanzia e l’Adolescenza. Il testo, introdotto da un contributo della psicologa Raffaella Scalisi, spiega come i servizi di accoglienza e assistenza al parto abbiano vissuto una piccola rivoluzione negli ultimi dieci anni: da evento fortemente medicalizzato ad “accompagnamento al percorso nascita”, ovvero un cammino che comincia prima dell’arrivo del bambino e prosegue anche dopo, tenendo conto che insieme al piccolo nascono anche una mamma e un papà.

La relazione della Scalisi illustra le metodologie, i servizi, ma anche le leggi a sostegno della famiglia, in un sistema volto a migliorare l’accoglienza nel mondo di un nuovo nato, dal percorso ospedaliero fino ai consultori e alle norme di sostegno alla maternità nel mondo del lavoro. Bellissima anche la parte finale del libro, dove si trova una rassegna di tutti i film italiani e stranieri che hanno trattato, con sensibilità differenti, l’argomento nascita.

Una piccola bussola utile anche per leggere i fenomeni in atto nel mondo: negli Stati Uniti, ad esempio, c’è addirittura un ritorno al parto in casa, che interseca ceti alti e ceti bassi. Con una differenza sostanziale: i primi lo fanno come scelta trendy. I secondi perché partorire in ospedale, quando non hai l’assicurazione sanitaria, costa almeno 10mila dollari.

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