Welfare

Parte la guerra ai “presunti invalidi”

Su lavoce.info critiche all'anello iniziale del sistema. Solo un terzo delle domande viene accolto, le altre comportano lavoro inutile

di Sara De Carli

«La fabbrica delle invalidità». Così la definisce oggi Andrea Tardiola su lavoce.info, lanciando la battaglia – dopo quella sui falsi invalidi – contro i “presunti invalidi”. Sono loro, secondo Tardiola, a ingolfare l’Inps «contribuendo alla farraginosità e lunghezza della procedura a scapito delle persone realmente bisognose».

I “presunti invalidi”, sono coloro che presentano domanda di invalidità pur senza avere requisiti. L’assegno non lo avranno, quindi non c’è un danno monetario, ma costano tempo e risorse amministrative nell’iter di verifica. Tardiola parte da un dato: solo un terzo delle domande di prestazione assistenziali vanno in porto (nel 2010 sono state presentate circa 1.170.000 nuove domande, ma sono stati liquidati solo 426mila nuovi assegni). Se si vuole risparmiare e migliorare l’efficienza della macchina, bisogna partire da qui, dice, dal primo anello, «snidando le ragioni che inducono alla presentazione di un numero così sproporzionato di domande, la maggior parte delle quali senza concrete chance di accedere a una prestazione assistenziale».

Le ragioni

Perché questo accade? Secondo Tardiola perché «alcuni attori del sistema hanno incentivi a proporre comunque la domanda di invalidità. Primi fra tutti, i medici di famiglia e i patronati». I medici di famiglia infatti vengono pagati dagli assistiti per rilasciare il primo certificato necessario (alla stregua dei certificati medici per le attività sportive), quindi «i medici di famiglia hanno interesse a rilasciare questi certificati e, di conseguenza, a persuadere l’assistito nel tentativo di richiedere l’assegno di invalidità». Secondo incentivo: i patronati sono finanziati da un fondo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che viene ripartito tra le sigle in ragione della presenza territoriale e del numero di istanze gestite. «Tra le prestazioni gestite, le domande di invalidità sono quelle che consentono al patronato di acquisire maggiori punti per il calcolo del riparto del fondo. Occorre considerare che la quasi totalità delle domande di prestazioni è prodotta attraverso i patronati: il 95 per cento nel 2010».

Le soluzioni

Tardiola propone di eliminare gli incentivi di patronati e medici. «Per i patronati andrebbero ripensati i criteri di riparto dei finanziamenti, a parità di finanziamento globale. Si tratterebbe di “scontare” al finanziamento della singola organizzazione una quota rapportata alla percentuale di domande di invalidità rigettate». Per i medici di famiglia «si potrebbe introdurre la certificazione tra le prestazioni cosiddette convenzionate».


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