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Parsi:«Il tempo della retorica è finito»
Secondo l'esperto di goepolitica è importante che l’apparato predisposto a portare gli aiuti sia anche in grado di reagire ad eventuali operazioni aggressive che ci sono e che saranno sempre di più.
Immigrazione, l’avanzata dell’Isis, il ruolo dell’Unione Europa nella crisi libica e l’operato Alto rappresentante per gli Affari esteri nell'Unione europea Federica Mogherini. Il professore Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano, fa il punto sui temi attuali di politica estera con Vita.it ai margini della conferenza “Una prospettiva europea per i paesi dei Balcani occidentali” organizzato da Mcl a Belgrado.
Tema immigrazione. Italia impreparata?
Sull’immigrazione l’Italia fa sfoggio di retorica, dicendo cose banali facendole passare come genialate del tipo: “Non bisogna confondere immigrazione con il terrorismo”. Ovvio che non è così. Però gli episodi sono continui di tracimazione e di contagio. Mi spiego: qualche settimana fa una motovedetta della guardia costiera fu presa d’assalto affinché rilasciasse un gommone di scafisti una volta compiuto lo sbarco dei profughi. Qualche giorno fa un peschereccio italiano è stato preso d’assalto e liberato grazie alla reazione dei pescatori e all’intervento della marina militare. E’ chiaro che non possiamo fare finta di niente. Un fenomeno del genere così governato di anarchia totale è un perfetto brodo di cultura per l’infiltrazione del terrorismo. E’ come una ferita infetta dove possono arrivare altri batteri.
Quando guardiamo all’immigrazione abbiamo da un lato una posizione di carattere politico e umanitario e dall’altro un discorso legato alla sicurezza. E’ importante che l’apparato predisposto a portare gli aiuti, sia anche un apparato che sia anche in grado di reagire ad eventuali operazioni aggressive che ci sono e che saranno sempre di più. Quelli di Daish (Ad-Dawlah al-Islāmiyah fīl-ʿIrāq wash-Shām- Islamic State of Iraq and the Levant) non sono dei cretini. Sanno benissimo che se possono prendere cinque pescatori e tagliarli la gola o prendere in ostaggio tre marinai della guardia costiera riusciranno a generare un contraccolpo politico gigantesco. È brutale dirlo, ma colpisce di più la distruzione dei monumenti e di identità millenarie che l’uccisione delle persone. Daish (Ad-Dawlah al-Islāmiyah fīl-ʿIrāq wash-Shām- Islamic State of Iraq and the Levant) ha due scopi: la lotta contro gli infedeli eretici, ovvero una jihad folle contro i cristiani, i shiiti, gli yazidi, e la lotta contro l’apostasia, ovvero contro tutti i musulmani sunniti che non condividono la loro versione dell’islam che è poi quella sponsorizzata da Arabia Saudita, Qatar, Emirati. Noi siamo in mezzo e dobbiamo fare qualcosa tendendo in considerazione che oggi i nostri alleati sono i sciiti. Dobbiamo valorizzare questa alleanza. Non possiamo non constatare come i sauditi, gli emirati e il Qatar hanno mandato 250 aeroplani e 150 mila soldati contri i ribelli sciiti nello Yemen e nulla hanno fatto contro Daish nel nord. La comparsa di Daish sta resettando le alleanze nella regione. Noi abbiamo anche il problema di Daish in Libia. Per chiamare gli altri a colazione con noi contro Daish, noi dobbiamo essere disponibili ad essere in colazione con gli atri su altre questioni come Ucraina e Golfo.
Anche l'Europa fa proclami?
Di fatto siamo solo noi ad occuparci della questione libica e dei profughi. Non ci siamo mossi benissimo nella fase iniziale di questa crisi libica. Ripeto, per andare avanti dobbiamo essere più disponibili su tutti i dossier della politica estera. Solo così potremmo chiedere agli altri paesi di stare sul nostro. L’idea di dividere i compiti tra i paesi dove l’Italia ha il ruolo di quello che coordina ma poi non si interessa di altro è una sciocchezza. Non basta un posto al tavolo. Bisogna esserci davvero anche in altri contesti come la Siria, l’Ucraina. E’ uno sforzo costoso e pericoloso.
A questo tavolo, come si è comportata la Mogherini?
E’ già tanto che ha la sedia, ma non perché sia lei. Ma perché la sua carica è vuota. Sta su un campo che è presidiato fortemente dagli Stati e che residuamene è di competenza dell’Unione. Gran parte del lavoro dell’alto commissario è quindi rivolto verso gli Stati membri, non verso il mondo esterno.
Allora quali sono le condizioni per avere un commissario efficace?
Bisogna essere Javier Solana.
In che senso?
Solana con la sua storia riempie una carica che è vuota. Quando Solana arrivò a fare il primo alto commissario dell’Unione, era già stato segretario generale della Nato. Era un personaggio gigantesco per la sua storia. Poi per carità, la Mogherini cerca di fare, si impegna. Non possiamo darle la croce addosso. Rimanendo sul tema Eu, dobbiamo mettere in asse la politica dei principali paesi europei con la politica dell’Unione. Ci vuole una cacofonia armoniosa. Se è vero che l’Unione Europea è una realtà "multilivello", essa opera come fa un'orchestra. Non può essere un solista. Va già di lusso se ha un direttore. Però noi dobbiamo pensare all’Europa come a una jazz session. I jazzisti improvvisano senza uno spartito e un direttore. Prima parte il batterista, a un certo punto il contrabbasso. I bravi jazzisti riescono a tenere il ritmo. Smettiamo di aspettarci un Herbert Von Karajan e pensiamo invece a un Miles Davis.
Foto:Getty Images
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