Fui molto stupito quando papà, che mi aveva iniziato (anche) alla lettura dei fumetti, mi riconsegnò l’albo numero 1 di Rat Man Collection rivelandomi che non lo aveva fatto ridere.
Erano tempi in cui, in quarta liceo, prima delle 8 del mattino, leggevamo in gruppo le storie di Leonardo Ortolani e ci scassavamo dalle risate. La scena è un po’ irreale a raccontarla, ma lo era anche a viverla: uno di noi leggeva il fumetto ad alta voce e tutti seguivano, che poi era ciò che nell’ora successiva sarebbe accaduto con il Manzoni o con Dante, con meno risate e l’attenzione più altalenante.
Mantengo un debito con chi mi ha fatto ridere ed erano anni, gli ultimi del secondo millennio d. C., in cui ci provavano in tanti, dai comici dello Zelig alla Gialappa’s: io in tv preferivo guardare l’improvvisazione teatrale (in terza serata, su Mediaset), ma amavo Aldogiovanniegiacomo.
Giacomo Poretti, 15 anni dopo, si fa carico di messaggi rivolti ad una Diocesi esigente come quella milanese dalla rubrica del mensile gesuita Popoli (la cui storia centenaria si è chiusa lo scorso dicembre), ma anche in occasioni pubbliche, come quando ha dato il benvenuto al Cardinale Angelo Scola.
Molti amici cattolici, quando gli ho chiesto come fossero state la festa della Caritas in piazza del Duomo o la serata “Venite a vedere questo spettacolo”, mi han risposto: “Giacomo è stato bravissimo, divertente e commuovente”.
Come se avesse parlato solo lui.
Evidentemente i discorsi degli altri oratori erano declamati meno efficacemente o i contenuti non erano così memorabili. Un altro motivo credo sia che i testi di Giacomo fanno spesso ridere. Se sai fare ridere è più facile commuovere, ma soprattutto ti fai ascoltare: e una volta aperto il canale emotivo è possibile shiftare a quello cognitivo, dando da pensare.
Non che si debba essere divertenti per farsi ascoltare, eh. Ma si può esserlo.
Credo che anche per questo la trasmissione “Gazebo” sia stata adorata, per la sua leggerezza. Alla Zerocalcare. In cerca di un umorismo ancora più giovane mi son fatto prestare da mio fratello minore il fumetto “Tutto Scottecs”, di Sio (Simone Albrigi). Quando gliel’ho reso, ho rilevato che non mi ha fatto ridere.
Son contento di averlo letto: il linguaggio si aggiorna, e la comicità cambia nel tempo. I Peanuts, Rat Man, l’Uomo Scottecs. Meccanismi che non m’interessa ricondurre alla leggerezza o alla frivolità, per utilizzare le categorie di Calvino.
Quello che m’interessa è lavorare per alleggerire la pensosità. Tenendo in mente la domanda dell’ultimo articolo di Franco Bomprezzi sulla rivista “SuperAbile Magazine” (lui faceva riferimento all’espressione “diversamente abile”, io voglio allargare il suo interrogativo):
Ma mi domando: è possibile che il nostro mondo non riesca a elaborare con fantasia, ironia, leggerezza, coraggio, incoscienza, qualche altra chiave di comunicazione?
Immagine| @luccacomicsandgames
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