Famiglia

Parmalat: la procura di Milano è pronta a ripartire

Luci puntate sulle banche, ma non solo

di Selena Delfino

La procura di Milano è pronta a “ripartire” sul caso Parmalat. Chiuso il primo filone, che stando alle previsioni approderà in udienza preliminare nell’ottobre prossimo, i magistrati milanesi puntano ora su banche e banchieri. L’obiettivo è quello di sempre: accertare se, con varie modalità, il mondo della finanza abbia avuto un ruolo nell’accreditare al mercato nazionale e internazionale un gruppo, quello di Collecchio, che da tempo era ormai “decotto”. Per tutti, gli interrogatori inizieranno a luglio. Così, nel giorno in cui il presidente della Consob, nella sua relazione annuale al mondo finanziario, fa precisi riferimenti alle responsabilità del sistema bancario, negli uffici della Procura di Milano si riguarda il programma steso da qualche giorno sul secondo filone dell’indagine Parmalat, quello piu’ delicato: le banche. Da qui a fine giugno, questa è la ‘scaletta ‘ degli inquirenti, i magistrati metteranno a punto un capo di imputazione forte sulla scia dell’ipotesi d’accusa principale, quella già mossa per gli ex manager di Collecchio, cioe’ l’aggiotaggio. Per qualche tempo, si apprende ora negli ambienti giudiziari, i magistrati avevano pensato ad un’altra e ben piu’ ‘pesante’ incriminazione, che però, allo stato, pare accantonata anche se non proprio bocciata del tutto. I riflettori sono, da tempo, puntati sulle ultime operazioni finanziarie condotte per Parmalat da istituti di credito nazionali e internazionali come Deutsche Bank, Ubs, Citigroup, Bpl, Nextra e Morgan Stanley. Ma non solo. Quel che si sta analizzando, tra i tanti aspetti, sono anche le condizioni contrattuali applicate al gruppo italiano del latte rispetto a quelle concordate con altre società, che pure avevano un analogo rating Standard & Poor’s. Condizioni contrattuali che, del resto, lo stesso Calisto Tanzi aveva sintetizzato in passato nel corso dei suoi interrogatori, con un “mi hanno preso per il collo”. Ancora lontana, al momento è l’ipotesi che tutto finisca a Parma. Da qualche tempo il procuratore aggiunto Angelo Curtò, lo dice e lo ripete: “Se dovessero emergere corresponsabilità degli istituti di credito in reati fallimentari, manderemo tutti gli atti a Parma perchè non vogliamo invadere competenze altrui”. Eppure, tra gli investigatori, c’è chi ricorda che difficilmente, nel caso Parmalat, i magistrati milanesi possono fare emergere aspetti che abbiano a che fare, ad esempio, con un’ipotesi di bancarotta preferenziale, che si realizza quando le banche rientrano dei loro capitali. L’indagine, comunque, è appena all’inizio.


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