Economia

Parleremo a una sola voce. Così la rappresentanza si mette al passo con i tempi

Intervista a Luigi Marino. È lui il primo portavoce dell'Alleanza

di Redazione

Sarà lui, Luigi Marino, numero uno di Confcoop, a guidare per il primo anno l’Alleanza delle cooperative. Guida un’organizzazione che raduna 20.500 imprese e ha un fatturato complessivo di quasi 62 miliardi di euro l’anno.
Il coordinamento è il segno del superamento definitivo dei vecchi steccati ideologici?
È un grande segnale di maturità finalizzato a interpretare e svolgere in modo efficace e moderno la rappresentanza del settore cooperativo. La fine dei partiti tradizionali, il mutare dei contesti socio – politici, il diverso sistema elettorale – che è da rivedere – sono tutti elementi che hanno determinato il graduale, ma inesauribile tramonto dei collateralismi tra politica e mondo della rappresentanza. Le contrapposizioni ideologiche sono andate sfumandosi. La rappresentanza datoriale e sindacale è stata chiamata ad adeguarsi, a interpretare nuovi ruoli, al passo con il tempo, con il mercato e le sfide, che questo impone.
È stato un cammino complicato quello che ha portato alla nascita dell’Alleanza?
Quest’Alleanza non è un fulmine a ciel sereno. Già qualche volta, Confcooperative, Legacoop e Agci sono intervenute a Palazzo Chigi con un’unica voce per rappresentare gli interessi della cooperazione italiana. Adesso cominceremo a farlo in modo organico e strutturato per presentare all’unisono le istanze e le richieste delle cooperative. Questo Paese ha bisogno di semplificare la rappresentanza. Molto spesso, a Palazzo Chigi assistiamo a incontri al quale partecipano oltre 30 sigle, molte delle quali vivono solo sulla carta e sono presenti solo a Roma, senza avere alcuna reale rappresentanza.
In che modo le peculiarità delle singole centrali verranno garantite?
L’Alleanza è nata e sta in piedi perché garantisce l’autonomia di ciascuno dei suoi componenti. Sia nella governance sia nei patrimoni. Le radici e i valori culturali, soprattutto quelli, non sono in discussione. L’obiettivo comune è unificare gli sforzi e il lavoro. Parleremo con una sola voce, in modo sistematico nei vertici istituzionali con il governo, con le parti sociali e cercheremo di rafforzare la cooperativa anche dal punto di vista imprenditoriale con strumenti economici e finanziari.
Il coordinamento è un primo importante passo. Avete già provato a immaginare una road map dei passi futuri?
Questo è il risultato di un lungo cammino, durato almeno dieci anni, segnato anche da qualche battuta d’arresto. Il traguardo più grande è quello dell’unificazione del movimento cooperativo, ma occorre tempo. Sono processi che devono maturare gradualmente. Non sono decisioni che possono essere assunte per decreto o per statuto. Non è un caso che la stessa Alleanza parta a livello nazionale. Le articolazioni territoriali non saranno coinvolte prima di qualche anno.
Quali segni ha lasciato nel sistema cooperativo italiano la crisi economica?
Le rispondo evidenziandole due dati. L’impresa lucrativa e di capitali ha perso oltre il 7% della redditività e ha usato a iosa gli ammortizzatori sociali. Il movimento cooperativo nella sua totalità ha perso l’1,1% di redditività, mentre le nostre aderenti hanno contenuto ulteriormente il passivo perdendo lo 0,8% rispetto ai livelli precrisi. Inoltre la cooperazione ha fatto un uso ridotto degli ammortizzatori sociali, anzi, seppur solo di qualche decimale è riuscita a incrementare l’occupazione. La cooperazione ha fatto quello che poteva e quello che doveva fare, dal momento che nel suo dna l’attenzione è incentrata sulla persona. Fin qui le luci. Le ombre sono rappresentate dalla durata di questa crisi. Dagli effetti che potrà avere nel lungo periodo sulle imprese che restano mediamente sottocapitalizzate e sottodimensionate.
[M. R.]


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