Cultura

Parla una superstite del ‘44. Milano ricorda le sue bombe

I sopravvissuti della strage di Gorla, che uccise oltre 200 bambini, oggi si ritrovano. Con un’idea: il primo museo della pace italiano.

di Antonietta Nembri

Aveva sei anni quando nel 1944 i bombardieri americani rasero al suolo la sua scuola. Oggi è una professoressa di inglese in pensione e la segretaria del Comitato promotore del Museo della pace – Piccoli martiri di Gorla, presieduto da don Walter Filippi, salesiano, un altro superstite del bombardamento delle scuole di Precotto e Gorla, a Milano, che uccise oltre 200 bambini. Piera Nanetti non guarda al passato, non lo ha mai fatto, “in famiglia con i miei non ho mai parlato di quanto mi era successo”, ammette. Fino a quando, accompagnando a Londra i suoi studenti, non ha conosciuto una professoressa giapponese. Una corrispondenza durata dieci anni. Nel 1998, il viaggio in Giappone, in occasione della terza Conferenza internazionale dei Musei della pace legati all?International network of peace museum. La prossima si terrà a Ostenda, a maggio, con il titolo Dal ricordo della guerra l?educazione alla pace. “In Giappone ho visitato diversi Musei della pace, sono come dei templi in vetrocemento. A Okinawa”, ricorda Piera Nanetti, “sono entrata in uno di questi. Sulla porta c?era una donna che accoglieva i visitatori tra le fotografie dei suoi compagni di scuola, tutti morti durante lo sbarco alleato. Ho avuto un tuffo al cuore. Guardavo le foto in bianco e nero e vedevo i fiocchi nei capelli, le treccine, non facevo caso agli occhi a mandorla, mi ricordavano le nostre vecchie fotografie e mi sono vergognata”. Tornata in Italia si è recata dal parroco di Gorla “per cercare di ritrovare qualcuno che come me fosse sopravvissuto” e poter creare qualcosa: un museo che non fosse solo la memoria del passato, ma un percorso di educazione alla pace per il futuro. Ha così ritrovato don Walter Filippi, che aveva 9 anni nel 1944 e che della vecchia Gorla era l?unico bimbo sopravvissuto dalla prima alla quarta elementare, poi un?altra donna. E così, 50 anni dopo, ha cominciato a raccontare. “I bambini di guerra sono muti”, spiega Piera Nanetti, “siamo tornati in tre a Gorla e da lì siamo partiti”. Il nucleo di quello che si vuole far diventare un museo permanente ha mosso i primi passi. Il parroco di Gorla ha dato un locale dove sono raccolti una biblioteca e i cartelloni dell?Istituto Luce con le immagini, e poi foto d?epoca. Ma non è ancora un Museo della pace, come quelli che ci sono all?estero dove, accanto ai reperti e ai ricordi del passato, sono sorti veri e propri centri di educazione dove si lavora per diffondere la cultura della pace. “A noi interessa lavorare con i bambini. Siamo come delle antologie viventi, testimoni che potrebbero collaborare con le unità didattiche”, sottolinea Piera Nanetti. “Ho in mente il Museo della pace di Samarcanda dove i bambini producono materiale artistico che mandano in visione”. Anche il Comitato ha lavorato e lavora con gli artisti “perché a volte solo loro arrivano a quella sensibilità che serve per capire non solo con la mente”. Scopo del Comitato è poter fare educazione, facendo conoscere gli effetti di una guerra e insegnando come risolvere i conflitti oggi. Sono nate così alcune iniziative come il Cammino di pace, visite guidate da sopravvissuti e testimoni dei bombardamenti del 44 per i bambini delle scuole milanesi e non solo. O manifestazioni come Immagini parole e suoni per la pace, che si è tenuta a metà marzo. Analogie con l?oggi? Piera Nanetti vuole sfuggire a ogni strumentalizzazione: “I bombardieri erano americani, però era risaputo che nella scuola doveva arrivare il comando tedesco. Il Museo adesso è tutto in una piccola stanzetta, ma per realizzarne uno permanente occorre un?amministrazione pubblica che spenda dei fondi in qualcosa in cui crede”. Info: Comitato MUSEO DELLA PACE tel. 02.7381484, cialella@tiscali.it


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