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Parla il neo presidente dell’Authority non profit, Lorenzo Ornaghi

Esclusiva. Lorenzo Ornaghi, autorevole scienziato della politica guiderà la nuova Agenzia. Ci dice: "Per domani, più stato e più società".

di Piergiorgio Greco

Sotto certi punti di vista, tutta la galassia delle organizzazioni non governative, tutti quegli enti e organizzazioni che da sempre lavorano per costruire un mondo più equo e più giusto, in una sola parola la società civile internazionale, ha di fronte una buona possibilità: approfittare di questo grave momento di rottura per far sentire finalmente in maniera incisiva la propria necessaria voce”.
Il professor Lorenzo Ornaghi non ha dubbi: l’11 settembre è come se il mondo si fosse fermato all’improvviso, è come se “i nodi fossero venuti al pettine”: gli squilibri, in questo mondo ci sono, eccome. Ma dopo gli attentati è troppo grande il rischio che l’alternativa a un sistema globalizzato diventi la violenza indiscriminata di un terrorismo diabolico. “Chi opera nel sociale, ed è da tempo impegnato nel sottolineare ciò che non va all’interno di questo impero americano, colga la palla al balzo e si proponga una volta di più come reale interlocutore del potere decisionale”. Docente di Scienza della politica all’università Cattolica di Milano, nonché direttore dell’Aseri (Alta scuola di economia e relazioni internazionali), Lorenzo Ornaghi analizza con freddezza propria del politologo esperto gli avvenimenti degli ultimi giorni.
Vita: Professor Ornaghi, uno dei motivi ricorrenti in questi giorni di crisi sembra essere che ?con l’11 settembre è cambiato il corso della storia??
Lorenzo Ornaghi: Non so dire con precisione se la storia abbia un corso prestabilito, se sia possibile inscrivere gli avvenimenti cronologici in un divenire oggettivo. Con certezza posso dire almeno due cose. In primo luogo, dall’11 settembre è tornato prepotentemente alla ribalta un aspetto che, in maniera piuttosto testarda, si è voluto più volte esorcizzare: la violenza come parte costitutiva della politica. Il problema, a questo punto, è quello di comprendere quali possano essere gli strumenti più adeguati per porre rimedio ad azioni terroristiche tanto brutali. La politica, in altri termini, oggi più che mai deve elaborare un feedback in grado di fronteggiare incisivamente questa situazione congenita al sistema stesso.
Vita: Il secondo aspetto?
Lorenzo Ornaghi: L’attacco terroristico nei confronti degli Stati uniti ha fatto emergere una serie di questioni nuove: a questo punto, quale ruolo per l’America all’interno di un pur necessario ordine globale? E l’Europa, nei confronti degli Usa stessi, quale atteggiamento dovrà assumere? Sono questioni di fondamentali importanza, che dovranno essere discusse approfonditamente nel futuro più immediato. A ogni modo, l’Occidente non esce sconfitto da questa terribile violenza.
Vita: In che senso?
Lorenzo Ornaghi: Nel senso che può cogliere al volo l’occasione e ripensare a fondo un certo modo di pensare i processi internazionali.
Vita: O, detto in altri termini, ripensare la globalizzazione?
Lorenzo Ornaghi: Prima ancora che scagliarsi contro la globalizzazione intesa come processo, i terroristi hanno preso di mira il cuore di questo sistema: gli Stati uniti d’America. D’altro canto è giusto ribadire che la globalizzazione, di cui si sta parlando fin troppo, non è un male in sé, purché orientata meglio di quanto non sia stato fatto fino ad adesso.
Vita: A suo avviso, quanto sono realistiche le aspirazioni al governo mondiale in questa situazione?
Lorenzo Ornaghi: Sia ben chiaro: non che oggi non esista una sorta di governo mondiale. Tutt’altro. Ma le logiche eminentemente privatistiche troppo spesso continuano a prendere il sopravvento all’interno dei processi decisionali. Per rimanere alle varie istituzioni internazionali: è pacifico che, specie negli ultimi tempi, queste ultime si sono rivelate, né più né meno, una semplice proiezione di interessi circoscritti, logiche che quasi mai hanno coinciso con le reali e tangibili esigenze della collettività mondiale. Proprio qui entra in gioco o, meglio, rientra in gioco quella che ho già definito la società civile internazionale.
Vita: Quale ruolo, a suo avviso, può giocare in questo frangente?
Lorenzo Ornaghi: Realisticamente parlando, il potere decisionale è ancora saldamente nelle mani dei governi. Non comprendere questo sarebbe segno di una visione del mondo ideologicamente orientata. Ma la società civile internazionale ha oggi la possibilità di giocare un ruolo decisivo, contribuendo in prima persona all’apertura delle democrazie, troppo spesso ripiegate su se stesse, fino alla creazione di un sistema globale basato, a sua volta, sulla democrazia. In breve, la società civile internazionale può creare oggi una vera e propria democrazia internazionale. E mai come oggi l’apporto di chi opera nel sociale è irrinunciabile, proprio perché chi conosce le esigenze concrete dell’umanità può e, sotto certi punti di vista, deve portarle nei tavoli dove vengono prese le disposizioni che contano.
Vita: A questo punto, secondo lei, assisteremo davvero al paventato scontro tra Oriente e Occidente?
Lorenzo Ornaghi: Ho paura che in queste settimane si stia esagerando al riguardo. L’Occidente deve avere la forza di riprendere coscienza del suo ruolo guida, tornando a essere il fulcro politico di un sistema sicuramente in evoluzione. Alla fine, per tornare protagonista, la politica dev’essere in grado di corrispondere a un sistema socioeconomico internazionale che è più complesso di quanto non sembri.

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