Cultura
Parla il direttore di Third Sector
Non profit/ Il modello inglese è il nostro modello del futuro? Intervista a Stephen Cook, direttore dell'unico settimanale europeo oltre a Vita interamente dedicato al terzo settore
di Paolo Manzo
Il nostro approccio è un po? differente da quello di Vita». È quantomeno strano sentire una frase del genere al 174 di Hammersmith Road, nel Western London, all?interno di una delle tipiche case rosse su tre piani che contraddistinguono i quartieri residenziali della capitale inglese. Lo è meno se a pronunciarla è Stephen Cook, per sedici anni direttore delle news del quotidiano The Guardian e, dal giugno 2004, alla guida di Third Sector, settimanale che si occupa di terzo settore. Parla benissimo francese Mr. Cook per cui, quando in redazione gli porgo l?ultimo numero di Vita, lui se lo legge con tutta tranquillità. «Noi siamo un giornale amico del terzo settore britannico ma non ne siamo parte integrante. E non abbiamo nessuna intenzione di diventare una qualsiasi altra cosa», mi incalza. Inizia così – sottolineando le differenze – questa intervista che si propone di conoscere meglio il nostro ?cugino? d?Oltremanica.
Vita: Certo che siamo diversi Mr. Cook. Noi non abbiamo un editore alle spalle come Haymarket, importante gruppo di proprietà di Michael Heseltine, già vice primo ministro di John Major.
Stephen Cook: Guardi che a noi piacerebbe avere un Comitato editoriale come il vostro…
Vita: Andiamo al sodo. Qual è la linea editoriale di Third Sector?
Cook: Siamo un settimanale di news indipendente, amico ma senza paura di affrontare temi difficili che a volte sfidano ciò che il terzo settore sta facendo.
Vita: Scusi la domanda diretta: come va in edicola?
Cook: Oggi siamo venduti solo tramite abbonamento e abbiamo raggiunto quota 14mila acquirenti. Ma riteniamo che i nostri lettori siano almeno 80mila, perché le charities e le piccole organizzazioni ne acquistano una copia e poi la fanno girare.
Vita: Qual è il vostro target di lettori?
Cook: È composto essenzialmente da direttori esecutivi, manager di alto livello e da chi prende decisioni e lavora nel settore del volontariato. A proposito, in Italia avete un equivalente della nostra Commissione delle Charities?
Vita: Senta, le domande qui le faccio io. Qual è la più grande sfida per il futuro del terzo settore britannico?
Cook: La lotta per definire le relazioni con il governo.
Vita: Beh, questo accade preciso-preciso anche da noi. Nello specifico quali sono i temi dibattuti?
Cook: In primis c?è la questione della regolamentazione e, in effetti, una nuova legge è stata recentemente approvata. Si tratta del Charities Bill che ha terminato il suo iter parlamentare e creerà presto una nuova struttura legislativa.
Vita: E in secundis?
Cook: Il secondo argomento di maggior discussione è la consegna dei servizi pubblici. Molte charities, per esempio quelle che si occupano di disabili, dietro pagamento forniscono servizi sociali agli enti locali e al governo. In sostanza sono fornitori della struttura statale. Bene, la base su cui è fatta la negoziazione, gli accordi economici e i relativi contratti, è questione di continua disputa. Anche perché c?è un altro tema dibattuto all?interno del terzo settore…
Vita: Quale Mr. Cook?
Cook: Fino a dove ci si può spingere sulla strada della fornitura di servizi pubblici? È davvero quella la funzione delle charities? Se tu fornisci, diventi controllato dal governo perdendo la tua indipendenza? Credo sia un dibattito che andrà avanti per sempre. Oltre a essere una delle principali preoccupazioni del terzo settore britannico.
Vita: Da ?amico indipendente? – la cito – che idea si è fatto al proposito?
Cook: Che sia necessario un mix. Perché finché c?è una mescolanza di organizzazioni – tutte facendo cose diverse, tutte avendo differenti tipi di rapporto con il governo – in un certo senso le cose sono salve e il settore mantiene la sua varietà e vitalità.
Vita: Il terzo settore è ascoltato dal vostro governo?
Cook: Sicuramente sì. E lo dimostra una recente riorganizzazione voluta dall?esecutivo.
Vita: In sintesi?
Cook: Adesso all?interno dell?ufficio del Gabinetto, un piccolo ministero assai potente e vicinissimo al primo ministro, è stato creato il ?Third sector office?, con un suo vice ministro, Ed Miliband. La creazione di quest?ufficio, a inizio 2006, è un chiaro segnale dell?interesse del governo e dell?assai migliore rapporto rispetto al passato. Prima si doveva avere a che fare con differenti ministeri, almeno tre, ed era tutto drammaticamente frammentato. Ora, invece, tutto è concentrato in un posto che, tra l?altro, ha potere. Senza citare una recente dichiarazione di Ed Miliband…
Vita: Ci faccia scoppiare d?invidia: che cosa ha detto Miliband?
Cook: Che «ogni ministero deve essere un ministero del terzo settore». Ciò che significa che il suo lavoro è di convincere l?intero governo, tutti i ministri, a interagire con più creatività e onestà con il terzo settore di casa nostra.
Vita: L?evoluzione positiva è avvenuta con Blair, ma altri sembrano volerlo seguire. Possiamo dire che in Inghilterra l?importanza del terzo settore è bipartisan?
Cook: Sì, oggi tutti i principali partiti politici parlano di terzo settore.
Vita: E non è sospetto che Cameron parli così tanto di welfare e servizi sociali?
Cook: Ciò che la gente sospetta è: volendo ridurre l?apparato statale, i conservatori hanno ?preso in carica? il terzo settore affinché offra i servizi sociali. Comunque, su questi temi la differenza tra partiti è minima. I laburisti, per esempio, sono stati sospettati di aver usato il terzo settore per ridurre il potere dei sindacati, soprattutto a livello locale.
Vita: Se lei fosse un mago, qual è la priorità che vorrebbe risolvere?
Cook: Uno dei problemi quando il Charities Bill è stato dibattuto, era se le scuole private come Eaton, dove vanno i privilegiati, dovessero avere lo status legale di charities, consentendo loro di accedere ai benefici fiscali. Questo è stato grande argomento di dibattito parlamentare e non è stato risolto in modo appropriato. Ed è la prima cosa che io e molta gente nel terzo settore locale vorrebbe vedere risolta con una bacchetta magica.
Vita: Mi ricorda una polemica tutta italiana sul 5 per mille… A proposito, voi ce l?avete?
Cook: Il principale strumento di finanziamento che abbiamo si chiama ?tassa di donazione?. In pratica, se tu doni denaro a una charity registrata e firmi un formulario, la charity può ottenere dal governo l?importo di tasse che hai pagato al governo sulla tua donazione.
Vita: Un esempio?
Cook: Se io dono 100 sterline, la charity, in realtà, otterrà 128 sterline, ricevendo i 28 pound aggiuntivi che ho pagato in tasse sul reddito. Una buona norma ma la cosa sorprendente è che qui le charities spesso non fanno firmare ai donatori il formulario. I motivi? Disorganizzazione e una burocrazia disastrosa.
Vita: Last but not least: pensa possa nascere una partnership tra Vita e Third Sector?
Cook: Mi piacerebbe avere un taglio più internazionale. Una bella sfida che prevederebbe un aumento di pagine e, in questo, voi potreste darci una mano.
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