Famiglia
Parla Caritas: non scordate Kandahar
In questi mesi la Caritas italiana ha raccolto per l'Afghanistan oltre 1,5 milioni di euro
Ancora oggi, come quattro mesi fa, le emergenze sono ancora cibo, medicine, coperte. La Caritas italiana finora è riuscita ad affrontarle grazie soprattutto alla mediazione di una organizzazione afghana molto radicata nel territorio, il Coar -Coordination of afghan relief. Con i suoi 200 impiegati e 100 operatori temporanei, questa organizzazione ha permesso di intervenire in sei città oltre a Kabul: Herat, Mazar I-Sharif, Logar, Ghazni, Wardak.
In questi mesi la Caritas italiana ha raccolto per l?Afghanistan oltre 1,5 milioni di euro. Se si tiene conto anche degli interventi di Caritas internationalis, che la Caritas italiana co-finanzia, sono stati stanziati finora 9 milioni e 281mila dollari.
Gli ambiti in cui la Caritas italiana è impegnata direttamente sono quelli dell?emergenza (cibo, medicine e coperte) e della riparazione di tre scuole prima dell?inizio dell?anno scolastico, che in Afghanistan comincia a marzo e termina a settembre.
Bin Laden scaricato
A Silvio Tessari, che dall?Italia coordina gli interventi, chiediamo cosa è cambiato in questi mesi. «Innanzitutto, il clima tra la popolazione, in particolare a Kabul» risponde. «Fino a un paio di mesi fa era difficile trovare qualcuno che non tifasse più o meno esplicitamente per Bin Laden, ora c?è persino chi dice che le bombe hanno liberato l?Afghanistan».
Per Tessari è troppo presto per dire se con il crollo del regime dei talebani la situazione sia veramente cambiata in meglio. «A Kabul si respira più libertà, ma è difficile dire se si tratta solo di apparenza o se con la nuova classe politica ci sarà un cambiamento reale».
Le divisioni fra le etnie che compongono la popolazione sono una delle incognite dell?Afghanistan del futuro. «Molto dipenderà da come la presenza internazionale influenzerà la vita e la situazione politica in Afghanistan», continua Tessari. «Le divisioni in realtà non sono così forti, in compenso la suscettibilità degli afghani potrebbe non tollerare una presenza straniera troppo invasiva. Se gli afghani dovessero, non sentirsi padroni a casa loro, le tensioni potrebbero crescere invece di diminuire».
Intanto la Caritas, oltre ad affrontare l?emergenza, sta lavorando nel campo della sanità, dell?agricoltura e soprattutto della scuola. «Le tre scuole che stiamo riparando (di cui dopo i bombardamenti era rimasto solo lo scheletro) ospiteranno circa 600 alunni ciascuna», spiega Tessari, «sia maschi che femmine, anche se in classi separate».
Deserto al sud
«Ci è sembrato importante puntare sull?istruzione. E il primo intervento da fare era proprio quello di riparare le strutture. Ma abbiamo anche progetti a lungo termine. Stiamo infatti lavorando per favorire la nascita di scuole multietniche, che potrebbero rappresentare un passo importante per la riconciliazione e l?incontro anche fra gli adulti, divise da lotte etniche secolari».
Prosegue Tessari: «Nella capitale ora c?è una relativa tranquillità. Le diverse organizzazioni e le agenzie dell?Onu hanno potuto insediarsi e cominciare ad assistere la popolazione, tanto che anche la Caritas internationalis a breve aprirà un ufficio a Kabul. C?è un mercato abbastanza vivace, anche a causa della presenza degli stranieri. I prezzi però, per lo stesso motivo, sono lievitati: se all?inizio della guerra un appartamento veniva affittato a 300 dollari al mese, ora ne occorrono 3mila».
Completamente diversa, invece, la situazione nel resto del Paese, soprattutto al centro e al sud. «A Kandahar non c?è nessuno, tranne l?Onu. Il centro sud è ancora abbandonato a se stesso e insicuro. Ed è la zona che ha più bisogno di aiuti».
input
La Caritas più coinvolta nell?aiuto all?Afghanistan è quella del Pakistan che potete trovare al P. O. Box 454 di Rawalpindi
Il sito è www.caritas.org
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