Volontariato

Parla Andreotti: Gheddafi mi disse…

L’Europa, gli Usa e Bin Laden. Intervista all’ex presidente del consiglio.

di Ettore Colombo

Ore 9 di domenica 6 gennaio, studio del senatore a vita Giulio Andreotti. Una sola segretaria, cortese e apprensiva. «Il presidente sta facendo colazione». «Presi gli altri giornali chiesti dal presidente? Anche Sicilia e Carlino?». «Si accomodi nel salottino, prego. Il presidente la riceve tra poco». Il giorno prima, dopo un lungo ed estenuante braccio di ferro con i suoi colleghi e con lo stesso Berlusconi, si è dimesso il ministro degli Esteri Renato Ruggiero. Ma Giulio Andreotti non vuole commentarle, queste improvvise dimissioni. «Ero fuori Roma, ieri», dice. Già. Pare, tuttavia, che proprio sabato Andreotti abbia avuto vari e importanti colloqui sull?argomento. Forse anche con lo stesso Ruggiero. Solo che non ce lo dice. Lo capiamo. Del resto, se Andreotti dicesse tutto quello che fa ai giornalisti, non si chiamerebbe Andreotti. Vita: Presidente Andreotti, che significato va dato, a suo parere, alle dimissioni del ministro Ruggiero? Giulio Andreotti: Non desidero commentare questo fatto. L?unica cosa che posso dire è che mi auguro che non cambi la politica estera italiana, la sua continuità con i 50 anni e più di politica estera precedenti. Le linee essenziali di questa politica estera devono rimanere quelle che erano. Scelte di largo consenso. Vita: A che punto è, oggi, il processo di unificazione politica europea dopo il varo della moneta unica? Andreotti: Sulla politica economica e monetaria sono stati fatti, appunto, grandi passi, mentre sulle scelte di politica estera e di difesa siamo ancora lontani. L?uomo cui è stato affidato questo compito, il ?signor Pesc?, c?è, è vero, ed è Javier Solanas, ma i ministri degli Esteri dei vari Paesi non lo considerano certo il loro ?superministro?, lo snobbano. In Medio Oriente l?Unione qualche timido accenno di scelte autonome l?ha fatto, ma non basta. Piuttosto, vorrei ricordare che esiste un altro organismo, di solito poco conosciuto, in Italia, ma molto importante, l?Ocse, l?Organizzazione della sicurezza e della cooperazione europea, nato nel 1975 sulla scorta degli accordi di Helsinki: comprende tutti i Paesi europei (inizialmente non vi entrò solo l?Albania, che arrivò nel 1990), il che oggi sembra un fatto scontato, ma allora voleva dire sia quelli dell?Europa occidentale, sotto l?ombrello della Nato, che quelli aderenti al Patto di Varsavia, l?alleanza voluta dall?Unione Sovietica. E, inoltre, anche Stati Uniti e Canada. Aldo Moro, allora presidente del Consiglio, firmò quel trattato in una doppia veste: era, in quel momento, presidente del governo italiano e presidente di turno della Cee, e disse a chi lo criticava perché firmava un patto con l?Urss di Breznev: «I Breznev passano, le istituzioni restano». Dall?Unione Europea di oggi restano ancora fuori tutta l?area balcanica, la Svizzera, la Norvegia, mentre nell?Ocse siedono tutti i Paesi europei: nell?ultima delle sue sessioni di lavoro, cui partecipano delegazioni di tutti i parlamenti europei, che si è svolta a Parigi, sedevo, per ragioni alfabetiche, accanto a un parlamentare del Kazhakistan, in quanto ne fanno parte anche le repubbliche asiatiche dell?ex Urss. Gli Usa, che non aderiscono all?Unione interparlamentare né all?Unesco, ad esempio, vi partecipano con delegazioni di alto livello. Pensi cosa avrebbe significato una ?polizia europea? nata in tale ambito: all?epoca della guerra del Kosovo, non ci sarebbe stato bisogno di scomodare la Nato? Vita: In questo quadro, l?allargamento dell?Unione a Est è il prossimo passo. Che ruolo avrà, l?Europa nelle prossime crisi mondiali? E il varo di una Costituzione e di una Carta sociale la rafforzeranno? Andreotti: Con l?allargamento a Est, da un lato non si deve irritare la Russia, dall?altro tutelare gli Stati dell?Europa orientale che, come la Polonia, temono la presenza dell?ingombrante vicino. Certo, a vedere le foto degli incontri a tre Bush-Putin-Yemin sembra di assistere alla nascita della ?diplomazia del sorriso?. Certo è che per un problema che se ne chiude, un altro se ne apre: quello dell?insofferenza dell?India e dei suoi attriti con il Pakistan, verso cui gli Usa hanno ora adottato la ?politica dell?amnistia?. Per quanto riguarda la Carta costituzionale europea, il punto è iniziare a coinvolgere i Parlamenti, mentre fino ad ora l?Europa è stata fatta dai governi. Il processo è lungo e laborioso, ma anche l?unità d?Italia non fu cosa semplice né breve. Sulla Carta sociale le resistenze furono enormi, penso alla Thatcher, che ne era fortemente contraria: ora Blair ha cambiato politica, ma ci sono voluti anni. Non sono pessimista, ma le difficoltà ci sono, inutile nasconderle e non sono tecniche, sono politiche. La strada è lunga e il cammino in salita, l?importante è che il passo sia da montagna. Anche quando il Parlamento italiano votò l?ingresso nello Sme, i problemi erano enormi: ero a capo di un governo che dall?astensione del Pci passava a chiederne il voto di fiducia (o di ?non sfiducia?) e Berlinguer, che già aveva fatto accettare al Pci l?ombrello della Nato, chiedeva un po? di respiro. L?ingresso nello Sme doveva scattare dall?1 gennaio 1979, ma una parte della Dc voleva approfittare dello sbandamento della sinistra per metterla spalle al muro. La morte di Moro aveva cambiato tutto. Una fase si era chiusa per sempre. Rischiammo una crisi di governo che sventammo in una notte. Alla fine, furono i francesi, con Valéry Giscard d?Estaing, a chiedere una proroga, non noi italiani. Vita: Presidente, ma siamo sicuri che gli Usa, che negli anni 80 bombardavano la Libia e aiutavano l?Iraq e che negli anni 90 invadevano l?Iraq e aiutavano il Pakistan e i talebani, oggi non stiano bombardando, tanto per cambiare, il Paese sbagliato? Andreotti: La difesa europea va impostata e organizzata in accordo con gli Stati Uniti: non si può fare altro che appoggiarli. Certo, rimane aperto il problema della riduzione degli armamenti, che Reegan e Bush padre avevano affrontato e che oggi invece è stato bloccato. Ma il Patto Atlantico resta una garanzia. Soltanto, mi chiedo: e se i talebani avessero consegnato Bin Laden? Il loro regime sarebbe ancora in piedi, oggi? Il punto cruciale è la difesa dei diritti umani, in tutto il mondo. Poi, certo, gli Stati Uniti soffrono di una debolezza psicologica, cercarsi ogni volta il ?demonio? di turno. Lo fecero anche con la Libia, sbagliando. Una volta incontrai Gheddafi che mi disse: «Questi giovani estremisti islamici mi sembravano dei bravi ragazzi e gli ho concesso spazi e potere. Poi ho inziato a sentire discorsi del tipo ?Prima o poi ci riprenderemo l?Andalusia? e ho capito che era meglio toglierglieli». La Libia è il primo Stato che ha spiccato un mandato di cattura internazionale per Bin Laden. Me lo ricordavo, ma ho fatto controllare al ministero degli Esteri. Mi hanno risposto: «Ha ragione lei, presidente»? Gli americani sbagliarono allora sulla Libia come sbagliarono sull?Iraq di Saddam Hussein, che aiutarono fin troppo nella guerra contro l?Iran. Poi se ne sono pentiti. Ma la guerra del Golfo è stata una guerra giusta: il diritto internazionale non poteva accettare la morte del Kuwait. Vita: E di Berlusconi che gliene pare? Andreotti: Ha una cultura che non mi convince: la politica non è una società per azioni, dove chi controlla più quote comanda, è qualcosa di più complesso. Inoltre, non mi piace il liberismo sfrenato, la devastazione dell?ambiente, la polemica contro i ?lacci e lacciuoli? statali, la retorica dell?antipolitica e il mito del primato dell?imprenditore. La politica non può essere ridotta a cantieri?


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