Salute

Parkinson, possibile la diagnosi precoce

Uno studio congiunto della Fondazione Santa Lucia di Roma e dell’INSERM di Tolosa annuncia nuovi risultati con la risonanza magnetica

di Redazione

Dopo quella di Alzheimer, il Parkinson è la malattia degenerativa del cervello più diffusa, caratterizzata da tremori e progressiva difficoltà nei movimenti. Nonostante l’evoluzione tecnologica, ad oggi la sua diagnosi si basa principalmente sulla visita medico-neurologica, effettuata quando ormai la malattia è già iniziata e mostra i suoi sintomi. Un recente studio italo-francese – che sarà pubblicato a breve sull’autorevole rivista internazionale “Brain” – lascia ora intravedere nuove possibilità diagnostiche per l’identificazione precoce di questa patologia. La ricerca ha infatti evidenziato la possibilità di distinguere i soggetti che ne sono affetti da quelli sani grazie a un particolare esame di risonanza magnetica, con oltre il 95% di affidabilità. Questo importante progresso è stato reso possibile dalla collaborazione italo-francese tra i ricercatori dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma e dell’INSERM-Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale di Tolosa.

I risultati dello studio – già disponibili on line – aprono nuove e interessanti prospettive nella diagnosi e nell’evoluzione nel tempo di questa patologia, soprattutto in considerazione del costante invecchiamento della popolazione. Il Parkinson, che colpisce a un’età media di 55 anni ed è più comune sopra i 60 anni, presenta un tasso di incidenza che aumenta notevolmente con l’età: dai 20 casi su 100mila nella popolazione totale si passa ai 120 casi su 100mila nella popolazione oltre i 70 anni. In Italia la malattia colpisce all’incirca il 2% della popolazione sopra i 65 anni.

Esaminando attraverso la risonanza magnetica (RMN) un gruppo di 52 individui (30 affetti da Parkinson e 22 sani), è stata individuata una combinazione di tre indici della composizione del tessuto cerebrale (quantità di ferro, integrità e orientamento delle componenti microscopiche) che è risultata anomala nel nucleo striato e nella sostanza nera dei soggetti affetti dalla malattia. Le componenti microscopiche del tessuto cerebrale sono rappresentate, oltre dai minerali come il ferro, dal movimento e dalla direzione delle molecole dell’acqua: parametri in grado di dare informazioni su come è composta una particolare area o struttura del cervello.  (segue)

Nell’immagine: in sezione sono evidenziati i gangli della base e la sostanza nera, strutture localizzate nella profondità del cervello. La malattia di Parkinson è conseguenza di un disfunzionamento di queste strutture.

L’esame è stato eseguito con un apparecchio dedicato unicamente alla ricerca e dotato di specifiche caratteristiche tecniche (tra cui un più elevato campo magnetico). Da notare che con un esame classico di RMN il nucleo striato e la sostanza nera risultano normali anche nei soggetti parkinsoniani, mentre con un apparecchio e un programma dedicato – come quelli con cui è stata condotta la ricerca italo-francese – è possibile evidenziarne le alterazioni. Identificare precocemente tali alterazioni permetterebbe di prescrivere con maggiore anticipo una terapia basata su farmaci neuroprotettori che, pertanto, potrebbero dimostrarsi maggiormente efficaci e favorire lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche.

Il lavoro scientifico in Italia ha avuto il supporto del Ministero della Salute e fa parte del più ampio progetto di studio denominato “Tecniche di imaging ed indicatori biologici di progressione di malattia”, relativo alla struttura ed al funzionamento del cervello nelle malattie degenerative, come il Parkinson e l’Alzheimer.

 

 

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