Salute
Parkinson, non chiamiamolo morbo
Gli attori Lella Costa e Claudio Bisio diventano Mrs. e Mr. Parkinson per dare voce alla mostra parlate “NonChiamatemiMorbo” che sarà inaugurata il prossimo 22 settembre a Milano. «Bisio e io», dice Lella Costa, «abbiamo registrato le storie come fosse un dialogo teatrale. Dov’era possibile abbiamo inserito sorriso, ironia, lievità. Abbiamo raccontato un problema, una patologia ma sopratutto abbiamo dato voce a storie di resistenza, volontà, ottimismo». Il trailer
di Anna Spena
La malattia di Parkinson, anzi "i Parkinson" non sono mai stati così reali. Hanno voce, braccia, gambe, occhi.“I Parkinson”, per essere precisi Mr. e Mrs. Parkinson, sono Claudio Bisio e Lella Costa, la coppia di attori che ha contribuito, a titolo volontario, per la realizzazione della campagna contro una malattia tanto diffusa quanto poco conosciuta nella sua complessità. I due hanno scelto di “materializzare” la malattia, facendole raccontare “in soggettiva” i tanti casi e le tante forme di resilienza raccolte e documentate nella straordinaria mostra fotografica “parlante” NonChiamatemiMorbo” che sarà inaugurata martedì 22 Settembre, ore 17,30, nel Chiostro Nina Vinchi del Piccolo Teatro di Milano, la mostra rimane aperta fino a domenica 27 settembre con ingresso gratuito (per partecipare è necessario registrarsi qui: https://nonchiamatemimorbo.info/). NonChiamatemiMorbo è organizzata dalla Confederazione Parkinson Italia, alla quale aderiscono tutti gli enti che nel nostro Paese si occupano di Parkinson, con l’obiettivo comune di far crescere nell’opinione pubblica la conoscenza e la consapevolezza sulla malattia.
«L’attenzione all’uso e alla scelta delle parole è il primo passo di questo progetto», sottolinea Giangi Milesi, presidente Confederazione Parkinson Italia: «NonChiamatemiMorbo è infatti un invito rivolto a tutti a cambiare atteggiamento nei confronti della malattia, a partire dal suo stesso nome: il Parkinson non è contagioso, e allora escludiamo dal nostro vocabolario la parola ‘morbo’ che è solo ingannevole». L’allestimento, curato gratuitamente dall’architetto Franco Achilli, prevede 22 pannelli che raccontano storie di persone con il Parkinson, tra cui il giornalista Vincenzo Mollica e lo scienziato Edoardo Boncinelli, immortalate dall’obiettivo di Giovanni Diffidenti.
Scaricando l’app gratuita realizzata per la mostra, è possibile inquadrare l’apposito codice su ogni pannello per ricevere informazioni e far partire il racconto di “Mr. o Mrs. Parkinson” interpretati da Lella Costa e Claudio Bisio.
«Le malattie ci inquietano e ci danno la misura della fragilità», spiega Lella Costa, che per la mostra si è trasformata in Mrs. Parkinson. «Ma le malattie possono capitare a tutti. Ci rifiutiamo di vederle come una possibile componente della vita. Chi soffre di Parkinson teme di ferire, di essere inadeguato, di non saper gestire le crisi. Le malattie con una componente neurologica sono quelle che ci spaventano di più. Il malessere solo fisico più essere devastante ma quando entra in gioco il fattore neurologico ci prende l’inquietudine perché è questa componente soggettiva che ci disarma. Ma noi comunque “non chiamiamolo morbo”. Si ha l’impressione che ci colpisca, proprio noi, perché siamo noi, come se ci fosse un qualcosa di intenzionale nello scegliere quella persona lì. Invece la malattia non è una colpa, capita».
Le stime ufficiali parlano di 230-270mila persone colpite dal Parkinson in Italia. Questa incertezza nei numeri è dovuta alla poca conoscenza della malattia, che convive ancora con molti stereotipi e pregiudizi, generando lo stigma verso i malati e le loro famiglie. È inoltre complesso formulare una diagnosi poiché sono molteplici i sintomi, che si manifestano intorno ai 60 anni ma sono in aumento i casi di giovani colpiti. La mostra è quindi l’occasione per avere una visione differente della malattia, sottolineare l’importanza della diagnosi precoce e informare i cittadini, raccontando come, anche dopo la diagnosi, le persone con Parkinson possano continuare una vita di relazioni e attività, mantenendo un elevato livello di qualità di vita.
«Le storie», continua Costa, «sono tutte forti e scritte molto bene e il fotografo ha saputo fare un lavoro meraviglioso». Alma si è ammalata a 37 anni, nessuno ci capiva niente, chi andava a pensare al Parkinson a quell’età. Dopo la diagnosi comincia a scrivere poesie e le pubblica, trova così il suo nuovo equilibrio. Lorenzo ha iniziato a disegnare ed è diventato chef; Valentina è diventata madre di Angelo. Alessandro, dopo la diagnosi, ha deciso di iscriversi a un corso per diventare clown dottore. Queste sono solo alcune delle 22 storie di persone con malattia di Parkinson protagoniste delle fotografie di Giovanni Diffidenti raccolte nel volume edito da Contrasto e ora confluite nella mostra “NonChiamatemiMorbo”.
«Claudio Bisio e io», continua Costa, «abbiamo registrato le storie come fosse un dialogo teatrale. Dov’era possibile abbiamo inserito sorriso, ironia, lievità. Abbiamo raccontato un problema, una patologia ma sopratutto abbiamo dato voce a storie di resistenza, volontà, ottimismo».
Uscire fuori dal campo medico e utilizzare nuovi linguaggi per parlare di questa malattia è fondamentale, si sposta dal cono d’ombra chi è malato. Ci si sente meno soli: «Quando si crea una rete attorno alle malattie sempre si riesce ad ottenere dei risultai straordinari che vanno al di là delle terapie. Io ho imparato che esiste una rete attorno al Parkinson che ti può sostenere, aiutare, indirizzare. L’aggregazione diventa un contributo terapeutico importantissimo. La malattia non può essere sempre vissuta come uno stigma, dobbiamo combatterla questa cosa. È stato difficile trovare un equilibrio tra la versione maschile e quella femminile del Parkinson ma con la malattia ci si deve confrontare alla pari, senza farci sopraffare».
Credit Foto: Giovanni Diffidenti
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