Economia

Parità di genere, crescono le aziende certificate

A un anno dall’introduzione di questo strumento volontario finanziato dal Pnrr e dal governo, Altis Università Cattolica e Bureau Veritas Italia hanno scattato una prima fotografia. Emerge un gran lavoro per l’inclusione nella gestione delle risorse umane, ma restano le difficoltà delle donne a vedersi attribuire posizioni di responsabilità. In 12 mesi 412 imprese hanno iniziato il percorso

di Nicola Varcasia

In un anno, si sono certificate per la parità di genere 412 aziende. Si tratta di uno strumento su base volontaria, che è stato finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Pnrr con uno stanziamento di dieci milioni di euro e poi sostenuto dal governo con una decontribuzione a favore delle imprese che si certificano. Ma quanto migliora la condizione delle donne, in generale e in queste aziende? Ad un anno esatto dall’avvio di questa sperimentazione sulla certificazione della parità di genere in Italia, l’anteprima della ricerca condotta da Altis Università Cattolica del Sacro Cuore e Bureau veritas Italia ha tracciato un primo bilancio. Lo ha fatto prendendo in considerazione i dati messi a disposizione da 48 delle oltre 70 aziende che si sono certificate con l’ente certificatore Bureau Veritas, sulla base di sei indicatori: cultura e strategia; governance; processi HR; crescita e inclusione; equità remunerativa; tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.

Il primo dato che emerge è positivo: la quasi totalità delle imprese considerate si è dotata di strategie, politiche e processi utili per introdurre il tema delle pari opportunità nella cultura e nell’operatività dell’organizzazione: delle 48 aziende del campione, 45 hanno definito processi di gestione e sviluppo delle risorse umane a favore dell'inclusione, della parità di genere e dell’integrazione e 35 delle 43 piccole, medie e grandi aziende sono dotate di processi per la gestione di forme di non inclusività. Considerando solo le 28 medie e grandi aziende del campione, 25 hanno dedicato un budget allo sviluppo di attività a supporto dell’inclusione.

I dati segnalano tuttavia spazi di miglioramento in relazione all’impegno nella formazione ad hoc e all’effettiva presenza e considerazione delle donne nell’attività. In particolare, le aree da attenzionare riguardano le opportunità di crescita e l’inclusione lavorativa. Le donne faticano ancora a vedersi attribuire posizioni di responsabilità: solo 19 piccole, medie e grandi aziende delle 43 del campione registrano una presenza di donne dirigenti migliore rispetto al settore (medie e grandi aziende) o all’ultimo biennio (piccole aziende). In 16 delle 28 medie e grandi aziende, si rileva un dato superiore rispetto alla media di settore in relazione alle donne che ricoprono posizioni in prima linea a diretto riporto dei vertici aziendali o che hanno delega sulla gestione del budget. Questo segnala l’importanza di sostenere politiche che garantiscano la possibilità di crescita interna verso posizioni manageriali. Le imprese continuano inoltre a scontare un divario retributivo sia in relazione alla retribuzione media, sia rispetto alla componente variabile: in 16 delle 48 aziende certificate il divario della retribuzione per medesimo livello è superiore al 10% e in 11 delle 28 medie e grandi aziende la percentuale di donne promosse è inferiore a quella degli uomini.

Occorre sviluppare anche la capacità di integrare meccanismi attraverso cui valorizzare la genitorialità, tramite benefit e iniziative che consentano di esaltare le possibili nuove competenze e di tutelare la relazione con l’organizzazione: 11 delle 48 aziende, infatti, non hanno policy per il mantenimento di benefit e iniziative che valorizzino l’esperienza della genitorialità. Risulta infine assai limitato l’utilizzo da parte degli uomini di congedi parentali il che denota, da un lato, il permanere di una cultura orientata al prevalere del ruolo della madre nei primi anni di vita dei figli e, dall’altro, una probabile difficoltà nella promozione di misure efficaci per la piena attuazione del congedo parentale e della paternità. Solo 17 delle 28 medie e grandi aziende dispongono dei dati relativi all’utilizzo dei congedi parentali da parte degli uomini.

Laura Maria Ferri, professore associato e collaboratrice di Altis e curatrice dello studio con la ricercatrice Chiara Arrighini, commenta così i risultati: «La ricerca condotta, per quanto ancora un’anticipazione basata su 48 aziende, evidenzia come le imprese abbiano lavorato per definire un sistema di gestione strutturato per affrontare il tema delle pari opportunità nelle loro organizzazioni, ma occorre ancora del tempo prima di poter vedere i risultati di tale sforzo. I dati, infatti, sottolineano come le donne siano ancora poco rappresentate, soprattutto in posizioni di responsabilità e come ancora facciano fatica a crescere professionalmente». Per migliorare, continua Ferri, «emerge come il tema della formazione dedicata e la capacità di agire su meccanismi per l’equo riconoscimento e valorizzazione del contributo di tutte le persone – quali, ad esempio, politiche retributive, misure a favore della genitorialità o processi di mobilità interna – siano le leve su cui è necessario trovare soluzioni innovative più efficaci, in grado di tradurre in un cambiamento fattivo quanto ad oggi largamente integrato nella definizione di strategie e politiche».

Diego D’Amato, presidente e amministratore delegato di Bureau Veritas Italia ha dichiarato: «La parità di genere è tutt’altro che acquisita in Italia ma, grazie alla certificazione UNI/PdR 125, abbiamo oggi una formidabile leva per portare alla luce zone grige, attivando il cambiamento. Un fronte aperto è quello della genitorialità: deve cambiare la cultura che esenta gli uomini dalle responsabilità familiari, concentrando il carico sulle donne, con alta probabilità di ripercussioni sulla carriera». È chiaramente, un tema culturale e non solo aziendale: «La parità in azienda è un riflesso della parità in famiglia: i genitori devono concorrere – forti delle loro peculiarità che si completano – alla cura dei figli, condividendo le responsabilità. Dobbiamo crescere una nuova generazione senza condizionamenti e stereotipi e l’esempio che diamo tra le mura domestiche è il più importante. Sono orgoglioso che cinque Società del gruppo Bureau Veritas si siano certificate per la parità di genere, accettando la sfida di un cambiamento che è, soprattutto, culturale. La Parità di genere è per noi il fondamento di un approccio più ampio all’inclusione, che tutela e valorizza ogni forma di diversità», ha concluso d’Amato.

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