Formazione

Parigi senza rete

Nelle notti di fuoco di Parigi, la società civile francese ha messo in mostra tutta la sua impotenza. Così nella capitale il non profit francese è stato alla finestra a guardare

di Joshua Massarenti

In mezzo, ci stanno loro. Migliaia e migliaia di associazioni, grandi e piccole, schiacciate tra sei milioni di francesi ridotti allo stato di povertà e un governo che di sociale, almeno negli ultimi tre anni, non ne ha voluto sentir parlare. E, forse, gli effetti si sono visti. Sono bastati due ragazzi rincorsi per errore dalla polizia e incappati per sbaglio in una centrale elettrica (rimanendovi fulminati) per mettere a soqquadro un modello sociale allo sbando, di fronte al quale l?associazionismo francese è impotente. Già, perché la disperazione giovanile delle banlieue, esplosa in rabbia a Parigi e propagatasi a macchia d?olio nel resto delle periferie della Francia, non si misura soltanto con i lanci di bottiglie molotov e la reazione poliziesca della triade governativa Chirac, de Villepin e Sarkhozy (rispettivamente capo di Stato, primo ministro e ministro dell?Interno nel paese d?Oltralpe). «Dietro questo scontro frontale ci sono migliaia di ragazzi privi di qualsiasi prospettiva socio-professionale degna di questo nome e totalmente esclusi dal ciclo produttivo», spiega Samuel Thomas, vice presidente di Sos Racisme, la più nota associazione antirazzista dell?Esagono. «Il mondo associativo non poteva pensare di rimediare alle politiche giovanili fallimentari degli ultimi governi, almeno potevamo fare da tampone. Ma anche questo ruolo di confine, Chirac ce lo ha negato». Thomas non lo dice, ma i tempi dell?amico socialista Lionel Jospin sono ormai lontanissimi. Erano gli anni 90, quelli degli emplois-jeunes, gli impieghi giovanili: 300mila fra ragazzi e ragazze incaricati dal governo di ricostruire il tessuto sociale di centinaia di quartieri periferici in stato di assoluto degrado. «Le sovvenzioni statali erano sostanziose», ricorda Thomas, «anche se i socialisti hanno fatto poco per impedire la segregazione che è venuta a crearsi fra i francesi bianchi e le minoranze etniche, inclusi i figli di parenti extracomunitari». Di certo, con il doppio trionfo di Chirac e dell?Ump (partito di centrodestra) alle elezioni del 2003, le politiche sociali sono state abbandonate a favore di una politica tutta orientata sulla sicurezza. Così, i Grandi progetti urbani di Jospin hanno lasciato spazio al Programma di rinnovamento urbano del ministro della Coesione sociale, Jean-Louis Borloo. Nel budget di spesa sociale del 2005, significa un taglio pari a 310 milioni di euro di finanziamenti per l?integrazione e l?alloggio sociale delle periferie più degradate. Ma non finisce qui. Di emplois-jeunes non si parla più. Il numero di mediatori sociali è stato drasticamente ridimensionato. «Ma non si può solo dare la colpa», tuona il sociologo delle banlieue, Laurent Marchielli. «Sono anni che associazioni come Sos Racisme hanno perso contatti con la realtà giovanile delle periferie». Samuel Thomas riconosce, da parte sua, che «la nostra associazione ha molti simpatizzanti nelle banlieue, ma questo non significa che siamo rispettati». In altre parole, «per fare breccia sui ragazzi, devi offrir loro un?utilità che possono misurare nella vita quotidiana». Cioè? «Portandoli in missioni umanitarie in Mali, creando centri culturali che funzionano». A Noisy-le-sec, in Seine Saint-Denis, il bacino della rivolta delle ultime due settimane, non la pensano allo stesso modo. «Sono ottime iniziative, ma non basta. Qui c?è un tasso di disoccupazione tre-quattro volte superiore alla media nazionale. E guarda caso, colpisce soprattutto giovani di colore. Le stesse discriminazioni le ritrovi poi nel mondo scolastico. A tal punto che, seppure distanti anni luce dalla cultura dei loro genitori, questi giovani non riescono a sentirsi francesi». A parlare è Samia Sehouane, algerina di origine e presidente della sezione locale dello Mrap, il Movimento contro il razzismo e per l?amicizia tra i popoli. Ancora sotto shock per gli scontri che hanno investito la città, Sehouane se la prende «con un?amministrazione locale di centrodestra che aiuta le associazioni con finanziamenti ridicoli. Dal Comune abbiamo ricevuto 100 euro per l?intero 2005!». Una frustrazione che contrasta con le sovvenzioni concesse dal sindaco Nicole Rivoire nel 2004. In tutto, oltre 1,6 milioni di euro per un aiuto alla vita associativa pari a 45 euro per abitante. «Ma questi fondi», ribatte Sehouane, «sono destinati soprattutto ad associazioni di artigianato a scapito di quelle che lavorano per la coesione sociale». Risultato? «Della cinquantina di volontari su cui poteva contare nel 2004, la nostra associazione ne ha persi metà per strada. Come vuole che i giovani ci considerino interlocutori credibili?». Se ne deve essere reso conto anche De Villepin che ha annunciato un contributo straordinario al mondo associativo di 100 milioni di euro.


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