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Olimpiadi

Parigi 2024: ecco la squadra olimpica dei rifugiati

Sono 36 gli atleti selezionati, che vivono attualmente in 11 nazioni e sono impegnati in 12 discipline. Tra loro anche due atleti iraniani accolti in Italia: Iman Mahdavi (lotta) e Hadi Tiranvalipour (taekwondo). Rappresentano i 100 milioni di rifugiati del mondo

di Ilaria Dioguardi

Sono 36 gli atleti nominati membri della squadra olimpica dei rifugiati dal Cio-Comitato Olimpico internazionale, per le Olimpiadi di Parigi 2024. Provengono da 11 nazioni, sono ospitati da 15 Comitati olimpici nazionali e sono impegnati in 12 discipline sportive. Lo ha annunciato il presidente del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach, durante una cerimonia trasmessa dall’Olympic House a Losanna. È la terza apparizione della squadra olimpica dei rifugiati, dopo Rio 2016 e Tokyo 2020. I 36 atleti rappresenteranno oltre 100 milioni di persone in tutto il mondo. Tra loro anche due atleti iraniani che vivono e gareggiano in Italia: Iman Mahdavi (lotta) e Hadi Tiranvalipour (taekwondo).

Un messaggio di speranza

«Vi diamo il benvenuto a braccia aperte. Siete un arricchimento per la nostra comunità olimpica e per le nostre società. Con la vostra partecipazione ai Giochi olimpici, dimostrerete il potenziale umano di resilienza ed eccellenza, infondendo un messaggio di speranza alle oltre 100 milioni di persone rifugiate in tutto il mondo», ha detto il presidente del Cio Thomas Bach, rivolgendosi agli atleti. «Non solo. Farete sì che miliardi di persone in tutto il mondo siano consapevoli dell’entità della crisi dei rifugiati. Pertanto, incoraggio tutti, in tutto il mondo, a unirsi a noi nell’incoraggiare la squadra Olimpica dei rifugiati».

Con tutte le sfide che avete affrontato, ora avete la possibilità di ispirare una nuova generazione, rappresentare qualcosa di più grande di voi stessi e mostrare al mondo di cosa sono capaci i rifugiati

Masomah Ali Zada, capo delegazione della squadra olimpica dei rifugiati

Ispirare una nuova generazione

La composizione della squadra, formata da 13 donne e 23 uomini, è stata approvata dal Consiglio esecutivo del Cio e si è basata su una serie di criteri, tra cui le performance sportive di ogni atleta e il loro status di rifugiato verificato dall’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Inoltre, è stata considerata una rappresentazione equilibrata di sport e genere, così come una rappresentanza più ampia possibile dei paesi di origine degli atleti. «Tutti voi avevate un sogno, e oggi il vostro sogno di competere ai Giochi olimpici è più vicino che mai», ha affermato la capo delegazione della squadra Olimpica dei rifugiati, Masomah Ali Zada, che ha gareggiato per questa squadra a Tokyo 2020. «Con tutte le sfide che avete affrontato, ora avete la possibilità di ispirare una nuova generazione, rappresentare qualcosa di più grande di voi stessi e mostrare al mondo di cosa sono capaci i rifugiati. Questo sarà il vostro momento a Parigi, godetevelo. Non vedo l’ora di lavorare con tutti voi per rendere questa un’esperienza unica nella vostra vita».

Un programma di borse di studio

La maggior parte degli atleti è stata selezionata tra gli atleti rifugiati sostenuti dal Cio attraverso il programma di borse di studio finanziato dal programma Solidarietà olimpica del Cio e gestito dalla Fondazione olimpica dei rifugiati. «La squadra olimpica dei rifugiati dovrebbe ricordarci la resilienza, il coraggio e le speranze di tutti coloro che sono fuggiti dalla guerra e dalle persecuzioni», ha detto l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati Filippo Grandi. «Questi atleti rappresentano ciò che gli esseri umani possono fare, anche di fronte a estreme avversità. La squadra ci ricorda che lo sport può essere trasformativo per le persone le cui vite sono state interrotte in circostanze spesso angoscianti. Trasformativo non solo per gli olimpionici, ma per tutti», ha continuato. «Lo sport può offrire sollievo, un’evasione dalle preoccupazioni quotidiane, un senso di sicurezza, un momento di svago. Può dare alle persone la possibilità di guarire fisicamente e mentalmente e di tornare a far parte di una comunità».

La squadra olimpica dei rifugiati dovrebbe ricordarci la resilienza, il coraggio e le speranze di tutti coloro che sono fuggiti dalla guerra e dalle persecuzioni

Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati

Un nuovo simbolo

Per la prima volta la squadra olimpica dei rifugiati gareggerà sotto un proprio emblema: un simbolo che riunisce atleti diversi e conferisce alla squadra una propria identità. Provenienti da diverse parti del mondo, ogni membro della squadra è un individuo con la propria storia, ma condividono l’esperienza del viaggio. L’emblema vuole rappresentare i molteplici viaggi dei rifugiati attraverso tante frecce colorate che si dirigono verso un cuore rosso (originato dal logo della Fondazione olimpica dei rifugiati). «Questo emblema ci unisce tutti. Siamo tutti uniti dalla nostra esperienza di vita: anche se tutti diversi, abbiamo tutti compiuto un percorso per arrivare dove siamo», ha commentato la capo delegazione Ali Zada. «Gli atleti non rappresentano un paese specifico, rappresentano la squadra olimpica dei rifugiati: avere il nostro emblema crea un senso di appartenenza e ci permette di rappresentare le oltre 100 milioni di persone che condividono la nostra esperienza. Non vedo l’ora di indossarlo con orgoglio».

Foto ufficio stampa Ioc – International Olympic Committee


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