Welfare

Parigi/2: les doléances delle banlieue

Un collettivo cittadino ha consegnato ieri all'Assemblea nazionale faldoni contenenti richieste di cambiamento per le banlieue

di Joshua Massarenti

“Perché il governo non impedisce le delocalizzazioni quando invece aiuta le imprese?”. “Il governo ha una politica di ghettoizzazione delle popolazioni in funzione dell’età, della nazionalità e delle categorie sociali”. “Nessuno presta attenzione ai problemi quotidiani dei nostri quartieri. Al contrario, ci guardono con giudizio negativo”. “C’è una giustizia a due velocità a seconda del livello di vita. Ci vogliono più magistrati, condanne ragionevoli e più mezzi per i carceri”. “La polizia abusa dei suoi poteri. Arresta con troppa facilità e senza buoni motivi, fa un uso eccessivo di violenza e manca di rispetto”. Ci siamo limitati a un pugno di lamentele, ma i faldoni che sono stati consegnati ieri al parlamento francese dall’Associazione collettivo liberté, Egalité, fraternit, insieme e uniti (AC le feu) ne contengono 20mila. Nato nel novembre 2005 in coincidenza con la morte di due ragazzi di Clichy-sous-Bois (incidente che ha dato il via a un’ondata di violenze giovanili nelle banlieue), il collettivo AC le feu (letteralmente C’è fuoco) ha raccolto le confessioni degli abitanti di oltre 120 comuni sparsi nelle periferie francesi. “L’idea è nata dalla volontà di incontrare i cittadini lambada, ascoltare i loro disagi e riproporre un contatto la popolazione e i politici”. Lo sostiene Mohammed Mechmach, presidente del collettivo, convinto che il tema sicurezza, onnipresente nella retorica politica dei candidati alle presidenziali (Sarkozy e Royal) “è una preoccupazione molto lontana per i francesi che abbiamo incontrato”. Al contrario, le testimonianze rivelano un desiderio disperato di essere riconosciuti come qualsiasi altro cittadino francese. “E’ un risveglio, un appello. La volontà di dire: mai più senza di noi, ma con noi. E’ questo il messaggio”.


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