Per fortuna al momento si tratta solo di un progetto attorno al quale una fondazione svizzera sta raccogliendo fondi, nei pressi di Lucerna. Il progetto si chiama “Paradrom” e ne ha scritto per ora la Tribune de Geneve, notizia ripresa da Italia Oggi, e arrivatami attraverso il potente motore di idee che si chiama facebook. Ormai nel mio profilo si è creata una piazza virtuale, nella quale molti amici depositano poster, link, materiali di ogni tipo, molto spesso di grande interesse giornalistico e non solo.
Il progetto, in tedesco per chi lo sa leggere, lo si può trovare all’indirizzo internet http://www.paradrom.rathausen.ch/ . Equivoco tra i promotori e il mondo dei disabili? Può darsi, fatto sta che si stanno investendo milioni di franchi per realizzare, all’interno di questo luogo un po’ misterioso, una serie di percorsi da fare in sedia a rotelle, o al buio, o con i movimenti del corpo bloccato. Insomma si tratterebbe di un “simulatore di disabilità”, destinato, si dice, ad attirare almeno trentamila visitatori all’anno.
In Europa e in Italia ha avuto meritato successo l’iniziativa “Dialogo nel buio”, percorso difficile e ben costruito per riprodurre le reali sensazioni che prova una persona priva della vista. Una forma di educazione alla diversità, non c’è dubbio. Ma in quel caso si trattava, e si tratta ancora, di una iniziativa culturale molto ben curata, senza alcun intento spettacolare, come sembra invece di capire dal progetto svizzero. E d’altronde come si può immaginare di avere trentamila visitatori l’anno se non puntando sull’effettaccio, sulla pulp fiction dell’handicap, sull’angoscia che si può provare utilizzando, sia pure per poco tempo e addirittura pagando un biglietto (sic!), la sedia a rotelle?
Devo dire che neppure quando ho scritto “La contea dei ruotanti”, nel lontano 1999, ero arrivato a tanto. L’idea di per sé è perfidamente intrigante, double face, politicamente corretta e scorretta al tempo stesso. Chi può negare l’importanza pedagogica di un percorso a ostacoli che riproduca la vera vita quotidiana di una persona con disabilità? Del resto molto spesso questo tipo di esperimento, in modo serio, viene condotto nei corsi destinati ad architetti e progettisti, che così forse riescono a rendersi meglio conto delle loro ripetute nefandezze. Tipo pendenze impossibili, pavimentazioni terribili, segnaletica illeggibile. Ma stiamo parlando di un contesto tecnico, professionale, mediato da esperti di design e di accessibilità per tutti. Non la Gardaland della disabilità.
E qui nasce la seconda perplessità. E’ un paradosso inaccettabile, infatti, che i veri parchi gioco siano quasi del tutto impraticabili dalle persone disabili, quando, con una adeguata progettazione, potrebbero diventare luoghi del divertimento universale. E invece un malinteso spirito di protezione dalle difficoltà e dai rischi rende queste cittadelle del divertimento luoghi di emarginazione e di frustrazione, appena mitigati dal buonismo dei cartelli e delle guide dedicate. Perché non pensare seriamente ai parchi gioco per tutti? E inserire, eventualmente, in tale contesto anche delle attrazioni a misura di handicap, fruibili anche in sedia a rotelle, o con un bastone bianco, o in assenza di udito? Probabilmente perché questo viene visto solo come un costo aggiuntivo, senza ritorno commerciale garantito, e con problemi di sicurezza che servono perfettamente a giustificare il nulla che viene fatto.
E allora chissà che cosa diventerà Paradrom, nel cuore della precisa e asettica Svizzera (Paese che per tanti aspetti mi piace assai). Mi viene in mente Rollerball, e suggerirei giochi estremi per paraplegici, pendii come toboga sui quali tuffarsi urlando con la carrozzina senza freni, oppure un camminamento fra botole e tombini che si aprono all’improvviso mentre passa un visitatore con gli occhi tappati. Interessante anche l’idea di un trenino degli orrori, sul quale salire con un balzo, impennando le ruote o tuffandosi al buio. Ma alla fantasia perché porre dei limiti? Sicuramente Paradrom troverà i finanziamenti, fra le proteste delle associazioni, che amplificheranno inevitabilmente l’attenzione attorno al progetto. Trentamila europei all’anno entreranno con un brivido in questo “HandiPark” e tireranno un sospiro di sollievo quando ne usciranno, alzandosi tranquillamente dalla carrozzina. Tanto la loro vita, fortunatamente, riprende subito nella sua normalità. Sotto a chi tocca.
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