Formazione

Papa: il suo Pontifcato già nella storia. Una scheda

E' morto stasera il 263° successore di Pietro. Fu eletto a soli 58 anni. La sua storia

di Paul Ricard

Quando fu eletto fese scalpore solo per essere il primo papa polacco della storia e che, in oltre 26 anni, terzo pontificato per durata nella storia della Chiesa, e’ divenuto, al di la’ delle polemiche che spesso lo hanno accompagnato, la maggiore autorita’ morale del mondo, capace di sfidare, su un principio etico, ad esempio il controllo delle nascite, contemporaneamente Onu e Stati Uniti. Amato, contestato, apprezzato, discusso: di sicuro un protagonista, un leader mondiale. Giovanni Paolo II, il papa che ha guidato la Chiesa dal secondo al terzo millennio, le ha dato una visibilita’ senza precedenti, e non solo all’interno del mondo cattolico e religioso, e in questi anni, pur in un conservatorismo di fondo nei principi che giudicava collegati alla fede, ha mutato tradizioni plurisecolari, cambiando, forse per sempre, il modo stesso di essere il Romano Pontefice. Ne sono segno le decine di ”per la prima volta nella storia…”, scritte a proposito della sua vita. Eventi che sono stati definiti a volte ‘storici’ e che oramai, per lo piu’, sono acquisiti. Cio’ non toglie che il 263/mo successore di Pietro e’ stato il primo papa polacco, il primo nato in un Paese comunista e ad andare oltrecortina; il primo ad aver recitato in pubblico e ad aver lavorato in fabbrica; il primo, dopo gli apostoli, ad entrare in una sinagoga e il primo a parlare in una chiesa protestante; il primo a visitare una moschea e ad andare in un Paese ortodosso; il primo ad aprire un giubileo per un millennio ed a visitare il Parlamento italiano; il primo ad assistere ad un concerto rock e ad una partita di calcio; il primo ad essere ferito gravemente in un attentato e ad essere operato in ospedale; colui che ha incontrato piu’ persone (17 milioni solo nelle udienze), sul quale si sono scritti piu’ libri (quasi 200 all’anno) e del quale sono stati venduti piu’ libri e persino un Cd di musica sacra cantata da lui; quello che ha visitato piu’ Paesi ed ha proclamato piu’ santi e piu’ beati. E’ il papa dei diritti umani e della solidarieta’, della dignita’ del lavoro, del rigore religioso. E’ un mistico: profondamente convinto che ogni cosa accada per disegno divino, essendo stato lui scelto da Dio per portare la Chiesa nel terzo millennio, senza un ‘segno divino’ non si sarebbe mai potuto dimettere; con ‘quel’ segno avrebbe accettato il martirio e per obbedienza a ‘quella’ volonta’, serenamente ha sofferto, molto piu’ di quanto si sia saputo. Restera’ nella storia soprattutto per essere stato una delle cause principali della caduta del Muro. Ne e’ stato consapevole: quando ha compiuto 75 anni, nel ’95, ha ringraziato Dio per essere vissuto ”in un momento di svolta epocale per l’Europa, per il mondo e per la Chiesa”. UN PAPA GIOVANE: Eppure quando fu eletto, il piu’ giovane papa (58 anni), dopo Pio IX (54 anni), ai piu’ era quasi sconosciuto: a sentire il suo nome, quel 16 ottobre 1978, un giornalista disse: ”e’ un negro”. Le sue prime parole: ”Sia lodato Gesu’ Cristo”, di sapore antico, stupirono. E quando aggiunse: ”se sbaglio mi corrigerete”, con un palese errore di lingua, si senti’, dopo 4 secoli e mezzo, che il papa non era italiano, anche se poliglotta (sa anche tedesco, spagnolo, francese, inglese, portoghese e russo). Ci si abituera’ a quel saluto ed anche al continuo richiamo a Maria, della quale si dice ‘Totus tuus’, ed alla quale ha attribuito la propria sopravvivenza ad attentati e malattie e l’aiuto contro le tentazioni che, rivelo’ una sera in montagna, da giovane aveva avuto. E ci si e’ abituatati a veder invecchiare e soffrire un uomo che, quando divenne papa, colpi’ per la prestanza fisica. Era uno sportivo: sciava, andava in montagna ed in canoa, nuotava. Per questo, appena divenuto papa, se ne parlava come di una specie di superman. Tutt’altra immagine rispetto a quella fragile, curva e incerta di quanti ultimi anni, che pero’ ha suscitato piu’ affetto e, forse, piu’ attenzione alle cose che diceva. Non che il popolo cattolico lo abbia ubbidito di piu’, che anzi in questi anni e’ progredito lo sfaldamento del principio di autorita’, ma certo ne ha apprezzato coraggio e coerenza. Perche’ e’ soprattutto un uomo coerente, dalla volonta’ ferrea, forgiata da una giovinezza difficile, dalle tradizioni della sua gente e da una fede profonda. Fin dalla giovinezza si riconoscono, infatti, quelle che poi diverranno le linee portanti del pontificato di un uomo dai grandi progetti e dalle intuizioni a volte felici, altre meno, come e’ accaduto per alcune nomine importanti. E anche i primi passi da Papa sono il segno di scelte e stili di vita, che diverranno noti, di un uomo intransigente sul piano dei principi, rispettoso su quello umano, estremamente coerente, refrattario ai compromessi, che pure dovra’ accettare. Si e’ detto, ad esempio, che ha governato poco. Lo riconosceva lui stesso: ”Forse – ha scritto in ‘Alzatevi, andiamo!’, il suo ultimo libro – devo rimproverarmi di non aver abbastanza cercato di comandare. In certa misura – aggiunse – cio’ deriva dal mio temperamento. In qualche modo, pero’, cio’ puo’ anche essere riportato al volere di Cristo, che chiede ai suoi apostoli non tanto di comandare quanto di servire”. In realta’, se ha apprezzato qualcuno, ne ha deciso personalmente la carriera, altrimenti, e in troppi casi secondo alcuni, ha seguito i suggerimenti dei dicasteri, delle conferenze episcopali o dei nunzi. Con risultati non sempre felici. Ma forse non se ne e’ curato perche’ volava troppo alto per le beghe delle curie o per fiducia verso i collaboratori o per accontentare ora l’uno, ora l’altro, o forse un po’ per tutti questi motivi. L’INFANZIA: Ha avuto infanzia e giovinezza difficili: nato da famiglia modesta a Wadowice, il 18 maggio 1920, ha perso il padre, figura di riferimento anche nella sua formazione religiosa, nel 1941; la madre era morta prima, quando egli aveva nove anni. ”Mia madre – racconto’ una volta – voleva un figlio prete ed uno medico. Non ha potuto vedere me diventare prete e mio fratello …”. Il fratello Edmund, che studiava medicina, era morto nel 1932. Poter andare solo 4 volte, da papa, sulla tomba di famiglia, in pietra grigia, nel cimitero di Rakowice a Cracovia e’ stata una delle tante rinunce di un uomo che aveva pochi amici prima di diventare papa e meno ne ha avuti dopo, come tutti i papi, che la carica rende soli. Anche se Wojtyla aveva spesso gente a tavola, ma quasi sempre divenivano occasioni di lavoro. WOJTYLA L’ATTORE: Spesso ne e’ stato rievocato il passato di attore, fin da bambino, anche per sottolinearne le doti ‘sceniche’. In realta’ tra il 1934 ed il 1938 ha preso parte alle rappresentazioni del teatro scolastico di Wadowice. A scuola era religioso e bravo, ma all’universita’ di Cracovia fece filosofia e non teologia. Insomma, non era un ‘mezzo prete’. Andava anche, a volte, a ballare con gli amici, che gli attribuivano ‘un debole’ per la bella Halina, ma non ha mai avuto fidanzate. Che pure sono state cercate un po’ ovunque, all’inizio del pontificato, vista la sua prestanza ed il suo passato di attore e sportivo. Ha recitato a scuola, dunque. Altro significato ebbe, dopo il trasferimento a Cracovia, col padre, nel 1938, in una casa di periferia con un piccolo giardino, lungo la Vistola, l’iscrizione al Teatr Rapsodiczny, il Teatro rapsodico clandestino dell’universita’ Jagiellonica di Cracovia, che Kotlarczyk aveva fondato e dedicato al culto della ”parola viva”, vietato dai nazisti come ogni altra iniziativa intellettuale. Una passione che e’ stata anche una forma di resistenza per un giovane che durante la guerra, per mantenersi agli studi ed evitare la deportazione, lavorava: prima nelle cave di pietra di Zakrwek e poi in una fabbrica di prodotti chimici, la Solvay. Sette chilometri da casa, fatti a piedi, con gli zoccoli di legno, con una deviazione per la chiesa di mattoni rossi del convento di suor Faustina Kowalska (che fara’ santa) per pregare la Divina Provvidenza. Lascera’ la fabbrica solo dopo essere divenuto prete a 26 anni, il primo novembre 1946. LA PRIMA MESSA: Ha detto la prima messa nella cripta di San Leonardo, nel Wawel, tra le tombe dei re e dei grandi di Polonia. Ambiente solenne, ma cupo, poco consono alla festa che e’ per un prete novello la prima celebrazione eucaristica, ma indicativo del significato che per lui aveva la sua missione e del legame con la patria. WOJTYLA L’OPERAIO: Non ha mai dimenticato di essere stato operaio. In un’altra fabbrica della Solvay, a Rosignano, nel 1982 chiamera’ gli operai ”miei compagni di lavoro”. E ”anch’io sono stato operaio”, ha ripetuto spesso negli incontri col mondo del lavoro, appuntamento fisso del 19 marzo, S. Giuseppe lavoratore, finche’ ha fisicamente potuto. Operai, commercianti, contadini: ha incontrato tutte le realta’ del mondo del lavoro. La sua sensibilita’ nei confronti dei problemi dell’uomo lavoratore e’ un’altra delle linee del pontificato, che ha fatto aprire le porte del Vaticano ai sindacati. A quel mondo ha dedicato uno dei suoi maggiori documenti, la Laborem exercens (1981), nella quale rivendica il diritto dell’uomo al lavoro ed il rispetto della dignita’ di chi lavora. Concetti sviluppati nelle successive encicliche sociali ‘Sollicitudo rei socialis’ (1987) e ‘Centesimus annus’ (1991). POETA E SCRITTORE: Se i trascorsi da operaio si ritrovano nel papa, lo stesso e’ per il passato di poeta e scrittore. Ha scritto versi, ancora sconosciuti, fino agli ultimi giorni di vita. E se il suo ‘Varcare la soglia della speranza’, del 1994, e’ stato un best-seller mondiale, la commedia giovanile ‘La bottega dell’ orefice’ ha tenuto cartellone ovunque. Sue poesie, come le ‘Ballate dei portici di Wawel’, sono state tradotte in molte lingue. Cosi’ e’ stato anche per ‘Amore e responsabilita” e ‘Persona e atto umano’, le piu’ note delle circa 120 opere su temi teologici e filosofici. E gli autobiografici ‘Dono e mistero’ (1996), ‘Alzatevi, andiamo’ (2004) e ‘Memoria e identita’ (2005) sono stati eventi mediatici, prima ancora che successi editoriali. Al suo bilancio di scrittore vanno aggiunti 14 encicliche e centinaia di altri documenti. Tenendo conto anche dei circa 800 discorsi all’anno (4000 pagine circa), in oltre 26 anni di pontificato si arriva ad oltre 20.000 discorsi e 100.000 pagine. Certo non tutte di suo pugno, ma spesso riviste o basate su suoi appunti. Continuo’ a scrivere anche dopo la nomina, a 38 anni, a vescovo ausiliare di Cracovia, fatta da Pio XII nel 1958. Pubblica sul settimanale Tygodni Powszechny e sul mensile Znak. Si firma Andrzej Jawien: personaggio del romanzo di Jan Parandowski ‘Il cielo in fiamme’, un uomo che perde e ritrova la fede, o con altri pseudonimi, come Stanislaw Andrzej Gruda o Piotr Jasien. Incontrando da papa, nel 1984, 1200 giornalisti, ha sostenuto di volere ”la Chiesa come una ‘casa si vetro’, dove tutti possano vedere che cosa avviene e come essa compia la propria missione”. Aggiunse che l’etica giornalistica deve essere sempre improntata alla ”verita’ oggettiva, la serieta’ e onesta’ intellettuale”. A rendere poco trasparenti quei ”vetri” pensera’, negli anni, la Curia; ne’ i giornalisti rispetteranno sempre, nei suoi confronti, quelle indicazioni. Ma lui conservera’ un rapporto di grande liberta’ con i mass-media, che sapra’ anche utilizzare. Lo si e’ definito papa televisivo, ha inviato un suo documento per e-mail (un’altra prima volta), si e’ lasciato intervistare e riprendere in ogni occasione. CIVIS ROMANUS: Delle linee portanti del pontificato fa parte anche il rapporto con Roma nella quale dal Campidoglio il 15 gennaio 1998, dira’ di sentirsi ”a casa”, come ‘civis romanus’ e della quale nel 2002 diverra’ cittadino onorario. Ha sempre tenuto molto alla visita alla sua diocesi, cominciata il 3 dicembre 1978 alla parrocchia di S. Francesco Saverio. Tra parrocchie, conventi, ospedali, luoghi di lavoro, scuole, universita’, cimiteri e quant’altro compira’ 743 visite pastorali, che gli faranno conoscere tutte le realta’ della citta’. E quando ha affermato che a Roma ci sono ”angoli di Terzo mondo”, i giornali hanno scritto: parla di cose che sa. Ma quando arriva a Roma per la prima volta e’ stato appena ordinato e viene per studiare filosofia all’Angelicum, dove si laureo’ nel 1948. I libri di filosofia resteranno la sua distrazione preferita. Allievo studioso, ma distratto: dimentico’ di restituire un libro alla biblioteca del collegio belga che lo ospitava, come il bibliotecario gli fece osservare con tono scherzoso, e nel gelo dei presenti, il 21 dicembre 1986 quando vi torno’ in visita, da papa. LA POLONIA COMUNISTA: Rientrato a Cracovia nel 1948, trovo’ il clima antireligioso dello stalinismo, del quale sara’ il grande nemico. Viene mandato in parrocchia fuori citta’, a Niegovic, dove promuove anche uno spettacolo teatrale per i giovani che, in quegli anni, per la prima volta, gli vengono affidati. E’ un rapporto speciale. Stava coi ragazzi, in vacanza, quando seppe della nomina a vescovo e da vescovo si affacciava alla finestra per chiacchierare coi giovani che si riunivano la’ sotto. Tradizione rimasta viva fino all’ultimo viaggio in Polonia, quello del 2002. Il rapporto di Giovanni Paolo II con i giovani e’ sempre stato qualcosa di straordinario: non li blandisce, ma chiede impegno e coerenza, ottenendo risposte, come le oceaniche entusiastiche partecipazioni alle Giornate della gioventu’, da lui inventate, che stupiranno il mondo e che sembreranno ridargli, anche negli ultimi anni, slancio e forza. Quel giovane prete fu anche assistente degli studenti e dei laureati dell’universita’ di Cracovia. Qui nel 1953 divenne insegnante di etica e, dopo la chiusura di questa, nel 1954, lo fu a Lublino. Nel 1957 ebbe la libera docenza, dissertando su ‘Il formalismo del’etica e l’etica materiale dei valori’ in Max Scheler. LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI: Ancora in gioventu’ e’ emersa un’altra linea del pontificato: la difesa dei diritti umani. E’ il 1962, e’ a Roma per il Concilio. ”Ricordatevi – dice nella discussione sul documento sulla Chiesa nel mondo contemporaneo – di avere sempre nella mente e nel cuore che la dignita’ della persona umana va sempre difesa e sostenuta”. Ottimista, voleva una Chiesa propositiva, capace quindi anche di riconoscere i suoi errori del passato, aperta con fiducia al futuro e al mondo, al quale pure doveva ricordare i suoi doveri. Lo scrivera’, quasi 40 anni dopo, convocando il Giubileo; fu il ”mandato” (‘duc in altum’) che le ha affidato alla fine dell’Anno santo. Ma l’aveva affermato gia’ nella sua prima enciclica, la Redemptor hominis (Il redentore dell’uomo, 1979). L’uomo, scriveva, e’ il centro dell’azione passata e futura della Chiesa, perche’ e’ la causa della venuta di Cristo. Per questa ”causa” la Chiesa deve tutelarne la dignita’ e i suoi diritti: al lavoro, alla casa e soprattutto alla liberta’ di religione. E’ stato il manifesto del pontificato. Anche la sua fama di ‘duro’ e’ nata negli anni giovanili. Si stava costruendo Nova-Huta, cittadina operaia nei pressi di Cracovia che il governo voleva simbolo della societa’ comunista. Non vi e’ prevista la chiesa, ma il vescovo Wojtyla vuole che ci sia. Protetto dagli operai, celebra messe all’aperto, sul terreno dove ‘deve’ sorgere la chiesa. Sara’ il card. Wojtyla, il 18 maggio 1969, a porne la prima pietra. Cinque anni prima, il 18 gennaio del 1964, Paolo VI lo aveva infatti nominato arcivescovo di Cracovia e il 26 giugno 1967 lo aveva fatto, a soli 47 anni, cardinale. WOJTYLA E GLI EBREI: Da cardinale, il 28 febbraio 1969 ha visitato la sinagoga del quartiere Kazimierz. Fin da ragazzo aveva avuto amici ebrei, come Jerzy Kluger, al quale nel 1989 fara’ leggere il suo ricordo della distrutta sinagoga di Wadowice. La visita del 1969 anticipa il ‘viaggio piu’ lungo’, il primo di un papa ad una sinagoga (Roma, 13/4/1986), dove ha chiamato gli ebrei ”fratelli maggiori”. Anche se ci saranno ancora tensioni, il 30 dicembre 1993 saranno istituiti rapporti diplomatici con Israele, che chiuderanno un quarantennio di polemiche. Nei rapporti col mondo ebraico molto influira’ il viaggio in Terra santa (marzo 2000), con la palese commozione allo Yad Vashem (”non ci sono parole abbastanza forti per deplorare la terribile tragedia della Shoah”) e la preghiera al Muro del Pianto (”ci impegniamo alla fraternita’ genuina col popolo dell’Alleanza”). I RAPPORTI CON LE ALTRE RELIGIONI E CON I CRISTIANI: I rapporti con ebraismo ed Islam, e soprattutto con gli altri cristiani, sono stati uno dei campi di maggior impegno della sua azione. Al rapporto tra religioni ed insieme alla pace e’ legato uno dei gesti ‘profetici’, ma anche contestati, del pontificato: gli incontri che hanno riunito ad Assisi esponenti delle religioni di tutto il mondo. Il 27 ottobre 1986 la preghiera per la pace nel mondo e il 24 gennaio 2002, dopo gli attentati di New York, per formulare il comune impegno di non offrire giustificazioni religiose al terrorismo. E quando sono corsi i venti di guerra, nel Golfo prima, in Afghanistan ed in Iraq poi, il Papa e’ divenuto in modo quasi naturale uno dei punti di coagulo dei Paesi schierati contro l’intervento militare. Nel suo pensiero, se la collaborazione tra le fedi serve al bene dell’uomo, l’ecumenismo e’ un ‘dovere’ dei cristiani, che debbono riconciliarsi. Era, rivelo’ in un appunto del 1994, l’obiettivo centrale del pontificato e della Chiesa, dal Vaticano II in poi. Cio’ comporta esame di coscienza e perdono, dato e chiesto: per il giubileo ha voluto un ripensamento del passato della Chiesa, fino al Mea culpa pronunciato solennemente il 12 marzo del 2000, cominciando proprio dal peccato delle divisioni tra i cristiani. A superarle si e’ dedicato fin dall’inizio del pontificato: e’ del 20 febbraio 1979, l’incontro col segretario del Consiglio mondiale delle Chiese, Philip Potter; seguono le dichiarazioni comuni con il patriarca ecumenico Dimitrios e con l’anglicano Robert Runcie. L’11 dicembre 1983 e’ il primo papa ad entrare in una chiesa luterana (a Roma); ne visitera’ altre, incurante anche di atteggiamenti polemici, come quando, nel 1989 in Danimarca, fu invitato, purche’ non parlasse. Altra accoglienza, nel 1999, in Romania, primo Paese ortodosso visitato da un papa, con una dichiarazione comune col patriarca Teoctist sulla guerra nei Balcani, che evidenziava il ruolo delle religioni per la pace. Seguiranno visite nelle ortodosse Georgia, Grecia, Ucraina e Bulgaria e il ‘mea culpa’ pronunciato ad Atene. Ma i rapporti con gli ortodossi resteranno conflittuali. Sono cosi’ saltati, nel 1996 e nel 1997 due progetti per il primo incontro tra un papa ed un patriarca russo, oltre alla sospirata visita a Mosca. Viaggio non fatto del Papa che ha viaggiato piu’ di ogni altro (144 viaggi in Italia e 104 all’ estero) e che in un’enciclica (Ut unum sint, 1995) si e’ detto disposto a discutere i poteri papali, tema di secolare contrasto tra cristiani. Un bilancio in chiaroscuro, malgrado alcune dichiarazioni, come quella comune del 1991 con i luterani sulla giustificazione (radice teologica del protestantesimo).


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