Che Papa Francesco, il primo Pontefice latinoamericano di sempre, mettesse proprio quella parte di mondo al centro dei suoi viaggi pastorali non deve stupire. Da anni, infatti, in America latina (il continente con più fedeli di Santa Romana Chiesa al mondo) il cattolicesimo è in crisi e, per rendersene conto, basta soffermarsi sulle statistiche del Pew Reserche Center, prestigioso istituto statunitense che studia ogni aspetto socio-comportamentale dei latinos, compresa ça va sans dire, la religione. Nel 1970, dal Messico alla Terra del Fuoco, cattolici erano infatti il 92% degli abitanti mentre oggi sono oggi ben al di sotto del 70%, con regioni in cui sono diventati addirittura minoranza. Colpa delle tante chiese neo-pentecostali sorte come funghi un po’ ovunque grazie a regimi fiscali favorevoli, alla promessa di miracoli facili ed a quella teologia della prosperità che tanti adepti è riuscita a conquistarsi in paesi come, ad esempio, il Guatemala dove oggi gli evangelici sarebbero maggioranza assoluta. Un’emorragia che ha avvantaggiato persino la chiesa del reverendo Moon in Uruguay ma anche in Bolivia e Paraguay – non a caso due delle mete di Papa Francesco in questi giorni assieme all’Ecuador – che oggi a Montevideo detiene anche un giornale ed un hotel di lusso in pieno centro.
Al di là dei richiami alla fede rivoluzionaria, alle famiglie che devono essere aiutate non solo con elemosina, alla tutela dei lavoratori e alla difesa dell’ambiente – a proposito l’enciclica Laudato Si’ in America latina è ancor più importante visto che l’Amazonia continua ad essere distrutta senza colpo ferire, con conseguenze disastrose e crisi idriche senza precedenti – Papa Francesco è riuscito con questo viaggio nell’ennesimo “miracolo” da quando è assurto al soglio di Pietro.
Non solo l’entusiasmo con cui è stato accolto a Guayaquil e Quito lascia presupporre un possibile rientro tra le file cattoliche di tanti fuoriusciti evangelici ma, soprattutto, il Papa argentino di origini piemontesi con la sua intelligenza ed umiltà è riuscito a rimettere la Santa Sede al centro della politica latinoamericana. Non accadeva dagli anni 60 quando- dopo la crisi dei missili di Cuba e l’appello di Papa Giovanni XXIII -fece seguito il boom della Teologia della Liberazione.
Oltre alla mediazione tra Cuba e Stati Uniti, dove Papa Bergoglio viaggerà non a caso tra un paio di mesi, oggi la diplomazia vaticana ed il suo massimo rappresentante sono infatti in prima linea anche nel processo di pace in Colombia, dove una guerra tra il governo e la guerriglia delle Farc martoria da oltre 50 anni quella popolazione.
Inoltre la Santa Sede sta cercando in tutti i modi di abbassare le tensioni in Venezuela tra chavisti ed anti-chavisti ed ha convinto Obama a dialogare tramite l’ex ambasciatore Shannon con il presidente del Parlamento bolivariano. Infine non è certo una coincidenza che Bergoglio abbia scelto come suo “ministro degli Esteri” proprio Pietro Parolin, che prima faceva il nunzio apostolico a Caracas.
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