Non so quanti tra voi abbiano visto il Papa pregare in questa serata romana e piovosa per la fine della pandemia. Un'immagine senza precedenti nella storia, Papa Francesco con la voce un po’ affannata, che prega assorto sotto la pioggia e che dà la benedizione Urbi et orbi: «Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio».
Impressionante la chiave della sua meditazione che individua nella comunità la vera immunità alle avversità e quindi anche alla pandemia. Ha detto Francesco: “La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di ‘imballare’ e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente ‘salvatrici’, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’ sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”.
L'immunità, che in medicina, è la resistenza dell'organismo, congenita o acquisita, all'azione di determinati germi patogeni, virus o tossine, e che in senso lato (giuridico e sociale) è ciò che ti mette al riparo da pericoli o minacce alla tua identità individuale o di gruppo, non sta nell'alzare barriere e nel concepirsi isolato e chiuso in un castello, ma nel “renderci conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”, ha detto il Papa. L'immunità, suggerisce, è nel sentire questa comunità di destino, questa comune appartenenza.
“Non è il tempo del tuo giudizio Signore, ma del nostro giudizio”, sottolinea Francesco, “il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni”.
È questo il tempo di trovare, ha concluso, «nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà», scandisce: «Nessuno si salva da solo». Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «Che tutti siano una cosa sola».
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