Cultura
Papa Francesco: “la vecchiaia chiede dignità, non solo piani di assistenza ma di esistenza”
Francesco inizia all'udienza generale un nuovo ciclo di catechesi dedicato al valore dell'età più avanzata: "In pandemia gli anziani hanno pagato il prezzo più alto". Il monito contro l'illusione della eterna giovinezza: "Il disprezzo dei vecchi era l'icona dei totalitarismi". L'invito al dialogo con i giovani: è il modo di trasmettere "saggezza all'umanità".
di Redazione
Vi proponiamo alcuni passaggi della catechesi che Papa Francesco ha iniziato questa settimana dedicata agli anziani.
“Incominciamo un percorso di catechesi che cerca ispirazione nella Parola di Dio sul senso e il valore della vecchiaia. Facciamo una riflessione sulla vecchiaia. Da alcuni decenni, questa età della vita riguarda un vero e proprio “nuovo popolo” che sono gli anziani. Mai siamo stati così numerosi nella storia umana. Il rischio di essere scartati è ancora più frequente: mai così numerosi come adesso, mai il rischio come adesso di essere scartati. Gli anziani sono visti spesso come “un peso”. Nella drammatica prima fase della pandemia sono stati loro a pagare il prezzo più alto. Erano già la parte più debole e trascurata: non li guardavamo troppo da vivi, non li abbiamo neppure visti morire. Ho trovato anche questa Carta per i diritti degli anziani e i doveri della comunità: questo è stato editato dai governi, non è editato dalla Chiesa, è una cosa laica: è buona, è interessante, per conoscere che gli anziani hanno dei diritti. Farà bene leggerlo.
Assieme alle migrazioni, la vecchiaia è tra le questioni più urgenti che la famiglia umana è chiamata ad affrontare in questo tempo. Non si tratta solo di un cambiamento quantitativo; è in gioco l’unità delle età della vita: ossia, il reale punto di riferimento per la comprensione e l’apprezzamento della vita umana nella sua interezza. Ci domandiamo: c’è amicizia, c’è alleanza fra le diverse età della vita o prevalgono la separazione e lo scarto?
Tutti viviamo in un presente dove convivono bambini, giovani, adulti e anziani. Però è cambiata la proporzione: la longevità è diventata di massa e, in ampie regioni del mondo, l’infanzia è distribuita a piccole dosi.
(…)
L’allungarsi della vita incide in maniera strutturale sulla storia dei singoli, delle famiglie e delle società. Ma dobbiamo chiederci: la sua qualità spirituale e il suo senso comunitario sono oggetto di pensiero e di amore coerenti con questo fatto? Forse gli anziani devono chiedere scusa della loro ostinazione a sopravvivere a spese d’altri? O possono essere onorati per i doni che portano al senso della vita di tutti? Di fatto, nella rappresentazione del senso della vita – e proprio nelle culture cosiddette “sviluppate” – la vecchiaia ha poca incidenza. Perché? Perché è considerata un’età che non ha contenuti speciali da offrire, né significati propri da vivere. Per di più, manca l’incoraggiamento delle persone a cercarli, e manca l’educazione della comunità a riconoscerli. Insomma, per un’età che è ormai una parte determinante dello spazio comunitario e si estende a un terzo dell’intera vita, ci sono – a volte – piani di assistenza, ma non progetti di esistenza. Piani di assistenza, sì; ma non progetti per farli vivere in pienezza. E questo è un vuoto di pensiero, di immaginazione, di creatività. Sotto questo pensiero, quello che fa il vuoto è che l’anziano, l’anziana sono materiale di scarto: in questa cultura dello scarto, gli anziani entrano come materiale di scarto.
La giovinezza è bellissima, ma l’eterna giovinezza è un’allucinazione molto pericolosa. Essere vecchi è altrettanto importante – e bello – è altrettanto importante che essere giovani. Ricordiamocelo. L’alleanza fra le generazioni, che restituisce all’umano tutte le età della vita, è il nostro dono perduto e dobbiamo riprenderlo. Deve essere ritrovato, in questa cultura dello scarto e in questa cultura della produttività
(…)
Mi auguro che queste riflessioni siano di utilità per tutti noi, per portare avanti questa realtà che diceva il profeta Gioele, che nel dialogo fra giovani e anziani, gli anziani possano dare i sogni e i giovani possano riceverli e portarli avanti. Non dimentichiamo che nella cultura sia famigliare sia sociale gli anziani sono come le radici dell’albero: hanno tutta la storia lì, e i giovani sono come i fiori e i frutti. Se non viene il succo, se non viene questa “flebo” – diciamo così – dalle radici, mai potranno fiorire. Non dimentichiamo quel poeta che ho detto tante volte: “Tutto quello che l’albero ha di fiorito viene da quello che ha di sotterrato (Francisco Luis Bernárdez). Tutto quello che è bello che ha una società è in rapporto con le radici degli anziani. Per questo, in queste catechesi, io vorrei che la figura dell’anziano venga posta in evidenza, che si capisca bene che l’anziano non è un materiale di scarto: è una benedizione per una società.
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