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Papa Francesco: Chiediamo perdono

«Di chi è la colpa? Chi ha pianto per queste vittime?». L'omelia di Papa Francesco è scandita da domande pesanti. Il Pontefice ha definito la messa sull'isola «liturgia di penitenza» perchè ha sottolineato «la globalizzazione dell'indifferenza» è una colpa di tutti

di Lorenzo Alvaro

Ci ha ormai abituati al suo essere sorprendente Papa Francesco. Eppure ogni volta si rimane spiazzati.

Il Vangelo della liturgia prevista per la messa a Lampedusa sembrava indicare un chiave interpretativa chaira, e forse anche un po' banale. Tratto da Matteo è stato letto il passo della strage degli innocenti e del viaggio, da migranti, della Sacra Famiglia che, perseguitata da Erode, è costretta a scappare in Egitto.

Il Papa non ne fa menzione. Preferisce concentrarsi, nella sua omelia, sulle prime due domande che Dio pone all'uomo nella storia: “Adamo dove sei?” e ancora “Caino dov'è tuo fratello?». Una predica durissima, che chiama ciascuno ad una responsabilità enorme. Ciascuno, dalle istituzioni ad ogni singolo cittadino, si deve sentire responsabile in prima persona per «il grido di questi fratelli (28mila ndr) morti in mare. Un grido che è salito fino a Dio e ci condanna».

Il discorso   
«“Immigrati morti in mare su quelle barche che, invece di essere una via di speranza, sono state una via di morte”. Così i titoli sui giornali. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero mi è tornato contnuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza». Questo l'incipit di Papa Francesco. «E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare. A compiere un gesto di vicinanza ma anche a risvegliare le nostre coscienze perchè ciò che è accaduto non si ripeta. Che non si ripeta per favore».

Dopo l'incipit è il momento dei ringraziamenti. «Prima però vorrei dire una parola di sincera gratitudine e di ringraziamento a voi abitanti di Lampedusa. Alle associazioni, ai volontari e alle forze di sicurezza. Siete una piccola realtà ma offrite un esempio di solidarietà. Grazie. Grazie anche all'arcivescovo Montenegro per il suo aiuto e il suo lavoro e la sua vicinanza pastorale. Saluto cordialmente il sindaco Nicolini, grazie tante per quello che lei ha fatto e che fa. Un pensiero lo rivolgo ai cari immigrati musulmani che stasera inziarranno il digiuno del Ramadan. Vi auguro ricchi frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina».

«Questa mattina alla luce della parola di Dio che abbiamo ascoltato vorrei proporre alcune parole che spingano a riflettere e a cambiare certi atteggiamenti», comincia l'omelia vera e propria Francesco.

«“Adamo dove sei?”. È la prima domanda che Dio rivolge ad Adamo dopo il peccato. L'uomo sbaglia e questo si ripete anche oggi. Soprattutto nella relazione con l'altro che non è più il fratello da amare ma semplicemente uno che disturba la mia vita. La seconda domanda è “Caino dov'è tuo fratello?”. Il sogno di essere Dio porta ad una catena di sbagli che è catena di morte e porta a versare il sangue del fratello. Queste due domande di Dio risuonano ancora oggi con tutta la loro forza. Tanti di noi, anch'io, non siamo più attenti. Non siamo più capaci di custodirci gli uni agli altri».
 
«Queste domande sono rivolte a ciscuno di noi. Questi nostri fratelli e sorelle cercavano un posto migliore, provavano a scappare da situazioni difficili. Ma hanno trovato la morte. Quante volte succede che le persone non trovano risposta alle proprie domande?  Le loro voci, le loro grida, salgono fino a Dio. Ancora ringrazio la solidarietà di voi lampedusani».

«Questi nostri fratelli prima di arrivare qui sono passati per le mani dei trafficanti, quelli che sfruttano la povertà altrui. Per loro è una fonte di guadagno. Quanto hanno sofferto? Alcuni non sono riusciti ad arrivare» ricporda il Papa.

«"Dov'è tuo fratello?” Chi è il responsabile del tuo sangue? Nella letteratura spagnola c'è una commedia in cui gli abitanti di una città uccidono il governatore tiranno. Quando viene chiesto loro chi lo ha ucciso la risposta è tutti. E nessuno. Chi è allora il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Dio lo chiede a ciascuno di noi. Ognuno di noi deve riaspondere».

Questo è il passaggio più duro e commovente dell'omelia del Papa.
«La cultura del benessere ci porta a pensare solo a noi stessi. Ci rende insensibili alle grida degli altri. Ci fa vivere in bolle di sapone che sono belle ma ci rendono ermetici. Portano alla globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell'altro. Non ci riguarda e non ci interessa. Ritorna alla mente la figura dell'Innominato di Manzoni. Queste bolle ci rendono tutti innominati. Responsabili senza nome e senza volto».

«“Adamo dove sei?” “Dov'è tuo fratello?” Sono le due domande che Dio pone all'inzio della storia dell'umanità. E rivolge gli uomini di ogni tempo. Anche a noi. Io vorrei che ci ponemmo una terza domanda. “Chi di noi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle?”. Chi ha pianto per le giovani mamme che portavano i loro bimbi? Per questi uomini che desideravano qualcosa di meglio per le loro famiglie? Siamo una società che ha smarrito la capacità di piangere. L'esperienza di patire con. Rachele piange i suoi figli perchè non sono più. Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi».

«Domandiamo al signore che cancelli quello che di Erode è rimasto nel nostro cuore», conclude il Papa, chiedendo perdono a nome di tutti. «Domandiamo al signore di piangere per le cose drammatiche che succedono nel mondo. Signore in questa liturgia, che è una liturgia di penitenza chiediamo perdono per l'indifferenza per la morte di tanti fratelli e sorelle. Ti chiediamo perdono per esserci chiusi nel troppo benessere e per l'aridità del nostro cuore, Per chi, con responsabilità nel mondo, ha creato situazioni che hanno portato a questi drammi. Signore sentiamo anche oggi le tue domande. “Adamo dove sei?” “Dov'è ilsangue di tuo fratello?”.
 

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