Welfare
Papa Francesco alla Caritas: “Siamo tutti vulnerabili, tutti siamo deboli”
È cominciato così il discorso a braccio di Francesco, che ha parlato per circa un quarto d’ora nella sua visita alla Caritas di Roma nell'occasione dei 40 anni della sua fondazione. “La vulnerabilità ci accomuna tutti”, ha detto soffermandosi su una parola che l’ha colpito, ascoltando gli interventi che l’hanno preceduto
di Redazione
“Grazie dell’accoglienza, grazie di essere qui, grazie a tutti”. È cominciato così il discorso a braccio di Francesco, che ha parlato per circa un quarto d’ora nella sua visita alla Caritas di Roma nell'occasione dei 40 anni della sua fondazione. “La vulnerabilità ci accomuna tutti”, ha detto soffermandosi su una parola che l’ha colpito, ascoltando gli interventi che l’hanno preceduto: “Tutti siamo vulnerabili, e per lavorare nella Caritas bisogna riconoscere quella parola, farla calare nel cuore”.
“Vulnerabilità”, per Bergoglio, è “l’incontro di ferite diverse, di debolezze diverse: tutti siamo deboli, tutti siamo vulnerabili. Anche Dio ha voluto farsi vulnerabile per noi, è uno di noi, e ha sofferto: non avere casa dove nascere… Ha sofferto la persecuzione, scappare in un altro Paese, migrare…Ha sofferto la povertà”.
“Dio si è fatto vulnerabile, e per questo noi possiamo parlare con Gesù perché è uno di noi”, ha proseguito Francesco: “Abbiamo la stessa carta di identità: vulnerabili, amati e salvati da Dio”. “Non si può fare l’aiuto ai poveri, non si può avvicinarsi ai poveri dalla distanza”, il monito: “Bisogna toccare, toccare le piaghe, sono le piaghe di Gesù. È misterioso: quando tu tocchi quella piaga, ti accorgi della tua, e questa è la grazia che ci danno i poveri, che ci dà la vulnerabilità dei poveri. Sapere che anche noi siamo vulnerabili. E questo è bellissimo, significa che anche noi abbiamo bisogno di salvezza, di qualcuno che ci dica una parola buona: i volontari, anche i preti, tutti abbiamo bisogno di un fratello, di Gesù, di camminare con Gesù”.
“Grazie a tutti per far vedere che abbiamo la stessa carta di identità”, ha concluso: “Ognuno ha la propria identità, ma il cognome è lo stesso – vulnerabilità – e questo è bello perché significa che abbiamo bisogno di salvezza, bisogno di cure. E la salvezza Dio non la fa con un decreto, la fa camminando con noi, avvicinandoci a noi con Gesù. Questa è la salvezza: intimità itinerante con Gesù. E avanti così!”.
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