Povertà

Paolo Goglio, il pioniere della vita in campeggio: «Ero disperato, ora non tornerei più indietro»

Goglio ha 65 anni, ne aveva 51 quando ha perso lavoro e casa. «Rischiavo di finire in strada. Con i risparmi che mi erano rimasti, ho acquistato una casa mobile in un campeggio in mezzo al verde, a pochi chilometri da Lecco». Lo consiglierebbe? «Ricevo orni giorno due o tre telefonate di persine che vogliono prendere questa strada»

di Chiara Ludovisi

Sono passati 14 anni da quando è venuto a vivere in campeggio e assicura che non tornerebbe mai indietro: allora fu necessità, oggi è scelta di vita. «Prima mi sentivo un disagiato sociale, oggi mi sento un privilegiato». Lui si chiama Paolo Goglio, ha 65 anni e mi parla dalla sua casa mobile, all’interno di un camping village a Oggiono, a pochi chilometri da Lecco.

«Da qui vedo il lago di Annone, che è meraviglioso. E posso camminare nel bosco tutti i giorni. Sono arrivato qui per disperazione, stavo andando a gambe all’aria, come si usa dire. Ci sono rimasto per scelta e oggi non ho alcun dubbio: è stata la scelta migliore per me e può esserlo per tanti altri». 

Dopo 14 anni, Paolo Goglio può considerarsi un pioniere, almeno qui in Italia, della vita in campeggio. Un esperto di questo tema, a cui ha dedicato un libro – Come fare a vivere in campeggio – che è una guida, un manuale d’istruzioni, ricco di spunti e di suggerimenti.
Quasi un influencer, perché il suo canale YouTube, su cui pubblica e diffonde testimonianze da tutta Italia e consigli sulla vita in campeggio, oggi conta 22mila iscritti e anche i suoi siti (paologoglio.com/ e www.vivereincampeggio.it/) sono molto frequentati e seguiti. 

Di più, un attivista, perché dedica tempo ed energie ad aiutare chi, come lui 14 anni fa, ha bisogno di cambiare vita. «Mi chiamano in media due o tre persone al giorno: alcuni disperati, rischiano di finire in strada o ci sono già finiti; altri invece semplicemente interessati o incuriositi, rispetto a una scelta che cambia la vita. E che per molti aspetti la migliora», racconta, in una chiacchierata senza fretta: perché tra le cose di cui si è riappropriato in questi anni, c’è sicuramente il proprio tempo.

Un’opzione che può piacere a tanti

Un tempo lungo e lento, tra un passato che non rimpiange e un futuro che inventa e immagina. Dopo aver trovato il proprio “posto”, infatti, Goglio sogna di poter aiutare altri a trovarlo, a partire da coloro che più soffrono a causa di difficoltà economiche, sociali, familiari, abitative: da chi ha perso il lavoro a chi non ha i soldi per l’affitto, da chi è stato sfrattato a chi semplicemente vuole cambiare ritmo e vita; ma pensa anche agli anziani soli e agli studenti universitari per i quali il problema di dove vivere e con chi vivere trova difficilmente una risposta soddisfacente. 

Pochi soldi in tasca: dalla casa alla casa mobile

Ma torniamo indietro di 14 anni e riprendiamo la storia dall’inizio: «Nato e cresciuto a Milano, ho lavorato per molti anni nel settore televisivo e poi del web»,  racconta Goglio. «Sono stato un imprenditore di successo, fin quando, nel 2009, è iniziata una crisi inesorabile, che in poco tempo mi ha portato via lavoro e casa. Rischiavo di finire per strada, ma allora mi venne l’idea: con i pochi risparmi che mi erano rimasti, ho comprato una casa mobile in un villaggio poco lontano da Lecco: una casa piccola e semplice su un pezzo di terra, in un posto bellissimo, vicino al lago e a pochi minuti dalla città. Così, ho iniziato a vivere qui. Ho speso 10mila euro, quello che mi era rimasto in tasca dopo aver venduto casa ed estinto un mutuo che non mi sarei più potuto permettere a lungo. Ma sono stati sufficienti per assicurarmi una casetta confortevole, quasi nuova, con due stanze, un soggiorno e un bello spazio esterno. Per strutture più semplici possono bastare 3.000 euro, o anche molto meno: niente, in confronto a quello che si spende per un piccolo e brutto appartamento in un palazzo alla periferia di Milano. E non serve il notaio, basta una scrittura privata. È tutto incredibilmente semplice e conveniente». 

Oggi  spende circa 300 euro al mese, tra affitto del terreno – perché questo resta di proprietà del villaggio – e utenze. Vive immerso nella natura, circondato dal verde, può usufruire degli spazi e dei servizi comuni del campeggio, tra cui la piscina. E con i suoi vicini di casa – una decina, durante l’anno, molti di più nella stagione turistica – condivide qualcosa di grande come una scelta di vita.

E poi ci sono tanti altri benefici, di cui oggi Paolo Goglio non riuscirebbe a fare a meno. Tra questi, la sicurezza: «Sono anni che non chiudo la porta di casa, ho dimenticato la paura di vivere in un appartamento. Il villaggio per legge è sorvegliato, i bambini vanno in giro e si divertono, anche per gli anziani è una soluzione molto indicata: si sentono al sicuro e non sono mai soli».

Dagli insetti alla residenza: «i problemi si risolvono»

Certo, i problemi non mancano, ma si impara ad affrontarli: «La temperatura si mantiene facilmente, le case mobili sono ben coibentate ed essendo spazi piccoli si riscaldano e si rinfrescano facilmente. Per gli insetti, ci sono le disinfestazioni periodiche e poi è sufficiente qualche accorgimento per evitare visite indesiderate». 

Anche il lavoro non è un problema, ma per questo molto dipende dalla posizione del campeggio: il suo è molto vicino a Lecco e a Milano, quindi è una soluzione perfetta anche per chi non possa lavorare da remoto.

Sono anni che non chiudo la porta di casa, ho dimenticato la paura di vivere in un appartamento

Paolo Goglio

Altre soluzioni, in villaggi più decentrati e isolati, non si prestano per chi abbia un lavoro in città. In ogni caso, ovunque si trovi, condizione indispensabile è che si tratti di un campeggio aperto tutto l’anno, con cui si stipula appunto un contratto annuale: «Se chiude anche solo per un mese non è adatto a questo genere di esperienza», spiega Goglio.

A tal proposito, un tasto delicato e cruciale è quello della residenza anagrafica (qui il video di Paolo Goglio dedicato al tema), che in Italia dà diritto a una serie di servizi e benefici, primo fra tutti il medico di famiglia: «La soluzione ottimale è che il campeggio stesso dia la possibilità di portare la residenza presso la struttura ma purtroppo questo avviene abbastanza raramente. L’alternativa è ottenere una residenza fittizia, prevista dalla legge per chi non abbia una casa», spiega Goglio.

La residenza, infatti, «può essere riconosciuta dal comune di nascita o da quello in cui si trova il campeggio: non sempre è facile ottenerla, ma dobbiamo sapere che si tratta di un diritto costituzionale, al quale quindi non possiamo e non dobbiamo rinunciare». 

Non uno spostamento, ma un cambiamento

E poi c’è un altro passaggio, necessario, indispensabile, forse il più importante, sia in termini di costi che, però, anche di benefici: per vivere in campeggio servono spirito di adattamento, amore per la natura ma soprattutto disponibilità e desiderio di cambiare stile di vita. Non si può pensare di trasferire semplicemente la propria vita: bisogna avere intenzione di trasformarla.

«Occorre rinunciare a tutto ciò che è superfluo, portare con sé solo il necessario: ci si accorgerà in poco tempo di quanti oggetti inutili si accumulino nella vita, magari anche spendendo denaro che ci costringe a ritmi di lavoro massacranti. Lavoriamo per comprare cose che non ci servono», osserva Goglio.

I benefici esistenziali

In questo senso, il beneficio principale che si ricava dal vivere in campeggio è di natura non solo e non tanto economica e sociale, ma esistenziale. Come scrive nel suo libro, «passiamo da un modello consumistico, centrato sull’ avere un’infinità di cose inutili e sul relativo onere esistenziale per continuare ad averle, a buttarle e a cambiarle con un modello basato sull’essere, dove la qualità della vita è determinata da altri fattori». 

La vita all’aria aperta: nella foto Paolo Goglio nel su giardino con il cane

Tra questi fattori, ci sono indubbiamente la libertà, l’immersione nella natura, la riappropriazione del proprio tempo e del proprio spazio e l’arricchimento dei legami sociali.
«Vivere in un appartamento in città porta spesso a uno status di solitudine e isolamento sociale molto elevato. Al contrario, in campeggio c’è molta più tendenza a socializzare e condividere, maturare amicizia e solidarietà», osserva Goglio.

Progettando campeggi abitativi, a partire dagli anziani

Una soluzione ottimale soprattutto per i più anziani, tanto che uno dei progetti a cui Goglio sta lavorando in questo momento è promosso proprio da una donna anziana: «La mia idea è di prendere in gestione dei terreni, o dei campeggi abbandonati, per aprire strutture destinate proprio a campeggi abitativi, con una serie di servizi condivisi, come la navetta, la lavanderia ecc».

«In questo momento sto lavorando a tre progetti: uno di questi mi è stato proposto da una signora di 83 anni, che possiede un terreno in cui vorrebbe realizzare un campeggio abitativo principalmente per lei e le sue amiche, ma aperto a chi abbia esigenze simili alle loro» spiega.

«Principalmente, vivere in un contesto sociale in cui ci si lasci alle spalle la solitudine. Una specie di cohousing, insomma, in cui l’edilizia leggera diventi uno strumento per affrontare un problema sociale: in questo caso, la solitudine degli anziani. Ma anche la crisi abitativa dei giovani: un mio amico, per esempio, sta pensando a un progetto del genere per gli universitari, che oggi sempre più faticano a trovare una sistemazione abitativa sostenibile». 

Il campeggio, risposta alle sfide dell’abitare oggi

Vivere in campeggio, insomma, può essere davvero una risposta ad alcune delle sfide socio-economiche attuali: dal caro affitti alla povertà, dall’invecchiamento della popolazione all’impoverimento delle famiglie. «Certo, occorre superare lo stigma legato all’essere, di fatto, classificati come senza dimora. Ma è solo un pregiudizio: di fatto, le condizioni di vita che si possono costruire in questi contesti sono molto più dignitose di quelle che tanti si trovano ad accettare e sopportare».

Questa visione, questa “cultura”, se così vogliamo chiamarla, si sta piano piano facendo strada e diffondendo: «Rispetto a tre anni fa, forse anche per colpa mia – o per merito mio – ho visto centinaia di persone fare questa scelta, sia in luoghi turistici che nei pressi delle città», assicura Goglio.

Obiettivo migliorare la vita

«Penso a persone e anche famiglie di tutte le età, che hanno lasciato il proprio appartamentino cadente in un brutto palazzo vista Tangenziale, di cui non  riuscivano più a pagare il mutuo o l’affitto, o dal quale erano state sfrattate. Oggi vivono in una casetta piccola ma super funzionale, circondati dal verde, a volte con campi sportivi e piscina a disposizione e sempre immersi in una comunità, più o meno grande, che condivide la stessa scelta e quindi lo stesso spirito. Il tutto, magari a 20 minuti dalla città in cui continuano a lavorare. Non c’è dubbio che la loro vita sia migliorata enormemente e che oggi siano molto più felici». 

Goglio conclude: «È questo il motivo per cui cerco di diffondere questa possibilità e di renderla praticabile per un numero sempre maggiore di persone, creando campeggi abitativi capaci di rispondere a tanti e differenti bisogni, che aspettano e meritano una risposta».

In apertura la casa mobile di Paolo Goglio – tutte le immagini sono dell’autore

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