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Paolo Ferrero: lo spezzatino l’errore più grande

"Per contare davvero al Welfare occorre un ministero unico". Accordo in vista con l’Agenzia delle Entrate per liquidare le quote del 5 per mille 2006 e 2007.

di Redazione

Nel maggio 2006 è stato il vero uomo nuovo del governo Prodi. Torinese di Pomaretto, classe 1960, ex operaio della Fiat, ex cassa integrato, ex obiettore di coscienza, ex presidente di una cooperativa agricolo-forestale, la Agrovalli di Pinerolo, ed ex segretario nazionale della Federazione giovanile evangelica italiana, Paolo Ferrero il giorno 18 impugnò a sorpresa le redini del neonato e neospacchettato ministero della Solidarietà sociale. Oggi, un anno e mezzo dopo, alla vigilia delle dimissioni, fa il bilancio di un?esperienza che gli ha insegnato molto.
Vita: Ministro, si dia una pagella.
Paolo Ferrero: I voti li danno gli altri. Se devo mettere sulla bilancia gli elementi positivi e quelli negativi, dico che dal punto di vista della spesa sociale sotto il mio mandato abbiamo triplicato il budget. Il Fondo per le politiche sociali è passato da 500 a 950 milioni di euro. Poi abbiamo istituito quello per la non autosufficienza e quello per l?inclusione dei migranti, dotandoli rispettivamente di 300 e 100 milioni di euro. Quindi con ulteriori 550 milioni abbiamo riattivato la politica sulla casa. Mentre per gli asili nido abbiamo previsto un fondo di 150 milioni. Infine siamo riusciti a rendere strutturale il 5 per mille.
Vita: Che ne è stato invece di norme come la Bossi-Fini sull?immigrazione, la Fini-Giovanardi sulle dipendenze e la legge sulla non autosufficienza?
Ferrero: Sul piano legislativo mi considero uno sconfitto. Lo dico chiaro e tondo. Ma se il governo fosse durato qualche mese di più il bilancio non sarebbe stato così negativo. Anche se sulle droghe probabilmente l?accordo non l?avremmo comunque trovato.
Vita: Adesso ce lo può dire: quanto ?pesa? il ministro sociale nelle segrete del Palazzo?
Ferrero: Ci sono argomenti come quello dei rom su cui ho riscontrato un alto grado di opportunismo politico. Sono temi scomodi che non portano voti, anche se decisivi per misurare il grado di civiltà di un Paese. In molta parte della sinistra moderata ho poi riscontrato un?eccessiva sopravalutazione degli elementi economici. E non mi riferisco certo ai cattolici, che su questi temi si sono dimostrati mediamente più attenti. Ma a chi oggi è confluito nel Partito democratico.
Vita: Quale errore lei non rifarebbe?
Ferrero: Ho capito tardi che il processo decisionale non risponde alle logiche della democrazia, ma a quelle del processo di Kafka. In ogni punto del processo una decisone che sembrava assunta può essere modificata. I condizionamenti non dichiarati delle burocrazie hanno un peso notevole che io ho incominciato ad apprezzare solo col passare dei mesi.
Vita: È stato così per il 5 per mille?
Ferrero: Direi di sì. Clamorosa anche la vicenda della riduzione dello stipendio dei ministri. Io proposi che il provvedimento fosse esteso anche ai ministri non parlamentari, come me, e di conseguenza ai sottosegretari. In Consiglio dei ministri eravamo tutti d?accordo. Solo un anno dopo ho scoperto che a noi non era stato tagliato un bel niente. Era una norma decisa in Consiglio, il cui iter è però sfuggito dalle mani dei ministri stessi. E lo stesso è accaduto con la quota dello 0,5% del 5 per mille che è stata destinata alle associazioni di rappresentanza delle organizzazioni senza che nessuno lo avesse deciso.
Vita: Che cosa farà da grande l?ex ministro Ferrero?
Ferrero: Credo proprio che resterò in politica, vedremo in che ruolo. Difficilmente tornerò a fare il ministro.
Vita: Certe battaglie meglio farle dall?opposizione?
Ferrero: No. Per chi vuole lanciare una sfida politico-culturale, assumere un ruolo di responsabilità è sicuramente importante. Sul versante dei migranti, per esempio, mi sembra che qualcosa di buono e di strutturale sia stato fatto. Dico però che un?esperienza di governo in una coalizione come quella che si è appena dissolta non è più proponibile. Quando si scrive un programma questo deve venir rispettato. Non si può stare al governo a tutti i costi. Vita: Quale è la prima cosa che dovrà fare il suo erede?
Ferrero: Il primo passo è la costruzione di un grande ministero del Welfare.
Vita: Lo spezzatino però lo avete voluto proprio voi?
Ferrero: Ed è stata una scemenza. Dal punto di vista amministrativo un atto illogico. L?Economia, gli Esteri, gli Interni e la Giustizia hanno alle spalle una burocrazia di lungo corso. Sul Sociale invece ogni anno si fanno ministeri diversi. Ogni volta si ricomincia da capo. Questo è un problema enorme. Il fatto che quasi tutti i nostri addetti siano precari, la dice lunga. Al Viminale, per fare un paragone, i precari sono lo 0,0% del personale. La Farnesina forma diplomatici, gli Interni prefetti, mentre non si capisce dove si formino gli esperti del Welfare. In giro per l?Italia abbiamo progetti che da 15 anni definiamo sperimentali. Un non senso: se una cosa funziona devi stabilizzarla, se non funziona la chiudi.
Vita: Di cosa si occupa un ministro in uscita?
Ferrero: In questi giorni sto cercando di firmare tutti i decreti di spesa in modo che i soldi stanziati vengano effettivamente spesi. Sul 5 per mille poi stiamo chiudendo un accordo con l?Agenzia delle Entrate in modo che entro l?anno siano erogati i pagamenti del 2006 e del 2007.
Vita: A che punto è il decreto sulle regole di accesso al 5 per mille 2008?
Ferrero: Se ne sta discutendo. Il tema è all?ordine del giorno.


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