Mondo

Paolo Dieci, un autentico pacifista: pacato e intransigente

Il ricordo della portavoce di Aoi: «Non credo che sia mai stato rigido nel difendere posizioni acquisite, ma certamente non era incline a mediare riguardo al rispetto dei diritti umani, la sovranità dei popoli e la libertà garantita per tutti. Con Paolo la cooperazione non governativa e il Terzo Settore hanno perso una mente capace di stimolare coscienze e promuovere dibattito e un dirigente prezioso. Io ho perso un alleato e un amico»

di Silvia Stilli

Con Paolo Dieci se n’è andato per me un amico, prima che un collega. Un amico scoperto tale negli ultimi anni, frequentandolo come collega. Non era stato lui la persona conosciuta per prima al Cisp, ma altre che considero parte integrante dei miei anni di crescita culturale nel mondo della solidarietà e poi della cooperazione internazionale. Oggi posso permettermi di dire che Paolo, frequentato da relativamente pochi anni, è rapidamente è diventato un amico con cui veniva naturale parlare oltre il tema ‘lavoro’: era piacevolmente evidente la sua innata curiosità, sincera e positiva, per le persone e le loro storie, perfettamente in linea con l’attenzione alle novità o alle prospettive di cambiamento sempre nella direzione di un mondo più giusto e di pace.

Non credo che Paolo sia mai stato rigido nel difendere posizioni acquisite, ma certamente non era incline a mediare riguardo al rispetto dei diritti umani, la sovranità dei popoli e la libertà garantita per tutti. Per il popolo Saharawi e quello palestinese Paolo è stato una risorsa, perché ha sempre dichiarato esplicitamente le violazioni dei loro diritti e tenuto alta l’attenzione sui loro destini nei luoghi di dibattito e nelle sedi anche europee e internazionali ove vi fosse la possibilità di discuterne. La ricerca del dialogo e del confronto pacato erano la sua caratteristica: mitezza e determinazione insieme, da vero non violento. Paolo era un sincero democratico, un educatore e formatore di giovani in tanti master e corsi universitari sulla cooperazione internazionale, a Roma e Pavia, come in Palestina o in Africa. Una volta, leggendo non ricordo quale scritto di Piero Calamandrei, mi è venuto naturale paragonare il suo linguaggio a quello di Paolo, per la chiarezza e il tono deciso, ma mai arrogante. Sì, era umanamente sensibile, l’amico Paolo: ti invitava a prendere il caffè per discutere magari di un tema su cui i punti di vista di partenza erano differenti, per finire serenamente a parlare dei nostri figli.

I giovani, con le loro aspettative e adorabili irruenze erano al centro della sua riflessione sulla situazione politica del Paese, come della prospettiva di futuro per il mondo intero. Paolo era un sincero democratico, un educatore e formatore in tanti master e corsi universitari sulla cooperazione internazionale, a Roma e Pavia, come in Palestina o in Africa. Era conosciuta e apprezzata la sua attenzione all’educazione alla cittadinanza globale come aspetto centrale nella formazione di giovani e comunità. La legava indissolubilmente ai programmi di cooperazione internazionale e all’affermazione della pace. Perchè, a me lo ha ripetuto spesso, per Paolo non poteva esserci pace senza sviluppo. Il Cisp, l’ong che ha fondato e di cui era dirigente, mette al primo posto la continuità nella relazione, in un’idea di sviluppo che è partenariato vero. Quel maledetto volo ieri ha privato il nostro mondo della cooperazione internazionale, da troppo tempo sotto attacco, di persone bellissime di età e storie diverse, ma legate da un pensiero giusto, quello della solidarietà attiva. Con Paolo la cooperazione non governativa e il Terzo Settore hanno perso una mente capace di stimolare coscienze e promuovere dibattito e un dirigente prezioso. Io ho perso un alleato e un amico.

*Portavoce AOI

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.