Cultura

Paolo Costa: Porterò i Balcani in Europa

Al sindaco di Venezia, l’allargamento a 10 nuovi Stati non basta. "E la clausola ostativa spedirà i migliori cervelli negli Usa".

di Carlotta Jesi

C?è un sindaco, in Italia, che celebrerà l?allargamento a Est dell?Unione europea il 30 aprile invece che il 1° maggio. E a cinque Stati membri che non figurano neanche sulle mappe di Eurolandia: “Croazia, Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina”, recita il primo cittadino di Venezia. Paolo Costa l?ulivista, come lo chiamano in regione.
Vita: Scusi, sindaco, e i 75 milioni di cittadini dei 10 Paesi membri che aspettano da anni di entrare in Europa?
Paolo Costa: L?invasione che tutti temono l?hanno fatta dopo il crollo del Muro di Berlino. A Venezia, in quegli anni, arrivavano anche 1.500 stranieri ogni mattina.
Vita: Niente da festeggiare, dunque, il 1° maggio?
Costa: Purtroppo avvalendoci della clausola ostativa che mette un freno all?entrata dei nuovi europei, perderemo l?occasione di accogliere gente brava e preparata, cervelli che se ne andranno negli Stati Uniti. Con gli organizzatori di Civitas, abbiamo deciso di giocare d?anticipo. Un giorno prima dell?allargamento, spingiamo per fare un passo in più: il processo europeo di pacificazione dei Balcani non può non tendere la mano ai loro cittadini. In una prospettiva che li costringa a comportamenti corretti in vista dell?allargamento.
Vita: Ma per arrivare all?Europa dei 25 ci sono voluti anni, e trattati su trattati.
Costa: La vera integrazione fra civiltà e culture si fa prima a livello locale che con accordi fra Stati e convenzioni internazionali. Si fa con i diritti umani sostenuti e non solo proclamati.
Vita: Che tipo di interventi?
Costa: A Venezia li chiamiamo ?di riduzione del danno?. Interventi discreti nel campo della prostituzione, della tossicodipendenza e della delinquenza che aiutano lo straniero a inserirsi invece che escludersi. Il problema, oggi, è fare in modo che gli immigrati non crescano come cittadini di seconda classe. Sto per proporre al consiglio una modifica dello Statuto che consenta loro tutti i diritti, a cominciare da quello attivo e passivo al voto. La partecipazione alla vita politica dell?immigrato deve essere piena.
Vita: Come rispondono i veneziani a questa sua proposta?
Costa: Grazie alle politiche di integrazione adottate in questi anni, diversamente da altre città, non abbiamo grossi problemi di tensione e di paura verso lo straniero. E, comunque, sull?accoglienza dello straniero non c?è alternativa: l?Italia, e con essa l?Europa, non fa più figli. Dobbiamo aprire le porte. Venezia, d?altro canto, ha sempre fatto così: ai tempi della Repubblica, dopo le pestilenze, apriva le porte ai barbari e ricominciava.
Vita: Oggi a Venezia ci sono 10mila stranieri regolari; ci sono altri indicatori per provare il buon impatto delle vostre politiche di accoglienza?
Costa: Gli indicatori di successo sono quelli che non si vedono. Con 10mila stranieri il nostro problema numero uno non è l?arabofobia, ma il traffico.
Vita: Ma alla paura di tante altre città, di tanti italiani, come risponde?
Costa: Alla Pisanu: massimo di apertura con i regolari e di chiusura con gli irregolari. C?è stato un tempo in cui non si faceva distinzione tra immigrati regolari e irregolari, si cercava di aiutare tutti. Oggi non posso cambiare le cose facendo un editto: la strada è dare a tutti gli stranieri regolari i diritti degli altri cittadini.
Vita: Coi richiedenti asilo, però, qualche eccezione l?avete fatta…
Costa: Abbiamo sempre agito in accordo con il governo, il nostro era un progetto pilota. Al tempo del conflitto nei Balcani abbiamo accolto chi fuggiva dalla guerra aprendo dei campi profughi che sono stati chiusi poco tempo fa. Arrivarono centinaia di persone, un terzo oggi vivono e lavorano qua. Gli altri li abbiamo aiutati a tornare nel loro Paese.

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