Welfare

Pannuti: l’articolo 18 è un falso problema. Il lavoro ha bisogno di flessibilità

L’intervento di Raffaella Pannuti, presidente di Fondazione Ant, alla convocazione civica #InMovimento lanciata da Riccardo Bonacina al Teatro Elfo il 21 marzo scorso

di Raffaella Pannuti

La legge Fornero in vigore da un paio di anni ha ingessato il mondo del lavoro fondamentalmente per due motivi:

  1. eccessiva burocratizzazione
  2. scarsissima flessibilità

Nel momento in cui si è fatta questa riforma non c’è stata la minima attenzione a quelle che sono le necessità del non profit. Come abbiamo visto anche in questa giornata, il non profit rappresenta una fetta importante del mondo lavorativo italiano, ma nonostante ciò pecca moltissimo di rappresentatività. La soppressione dell’agenzia per le Onlus, è solo un esempio di ciò che ho affermato poco fa.

Il decreto sul lavoro del governo Renzi è approdato nella sua versione definitiva in Gazzetta Ufficiale.

A questo proposito è importate una precisazione, quando si parla di rapporti di lavoro: se il decreto non viene convertito entro 60 giorni dall'entrata in vigore, gli effetti giuridici prodotti dal Decreto vengono annullati sin dal giorno della sua emanazione, restano salvi gli effetti economici ma sempre limitati ai 60 giorni del Decreto, in quanto il lavoro fatto non si può annullare. In pratica se si assume un soggetto durante la validità del Decreto, e questo alla fine viene dichiarato decaduto, il rapporto giuridico è annullato dal momento della sua costituzione, ed il trattamento economico è riconosciuto e mantenuto limitatamente ai 60 giorni.

Due sono gli spunti che sono emersi: contratto unico e tutele crescenti, oltre a riforma del tempo indeterminato (ma solo per quanto riguarda la causalità dei rinnovi, sempre all’interno dei 36 mesi) e alla detassazione dei contratti al di sotto di una certa cifra, per dare qualcosa in più alle persone in busta paga.

Provvedimenti di per sé giusti, ma che ancora una volta non affrontano le problematiche del nostro mondo.

Faccio una premessa: non è che con una riforma del lavoro si creino automaticamente posti di lavoro. Servono fiducia, serve un aiuto prima di tutto alle aziende, serve rimettere in moto l’economia – cosa che non dipende interamente da noi italiani. Sicuramente però in questo processo la politica deve fare la propria parte.

Ma per fare la propria parte, bisogna che la politica conosca i soggetti per i quali sta facendo le riforme e – nel rispetto dei diritti delle persone – operi delle scelte che incentivino l’assunzione.

Come presidente di un’organizzazione nella quale lavorano oltre 400 persone (ovviamente pagate!) la prima cosa, molto semplice che penso è che il futuro di ANT dipende dalle persone che ne fanno parte. Sono stata chiamata a parlare del mondo del lavoro, quindi non mi addentro nel tema “volontari” che rappresentano, per noi – come per tutto il mondo del non profit – una risorsa incredibile, in primis di idee.

Tornando alle 400 e più persone che lavorano in ANT, non ho nessun interesse a  perdere professionisti in gamba che credono nella nostra missione e che si stanno impegnando per garantire un futuro, sia alla Fondazione ANT, sia a se stessi.

Questo semplicemente per dire che alla fine il problema del tempo indeterminato o dell’articolo 18 è – a mio avviso – un falso problema.

So che questa mia affermazione risulta assai provocatoria, perché non siamo in un mondo perfetto, ma voglio porre l’attenzione su un altro tema – che è la flessibilità. Se i nostri legislatori non hanno chiaro quali siano le problematiche lavorative del non profit, come risultato finale non tuteleranno il lavoratore (che non verrà assunto) e non aiuteranno le aziende nel loro percorso.

Vi porto un esempio pratico, sia per essere più chiara, sia perché non vorrei sembrare fuori dalla realtà. L’assistenza socio sanitaria in Italia sta diventando sempre di più una necessità, visto l’invecchiamento della popolazione. Erogare servizi socio assistenziali al domicilio , ma anche in ospedale, sta diventando una richiesta crescente. Il problema di questo settore è l’imponderabilità degli orari o la concomitanza degli stessi: si pranza indicativamente all’una e non alle dieci del mattino. Se un anziano viene ricoverato , spesso non si sa con un mese di anticipo. Ecco quindi la necessità di più personale disponibile a garantire la copertura negli stessi orari.

Un altro esempio sono le campagne di raccolta fondi: tutti noi abbiamo bisogno di intensificare la presenza di personale in determinati periodi, che sono però limitati nel tempo.
Quello che chiediamo dunque ai nostri legislatori è che riescano a conciliare la necessità di tutelare le persone (sarebbe surreale che proprio noi non avessimo questo, come obbiettivo) con le reali esigenze di mestieri e professioni che cambiano, e non sono più quelli di una volta.

Se le aziende, e per aziende intendo profit e aziende di solidarietà, sono chiamate ad assolvere i loro doveri verso le società, assumendo e creando posti di lavoro, devono essere aiutate in questo compito da legislatori attenti alle loro esigenze.

Ai dipendenti può essere garantito un futuro di serenità e di tutela dei propri diritti solo attraverso la partecipazione, in questo meccanismo, di tutte le parti sociali.

Concludo dicendo: sì al contratto a tempo determinato, si alla flessibilità, no alla burocratizzazione eccessiva, sì all’ascolto di tutte le parti sociali.

Per concludere, stante l'attenzione al Terzo Settore che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dedicato nei suoi discorsi in Parlamento in occasione del dibattito sulla fiducia al suo Governo, e stante il ruolo ritenuto strategico che gli assegna nella modernizzazione dello Stato e della società italiana, l'auspicio è quello di un cambio di passo, innanzi tutto culturale, dell'intera struttura burocratica della pubblica amministrazione ai diversi livelli, in modo da dar vita a una vera alleanza tra pubblico e privato non profit .

 

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