Non profit

pannolini e biscotti nella corsa a Downing Street

Il caso dell'inglese Mumsnet, da portale per scambio di informazioni a king maker

di Rose Hackman

I tre candidati hanno partecipato più volte ai forum, uscendone anchecon le ossa rotte. Storia e protagonisti di un sito divenuto così importante
da condizionare la campagna elettorale Se le elezioni americane del 1996, vinte da Bill Clinton, appartenevano alle “soccer mums”, sicuramente le elezioni inglesi del 2010 sono state quelle di Mumsnet, un portale inglese per le mamme che parla di cucina, gravidanza, nome di bimbi, ma anche di politica. Fin dallo scorso autunno questo sito è diventato così importante nella campagna elettorale, che i tre candidati inglesi hanno partecipato più volte – e fino a pochi giorni prima del d-day – a forum di discussioni online per rispondere a domande e inquietudini delle mamme. A volte le mamme li hanno davvero messi alle strette, con esiti disastrosi.
«Che cosa farà il suo partito, Mr Cameron, circa le restrizioni sui pannolini per i bimbi disabili?», ha chiesto sulla webchat una mamma. La risposta? Silenzio, seguito da una risposta confusa. Che chiaramente non ha convinto Riven Vincent, mamma di quattro bambini di cui una, di 6 anni, con una paralisi cerebrale. Cameron, imbarazzato, qualche mese dopo si è presentato alla porta di Mrs Vincent per scusarsi e prendere un tè. Sempre qui è nato invece, per Gordon Brown, il “Biscuitgate”. Alla semplice domanda: «Qual è il tuo biscotto preferito?», Brown si è mostrato incapace di prendere una decisione giudicata da lui politicamente corretta, e non ha risposto.
Ma aldilà delle elezioni, l’impatto di questa lobby virtuale delle mamme sulla vita quotidiana del Paese è in continua crescita. Mumsnet nasce nel 2000, dall’iniziativa di una giornalista sportiva, Justine Roberts, e di una amica conosciuta durante il corso preparto, Carrie Longton, produttrice tv. «Ero appena andata in vacanza con i miei gemelli di un anno ed ero frustrata per aver speso così tanti soldi per una vacanza così poco family-friendly», ricorda la Roberts. «Allora ho pensato che internet fosse il luogo perfetto per genitori per scambiare questo tipo di informazioni. Così è nato Mumsnet».
Oggi Mumsnet vanta più di un milione di visitatori al mese, con oltre 20 milioni di pagine uniche visualizzate. Il suo pubblico è principalmente femminile anche se – come dice la Roberts – il bello di internet è che gli uomini possono partecipare anonimamente: «Possono imboscarsi in fondo all’aula e guardare ciò che accade senza essere individuati». Il 75% dei loro utenti possiede almeno una laurea universitaria, anche se la Roberts ci tiene a sottolineare che non si tratta solo di un fenomeno middle class: «Abbiamo anche tante mamme che ricevono sussidi dello Stato».
Per quanto riguarda i contenuti, sono un misto di forum a tema, articoli, recensioni di prodotti vari (vacanze incluse), ricette e campagne. I forum servono a sfogarsi, come quello intitolato «Am I being unreasonable?» («Sono forse irragionevole?»), ma sono anche un luogo di incontro per donne che vivono nello stesso quartiere, che hanno interessi in comune, o problemi simili da condividere. Senza dimenticare lo strumento più gettonato del sito, il «Baby name finder», per decidere il nome del nascituro in funzione della carriera che desideri per lui e di come vorresti che si vestisse (il nome perfetto per un futuro personal trainer che si veste da Oxfam, per esempio, sarebbe Jacob per un maschio e Ocean per una femmina).
A dieci anni di distanza, il motto di Mumsnet «migliorare la vita dei genitori, confrontando conoscenze, esperienze e supporto», sembra superato. Tanti libri scritti, campagne vinte, migliaia di amicizie nate e una campagna elettorale di cui sono state assolute protagoniste.
È la vita femminile privata che finalmente viene riconosciuta nella sfera pubblica? Non per tutti. Secondo un recente editoriale del Guardian, la caratteristica di queste ultime elezioni è che da un lato i media si sono focalizzati sulle donne in politica solo in termine di “moglie di” (Sarah Brown, Samantha Cameron e Miriam Gonzalez Durantez), ma dall’altro i politici sono solo stati in grado di rivolgersi alle donne come madri di famiglia, portatrici di cura. Progresso o regresso?

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