Non profit

Panico fra i giocatori: Fortnite inghiottito da un buco nero

Il popolare videogioco - oltre cento milioni di utenti nel mondo - è stato oscurato domenica sera. La società produttrice ha messo in atto una strepitosa campagna di marketing o si tratta del più grande esperimento psicosociale finora mai tentato?

di Marco Dotti

Fortnite è un videogioco. No, Fortnite è uno Stato. Parallelo, extraterritoriale e chi più ne ha, ne metta.

Fortnite ha 120 milioni di giocatori, transazioni per miliardi di dollari (soprattutto per l'acquisto delle skin, i costumi digitali, e l'accesso alle battaglie, il Battle Pass) e, come asset, un valore inestimabile. Forse 20, forse 40, ma oggi forse 50 miliardi di dollari.

Domenica sera, Fortnite è scomparso. Dopo un lancio di missili virtuali è stato risucchiato in un buco nero (sempre virtuale). Ma dov'è il confine tra realtà e virtualità? Se n'è andato da un pezzo.

Per ore, milioni di giocatori hanno fissato lo schermi increduli. Scene di panico, pianto, rabbia. Ma anche attesa tra i giocatori, molti dei quali ragazzini. Tutte molto, molto reali.

La virtualità è quella cosa che – parafrasando P. K. Dick – non scompare, quando la realtà ci apre gli occhi. Ecco che cos'è Fortninùte: qualcosa che c'è, anche se non c'è.


Che cosa accadrà? Verrà lanciata una nuova versione del gioco dalla Epic Games, la casa produttrice che nel 2018 ne ha ricavato un utile di 3 miliardi di dollari? O tutto finirà così?

Di certo, oltre che una trovata di marketing sembra un enorme esperimento psicosociale. I suoi protocolli sono oscuri. Le sue finalità anche. Un enorme playtest: che Fortnite è già di per sé. In negativo secondo molti, in positivo secondo altri.

E a qualcuno ricorda già un episodio di Black Mirror, la popolare serie tv della BBC. Là erano i giocatori a rimanere intrappolati nel buco nero del videogioco. Le cose, a qualcuno, non sembrano molti diverse.

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