Welfare

Pane, fame e ogm

Oggi nel mondo ci sono 114 milioni di ettari coltivati con sementi modificate. Eppure il problema della fame è ancora a livelli del 1990.

di Redazione

Gli ogm non sono la soluzione alla crisi alimentare: questo ci insegnano la nostra esperienza e la nostra pratica quotidiana di lavoro. E questo ci insegna, tra le altre cose, anche l?analisi di alcuni dati». Attacca così Riccardo Burdese, portavoce della coalizione Liberi da ogm che raccoglie 35 grandi organizzazioni italiane, dalla Coldiretti al WWF, dalla Confartigianato alle Acli. A quali dati fa riferimento Burdese, che è anche presidente di Slow Food Italia? È lui stesso che lo spiega: «Monsanto, uno dei principali produttori di sementi geneticamente modificate, l?anno scorso ha visto salire il proprio utile netto del 44%; nel primo trimestre 2008 gli utili sono addirittura raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2007; Syngenta, altro grande player del settore, nel primo trimestre di quest?anno ha annunciato un balzo di profitti del 28% e anche la DuPont ha rivisto al rialzo la stima di crescita per il resto del 2008».

Rischio standardizzazione
In sintesi: nel periodo più critico della crisi alimentare, legata all?impennata dei prezzi delle principali materie prime agricole, le grandi multinazionali che propongono gli ogm come soluzione dei problemi, hanno registrato un balzo clamoroso dei propri profitti: non è assolutamente certo che siano risolutori del problema, è certo però che sono tra i grandi beneficiari di questa situazione.Per l?Italia e per l?Europa gli ogm non sono una soluzione perché la produzione agricola continentale riesce a essere ancora competitiva solo grazie alle sue caratteristiche di tipicità e qualità. Tutti questi aspetti distintivi verrebbero a cadere se gli agricoltori europei si affidassero alla standardizzazione che porta l?utilizzo degli ogm.

«Non si può usare demagogicamente il problema terribile della fame nel mondo per avallare operazioni commerciali di rilancio delle coltivazioni ogm»: anche per Sergio Marini, presidente di Coldiretti, la più grande associazione agricola italiana, sull?altare dell?emergenza si sta consumando un misfatto. Spiega: «Ad oggi, con la tecnologia disponibile, non risolvono il problema dell?alimentazione.

Lo dimostra il fatto che nel resto del mondo, ove non ci sono norme restrittive alla coltivazione, sono stati introdotti in pochi Paesi. Nei Paesi poveri, che speravano di risolvere le proprie difficoltà, l?effetto misurato è stato in realtà l?aumento della fame e della dipendenza economica».

Lo confermano anche in questo caso i numeri: nel mondo oggi ci sono 854 milioni di persone che soffrono la fame, un numero che non è mai calato dal 1990-1992 anche se sono aumentate le superfici coltivate con organismi geneticamente modificati, che ammontano ora a 114 milioni di ettari in 23 Paesi.

Eppure da più parti (dalla Banca mondiale al presidente degli Stati Uniti, fino all?Unione Europea) si propone con sempre maggiore insistenza la via degli ogm come una delle possibili soluzioni alla crisi alimentare internazionale. Anche José Manuel Barroso, presidente della Commissione Europea, parlando della politica agricola europea in rapporto a questo difficile momento, ha dichiarato che si deve «mantenere una politica aperta ma vigile sugli ogm, le cui coltivazioni in Europa sono limitate, al contrario del resto del mondo».

La soia ogm bocciata
Peraltro, una recente ricerca dell?università del Kansas realizzata da Barney Gordon del dipartimento di Agronomia, ha dimostrato, dopo tre anni di sperimentazione, che la soia geneticamente modificata per resistere al diserbante roundup, produce il 10% in meno rispetto a quella convenzionale, evidenziando così la minore produttività del prodotto ogm anche nei Paesi sviluppati.

«È questa una ragione in più per rispettare in Europa il principio di precauzione nei confronti dei consumatori che mostrano una forte opposizione agli ogm in agricoltura», conclude il presidente di Coldiretti. Che sottolinea: «Lo dimostra il fatto che, sulla base dei risultati di un?indagine condotta per Coldiretti da Swg, il 67% dei cittadini italiani e il 63% di quelli europei che esprimono una opinione, ritengono che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali. Intanto il neo ministro Luca Zaia non si sbilancia: «La linea del nuovo esecutivo italiano sulla questione dei prodotti transgenici deve essere ancora definita». Ma poi avverte: «Il principale obiettivo resta quello della sicurezza alimentare».

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