Donazioni

Pandoro gate, tanto rumore per nulla

A metà 2024, solo il 5% delle organizzazioni non profit dichiara di aver avuto conseguenze negative sulla propria raccolta fondi. Le aziende, in particolare, non si sono tirate indietro. La prima misurazione dell'impatto del caso Ferragni/Balocco nel rapporto "Noi doniamo" dell'Istituto Italiano della Donazione

di Sara De Carli

Sorpesa: sei mesi dopo l’esplosione dell’affaire Ferragni/Balocco, solo il 5% delle organizzazioni non profit ritiene che il “pandoro gate” abbia avuto conseguenze negative sulla propria raccolta fondi. Più di tre su quattro affermano al contrario che il caso Ferragni non ha lasciato tracce. Il temuto crollo del corporate fundraising, in particolare, non c’è stato: l’effetto negativo del pandoro gate, dove c’è, ha riguardato più i donatori privati (51%), che le aziende e le fondazioni erogative (entrambe citate dal 17% delle onp). Sono i dati che l’Istituto Italiano della Donazione – Iid, in collaborazione con CSVnet, ha raccolto fra giugno e luglio 2024 da 347 organizzazioni non profit, pubblicate nel report Noi doniamo 2024 presentato in vista del prossimo Giorno del Dono del 4 ottobre.

La fotografia annuale del dono in Italia mostra quanto il desiderio di donare degli italiani sia tenace se incoraggiato e sostenuto. Sono partner dell’Osservatorio sul dono Assif, Bva Doxa, Caritas Italiana, Centro Nazionale Sangue, Centro Nazionale Trapianti, Cmw, EuConsult Italia, F.I.Do – Fondazione Italia per il Dono, Fidas, Scuola di Fundraising di Roma e Walden Lab. L’edizione 2024 del Giorno del Dono è stata realizzata grazie al sostegno di Bper Banca, al fianco di Iid nella realizzazione dell’Osservatorio sul dono e padrone di casa dell’evento di presentazione del rapporto giunto alla sua settima edizione. In uno scenario di stallo del giving, con solo il 32% delle onp che nel 2023 ha visto aumentare le entrate da raccolta fondi (contro il 47% del 2022), Cinzia Di Stasio, segretario generale Iid, saluta con orgoglio questo impatto meno drammatico del previsto. 

Solo il 5% delle organizzazioni non profit dice che il caso Ferragni/Balocco ha avuto un impatto sulla loro raccolta fondi. Come legge questo dato?

Con questa indagine abbiamo cercato di iniziare a dare qualche elemento di lettura per quello che è successo dopo il caso Ferragni/Balocco, guardando da un lato a come il Terzo settore ha risposto e dall’altro alle reazioni dei donatori. Il fatto che il 5% delle organizzazioni dica di un impatto negativo è oggettivamente un dato limitato e non nascondo che ci aspettavamo numeri diversi, un impatto più drammatico. È vero anche che il nostro campione è limitato e che l’indagine è stata realizzata tra giugno e luglio, quindi con delle percezioni sul primo semestre del 2024 ma con i bilanci del 2023: è ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive. La nostra lettura di questo calo che iniziamo a leggere e che speriamo si mantenga limitato dice che il Terzo settore è reattivo. L’avevamo già visto durante il Covid. Oggi più di ieri il Terzo settore è dinamico e capace di reagire prontamente anche a situazioni di cronaca che possono inficiare la reputazione dell’intero settore. 

Cinzia Di Stasio, segretario generale Istituto Italiano della Donazione

Per gli esperti di reputazione nel pieno del caso Ferragni il non profit ha perso un’occasione importante per comunicare il proprio essere “differente”. Cosa ha fatto il Terzo settore per reagire?

Ha puntato ancor di più sugli elementi che possono essere messi in campo in questi casi: una comunicazione sempre più trasparente, la rendicontazione puntuale, il dialogo costante con il donatore. Infatti se noi andiamo a leggere anche i dati relativi alle criticità riscontrate dalle onp, vediamo che la perdita di donatori fedeli – sempre ma quest’anno ancor di meno – registra percentuali bassissime. Meno del 5% dei rispondenti dice che durante i dodici mesi precedenti, che comprendono anche il momento clou del “pandoro gate”, ha perso donatori fedeli. Questo significa che lavorare per costruire una relazione di fiducia con il donatore permette al Terzo settore di essere forte anche nei momenti di crisi mediatica. È un terzo settore che è riuscito a navigare nella tempesta, utilizzando come arma la corretta e puntuale informazione. 

Chi ha registrato un impatto negativo, lo ha visto soprattutto tra i donatori
privati: sono il soggetto più influenzabile?

Intanto ricordiamo che il donatore privato da sempre è la prima fonte di sostegno per il Terzo settore, quella che garantisce maggiori risorse nel tempo. Possiamo anche dire che il donatore privato più che essere quello più influenzabile è quello che ha una minore capacità di reperire informazioni a lui utili nel momento in cui succedono degli scandali, vuoi per mancanza di tempo vuoi per scarsa capacità di leggere dei documenti di rendicontazione che hanno una loro complessità. Un’azienda ha più possibilità di chiedere delle rendicontazioni puntuali sulla sua donazione: le aziende addirittura coprogettano con le associazioni, figuriamoci se non hanno a disposizione rendicontazioni dettagliate. Il donatore privato semplicemente ha bisogno di un aiuto per orientarsi – soprattutto nei momenti in cui appunto può essere maggiormente disorientato – negli strumenti a disposizione per capire se la donazione che ha fatto è andata a buon fine: ed è proprio per questo che nasce la campagna “Donare fa bene (se lo fai bene)”, realizzata da Forum Terzo Settore e Iid.

A dicembre/gennaio temevano che le aziende si ritirassero dalle partnership: che reazioni hanno avuto?

Sembrerebbe che le partnership con le aziende non siano state intaccate dalla bufera mediatica. Anche qui le previsioni che il nostro mondo faceva a Natale erano più drammatiche. Le aziende che da tempo lavorano con il Terzo settore non si sono tirate indietro. Questo è un punto da precisare: non parliamo di aziende neofite, ma di aziende che avevano già in essere rapporti con il Terzo settore. Un elemento da studiare nelle prossime edizioni dell’indagine potrebbe essere l’effetto del “pandoro gate” sulle aziende che non hanno mai fatto progetti col Terzo settore, per valutare quanto questo episodio le abbia allontanate ulteriormente. Ad oggi tuttavia abbiamo la conferma che le aziende che sono già abituate a lavorare con il Terzo settore sanno di avere davanti a sé dei professionisti e non solo dei beneficiari. Quelle tra Terzo settore e profit sono relazioni di valore sia per l’organizzazione di Terzo settore sia per l’azienda, quindi difficilmente l’azienda rinuncia a un rapporto che dà valore aggiunto anche al suo operato. Siamo orgogliosi di un settore che ha saputo comunicare all’azienda il proprio valore.

Quelle tra Terzo settore e profit sono relazioni di valore sia per l’organizzazione di Terzo settore sia per l’azienda, quindi difficilmente l’azienda rinuncia a un rapporto che dà valore aggiunto anche al suo operato.

Cinzia Di Stasio, segretario generale IID

Tutti, nei giorni caldi del pandoro gate, abbiamo avviato riflessioni sull’opportunità o meno di coinvolgere degli influencer nella raccolta fondi: dal vostro report emergono delle conclusioni in questo senso?

Sugli influencer in quel momento è stato detto di tutto. Anche noi siamo stati chiamati ad intervenire diverse volte a cavallo tra il Natale e il Capodanno 2023 e ci siamo accorti che c’è tantissima confusione sul tema. Quindi per noi come Istituto Italiano della Donazione è stato importante anche contribuire a fare chiarezza su cosa vuol dire fare delle campagne di raccolta fondi con degli influencer e la campagna “Donare fa bene (se lo fai bene)” ha anche un glossario su questo. Bva Doxa ha inserito delle domande specifiche sul tema è ha rilevato che due italiani su dieci dichiarano di aver fatto almeno una donazione convinti da una pubblicità o da un’iniziativa organizzata in collaborazione con un marchio famoso, un brand profit o un influencer. Sono i più giovani a giustificare maggiormente la presenza di testimonial o influencer nelle campagne di raccolta fondi, perché ritengono che possano ampliare la platea dei donatori. In generale però sono tutti concordi che, affinché queste collaborazioni funzionino, devono essere date informazioni chiare e dettagliate sul progetto sostenuto, sull’importo destinato al progetto, sul coinvolgimento diretto e concreto da parte del testimonial/influencer. Non si tratta quindi di demonizzare l’utilizzo di testimonial e influencer: si tratta, come si diceva prima, di fare una comunicazione chiara e trasparente da parte di tutti i soggetti coinvolti in una campagna di raccolta fondi. Ricordando che il Terzo settore ha professionisti che possono guidare anche l’azienda, il testimonial e l’influencer a comunicare correttamente quello che viene fatto.

Dicevamo di come da parte del Terzo settore nel suo insieme, nel climax della crisi, non ci sia stata una presa di posizione forte per ribadire la propria diversità o il fatto che le raccolte fondi hanno già chiare regole di trasparenza e rendicontazione, per cui non serviva nessun nuovo e salvifico ddl beneficenza (che tra parentesi non è legge come alcuni possono pensare, ma al contrario è completamente sparito dalla  scena dopo che il 12 marzo è stato assegnato alla X Commissione della Camera, che non ne ha mai avviato l’esame). Qual è l’obiettivo e l’originalità della campagna che lanciate?

Intanto la novità è che questa campagna c’è, perché una campagna diciamo pubblica sull’importanza del Terzo settore non è mai stata fatta. Per noi è una campagna molto concreta, che cercherà di dare informazioni davvero precise per orientare il donatore e renderlo consapevole e responsabile del proprio gesto di donazione. Risponde a quelle esigenze di fare chiarezza rispetto all’ambiguità di una comunicazione fatta da altri attori nelle campagne di raccolta fondi e allora abbiamo cercato dare al donatore gli strumenti per sapere dove può trovare tutte le informazioni sull’iniziativa, sul fatto che la realtà che vuole sostenere abbia rispondenza agli obblighi di legge. Gli strumenti principali che indichiamo sono due: il nostro database “Io dono sicuro” e il Runts, ancora pochissimo utilizzato in questo senso. 


Selvaggia Lucarelli al Festival del Fundraising a maggio ha detto che il pandoro gate paradossalmente farà bene al fundraising. Alla fine aveva ragione lei?

Il Terzo settore sicuramente non aveva bisogno di questo scandalo, nel senso che il Terzo settore sapeva già lavorare bene e con regole stringenti. Certo, l’impegno a comunicare sempre meglio e a stabilire delle relazioni più improntate alla trasparenza con i propri donatori c’è sempre. Più che per le nostre organizzazioni questa situazione è stata un’occasione per le aziende, che mi pare sia stata anche colta: si sono rese conto che il danno di reputazione che ci può essere nell’affiancare il proprio logo a soggetti terzi, quando si parla di raccolta fondi e beneficenza, è molto alto e quindi occorre stare molto attenti a lavorare con associazioni che lo sanno fare e che mettono a disposizione le proprie competenze perché questo è un valore aggiunto ed evita degli scandali anche per le aziende e dei danni reputazionali che poi sono difficili da arginare. Quindi è stata un’occasione soprattutto per gli altri soggetti che si relazionano con un settore che spesso viene definito “di buoni” ma con scarse capacità manageriali e di organizzazione. Non è così.

Più che per le nostre organizzazioni questa situazione è stata un’occasione per le aziende: si sono rese conto che il danno di reputazione, quando si sbaglia nella raccolta fondi e beneficenza, è molto alto e quindi occorre lavorare con associazioni che lo sanno fare

Cinzia Di Stasio

La vostra indagine annuale rileva che la raccolta fondi nel 2023 sale solo per il 32% delle organizzazioni rispondenti: erano il 47% nel 2022). Stiamo parlando dei bilanci relativi al 2023, quindi prima del “pandoro gate”, ma cosa ci dice questo dato?

Sembrerebbe indicare un calo, però vediamo anche che diminuisce pure il numero delle organizzazioni che soffrono, che passano dal 25% del 2022 al 21% del 2023. Quello che accade è soprattutto che aumenta sensibilmente il numero di onp per cui la raccolta fondi 2023 è stata stabile rispetto all’anno prima: ben il 47% contro il 28% del 2022. Rispetto alla raccolta fondi natalizia, nel 2023 è rimasta sostanzialmente invariata per un rilevante 61% dei rispondenti, aumentata per il 27% e peggiorata per il 12%. Diciamo che purtroppo non c’è una ripresa, quanto piuttosto una sostanziale stabilità. 

Le altre aree del dono

Il rapporto annuale “Noi doniamo”, curato dall’Istituto Italiano della Donazione indaga tutte le tre dimensioni del dono: di denaro, di tempo e biologica. Se il 2020 è stato l’anno in cui la pandemia ha generato una reazione solidale, il 2021 è stato invece caratterizzato da difficoltà sia sul fronte dell’impegno economico che di quello del volontariato. Nel 2022 si sono visti i primi segnali di ripresa in tutte le dimensioni del dono, segnali che per certi versi vengono confermati nel 2023, anno di riferimento di questa edizione, benché i livelli pre-pandemici siano ancora lontani.

Donazioni economiche

Sul fronte del giving, la “ripresina” delle donazioni prosegue in leggera salita. Istat registra una diminuzione dal 12,8% dell’anno precedente all’11% del 2023 del numero di cittadini che affermano di aver donato denaro almeno una volta ad un’associazione. Contestualmente per BVA Doxa assistiamo ad un aumento del 5% delle donazioni informali (donazioni che non transitano attraverso gli enti non profit), nonché di una diminuzione del 4% dei non donatori, ad associazioni e non, che sono passati dal 37% del 2022 al 33% nel 2023. Tra le cause più sostenute, Bva Doxa evidenzia al primo posto la ricerca medico-scientifica (38%), al secondo posto gli aiuti umanitari/emergenza, inclusi Ucraina ed Emilia-Romagna (35%), al terzo la povertà in Italia (19%). Nel 2023 cresce la quota di coloro che nei dodici mesi precedenti hanno effettuato almeno una donazione informale, passando dal 50% al 55%: l’ambito che registra una crescita maggiore è l’elemosina alle persone bisognose (+4 punti percentuali) che arriva così al 19%. 

Volontariato in calo ma aumentano i giovanissimi

L’Istat certifica che nel 2023 il volontariato ha subito una diminuzione passando dall’8,3% del 2022 al 7,8% della popolazione. In numeri assoluti contiamo un calo di 950mila volontari. I volontari maschi sono 2,69 milioni contro 1,92 di volontarie femmine. La quota più alta di volontari si registra fra coloro che hanno tra i 60 e i 64 anni (9,7%), ma è interessante e in controtendenza la crescita dei volontari giovanissimi nella fascia 14-17 anni: passano dal 3,9% del 2021 al 6,4% del 2022 per arrivare al 6,8% nel 2023.

Prosegue la crescita delle donazioni biologiche

Nel 2023 c’è una lieve crescita del numero di donatori e delle donazioni di sangue: +20mila donatori (da 1.657.033 a 1.677.698) e +36mila donazioni, crescita che ha permesso il superamento della soglia dei 3 milioni di donazioni. Nel 2023 è tornata a crescere la quota dei donatori di sangue e plasma fra i giovani: il 50,7% del totale tra coloro che hanno dai 18 ai 45 anni, anche se nel 2018 erano il 55%.  Le attività di trapianto contano 4.502 registrazioni di organi trapiantati nel 2023. Prendendo a riferimento il tasso di donazione per milione di popolazione, le regioni con i dati più alti sono l’Emilia-Romagna (51,1%), il Veneto (46,4%), la Toscana (45,6%) e la Valle d’Aosta (40,5%). 

Il rapporto è stato presentato giovedì 26 settembre a Milano, nella sede di Bper Banca, in vista del Giorno del Dono 2024 previsto per legge il 4 ottobre di ogni anno. «BPER Banca sostiene con convinzione l’edizione 2024 del Giorno del Dono», dichiara Daniele Pedrazzi, responsabile di Bper Bene Comune. «Il nostro supporto all’Osservatorio sul dono rientra nel più ampio programma di iniziative di Bper Bene Comune, l’unità dedicata alla Pubblica amministrazione e al Terzo settore che persegue la creazione di valore sociale a favore della comunità. Grazie alla collaborazione con enti come l’Istituto Italiano della Donazione, promuoviamo azioni sinergiche per contribuire alla concreta affermazione di una società più equa, inclusiva, sostenibile e coesa».

Il rapporto completo è scaricabile qui e conta sulla collaborazione di diversi enti ed esperti sul tema. Gli approfondimenti tematici sono stati curati da Valeria Reda – Bva Doxa; Sabrina Stoppiello – Istat; Nicola Corti – Fondazione Italia per il Dono; Francesco Stefanini – Caritas Italiana; Andrea Romboli – Associazione Italiana Fundraiser; Massimo Coen Cagli – Scuola di Fundraising di Roma; Paolo Anselmi – Università Cattolica di Milano; Felice Moscato – Fidas. L’evento del 26 settembre, dalle ore 11, potrà essere seguito anche in live streaming sul canale youtube: https://www.youtube.com/@IstitutoDonazione

Foto di Claudio Furlan/Lapress

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