Famiglia

Pancalli: così lo sport mi ha restituito il corpo

Il neo commissario della Figc a cuore aperto: "Vi racconto la mia storia"

di Carmen Morrone

Luca Pancalli, traghettatore. Lui ha portato la Fisd – Federazione italiana sport disabili, nata nel 1990 sulle orme della Fisha e prima ancora dell?Anspi, a diventare Comitato paralimpico nel 2004. E adesso toccherà a lui condurre fuori dagli scandali il gioco del calcio. «Nella mia vita le sfide non mi hanno mai spaventato. Da uomo di sport mi alleno per vincere anche questa gara», spiega a Vita. E nessuno ne dubita. Pancalli è stato atleta e paratleta prima di essere nominato a capo della Fisd. «È stato un passaggio naturale. Quando dal punto di vista agonistico hai dato il massimo, hai voglia di metterti a disposizione per far crescere lo sport. Insomma, sentivo che potevo restituire allo sport ciò che lo sport mi aveva dato». La Fisd degli anni 90 riuniva qualche migliaio di tesserati. Lo sport praticato dagli atleti disabili non era conosciuto né dal grande pubblico, né da chi per un incidente o per malattia perdeva l?uso degli arti. La riabilitazione di queste persone passava dalla fisioterapia e dall?individuale (e solitario) riappropriarsi di un corpo che non era più lo stesso di prima. «Quando mi vidi per la prima volta sulla sedia a rotelle, non volevo pensare che quello sarei stato io per il resto della mia vita. L?attività fisica aiuta a riappropriarsi del proprio corpo e della propria identità. Con il tempo, con l?aiuto dei medici e della famiglia capisci che puoi fare le stesse cose di prima anche se cambiano tempi e modalità. Ciò significa avere un lavoro, una vita privata, amicizie, amori». «Trascorsi tutto il 1982 al centro di Bad Haring in Austria dove facevano una riabilitazione innovativa. Sono dovuti passare molti anni, però, prima che anche in Italia si cominciasse a parlare di sport terapia». Così nelle unità spinali degli ospedali – due citazioni per tutte, i pionieri Santa Lucia di Roma e Niguarda di Milano – si inizia a far praticare nuoto, tennis tavolo, arco. In alcuni casi si scoprono talenti sportivi che diventano veri e propri atleti. Ma non è una svolta solo agonistica. Il movimento paralimpico, dunque, come movimento di pensiero. E qui si collega anche la sua passione per il diritto: «Come legale mi sono sempre occupato dell?affermazione dei diritti dei disabili. In Italia ci sono diverse disposizioni di legge in diversi ambiti, come quello lavorativo, formativo, scolastico. Dal punto di vista delle barriere architettoniche c?è ancora molto da fare. Essendo una vetrina, lo sport agonistico degli atleti disabili può contribuire a far conoscere queste persone non solo nelle loro performances sportive ma anche nella loro vita di ogni giorno». Una delle recenti battaglie di Pancalli è quella dell?equiparazione tra i due mondi sportivi: normodotati e disabili. «I nostri atleti paralimpici devono conciliare i tempi del lavoro e degli allenamenti. In Italia da sempre gli atleti normododati hanno una corsia preferenziale per essere assunti nelle Forze dell?ordine dove lavorano, ma hanno anche la possibilità di organizzarsi i tempi di allenamento e soprattutto di gare. Chi l?ha detto che anche un atleta paralimpico non possa far parte di questi Corpi in mansioni di ufficio?».


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