Non profit

Palinsesti Rai: spicca l’assenza del Terzo settore

I palinsesti Rai presentati ieri a Milano prevedono moltissime conferme rispetto alla stagione passata, quasi una programmazione fotocopia, peraltro senza aver dato nessuna risposta all'impegno richiesto dal contratto di servizio sulla necessità di prevedere maggiori spazi per tematiche come il sociale, il terzo settore, l'ambientalismo, la tutela dei consumatori

di Michele Anzaldi

I palinsesti Rai presentati ieri a Milano prevedono moltissime conferme rispetto alla stagione passata, quasi una programmazione fotocopia, peraltro senza aver dato nessuna risposta all'impegno richiesto dal contratto di servizio sulla necessità di prevedere maggiori spazi per tematiche come il sociale, il terzo settore, l'ambientalismo, la tutela dei consumatori.

Conduttori, artisti, giornalisti: non c’è stata alcuna fuga, sebbene qualcuno paventasse chissà quali danni dall’applicazione del tetto da 240mila euro. Ora sarà interessante capire come la Rai intende applicarlo e se rispetterà le leggi.
Il caso che più ha creato sconcerto, in questi giorni, ha riguardato il via libera al contratto a Fabio Fazio: il compenso del conduttore, secondo le notizie riportate dalla stampa e non smentite, è passato da 1,8 milioni annui a 2,8, per un totale di quasi 12 milioni per quattro anni, più altrettanti milioni per la produzione.

Peraltro il contratto ha alimentato dubbi sull’insolita durata di 4 anni e sull’affidamento parziale dell’appalto di produzione della trasmissione di Fazio ad una società non ancora costituita, di cui sarebbe socio lo stesso conduttore.
È difficile capire come questo maxi aumento del 50% possa essere mascherato dai vertici Rai addirittura come una riduzione, e soprattutto non si capisce come possa essere compatibile con l’annuncio di voler tagliare di almeno il 10% tutti i compensi sopra ai 240mila euro. Lo vedranno le autorità competenti nelle prossime ore. La conferma di numerosi giornalisti e conduttori non dipendenti dell’azienda, però, lascia pensare che l’azienda abbia deciso di applicare con rigore il tetto: se sono rimasti di fronte a chiare leggi dello Stato, vuol dire che hanno accettato il taglio.

Per quanto riguarda i giornalisti, infatti, l’art.9 comma 1 della legge 26 ottobre 2016 n.198 è chiaro: stabilisce che il tetto non si applica a quei professionisti “la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate”, cioè notai, avvocati, ingegneri, architetti ecc. Tutte le prestazioni giornalistiche, invece, sia quelle dei dipendenti sia quelle dei collaboratori esterni, devono essere vincolate al tetto stabilito dalla nuova norma.

Anche per i conduttori non giornalisti delle trasmissioni-contenitore confermate in palinsesto vale la regola del tetto di 240.000 euro. Il parere fornito dal’Avvocatura Generale dello Stato è chiarissimo: il tetto può essere derogato soltanto se “nel rispetto dei principi di contabilità separata, la prestazione abbia effettivamente natura artistica”.

L’automatica equiparazione conduttore-artista avrebbe del resto rappresentato una gravissima violazione di legge, con le inevitabili conseguenze di natura amministrativa e penale per il direttore generale e per il Consiglio di amministrazione che ha poteri di vigilanza e controllo sugli atti gestionali.

Grazie alla buona volontà di tutti l’indicazione di un tetto ai contratti del servizio pubblico radiotelevisivo che tiene conto dei sacrifici di cui si stanno facendo carico tutti gli italiani, nel difficile momento economico che il Paese ha attraversato negli ultimi anni, non ha determinato, a dispetto delle Cassandre degli ultimi mesi, alcun impoverimento dell’offerta editoriale della Rai, che può confermare la sua competitività sul mercato televisivo.

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