Giornata della Memoria

Palermo, la storia di Liliana Segre fa vibrare il cuore di 2mila giovani

Chi è sopravvissuto ai campi di concentramento ancora oggi fa fatica a far comprendere del tutto l'orrore che faceva parte della quotidianità di milioni di prigionieri nei campi di concentramento. Grande, quindi, il merito di farlo arrivare ai più giovani, come quelli che oggi hanno riempito il Teatro Massimo di Palermo. Circa 2mila studenti, usciti con gli occhi luccicanti, grazie al monologo di Margherita Mannino, tratto dal libro di Liliana Segre “Fino a quando la mia stella brillerà”

di Gilda Sciortino

Ti sembra di avere letto e sentito tutto dell’orrore vissuto con l’Olocausto dal popolo ebreo nei campi di concentramento, ma ecco che si apre il sipario e, come per magia, le pagine della storia cominciano a prendere vita attraverso le parole di Liliana Segre, arrivando a rinnovare un dolore che non potrà mai avere fine nella notte dei tempi.

Parole che, sul palcoscenico del Teatro Massimo di Palermo, hanno tenuto inchiodati sulle poltrone, in due turni di oltre un’ora ciascuno, circa 2mila ragazzi delle scuole medie e superiori di Palermo e provincia, facendo vibrare di reale commozione tutta la platea. Empatia da brividi arrivata come una scarica elettrica grazie a questo spettacolo tratto dal libro “Fino a quando la mia stella brillerà” che, attraverso un linguaggio coinvolgente e adatto a un pubblico di ragazzi, ripercorre la vicenda toccante della bambina ebrea sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz che oggi, senatrice a vita, si dedica alla testimonianza dell’Olocausto soprattutto tra i ragazzi.

Vedere che i giovani si emozionano al punto tale da stare in religioso silenzio davanti a una storia che non appartiene al loro tempo, mi fa credere che il futuro, nelle loro mani, possa non ripetere tragici errori come quello dell’Olocausto

Margherita Mannino, attrice

Un’infanzia felice e spensierata quella raccontata da una Liliana bambina, che cede il passo a un’adolescenza stravolta da un viaggio al limite della sopravvivenza e di una prigionia che si fatica a immaginare ma che, grazie a testimonianze come la sua, riescono e prendere vita trasformandosi in immagini che non hanno pari in nessun  girone dell’inferno.

Dolci affetti che creano famiglia

Una casa grande e bella, in corso Magenta, nel centro di Milano, quella che il regime poi sequestrerà alla famiglia Segre, dalle cui finestre entrava una luce che abbagliava un lungo corridoio, diventato ogni giorno sempre più corto. Ha quattro anni, Liliana, quando l’amata nonna Olga invita le amiche per l’ora del tè a gustare gli speciali dolci che la golosissima nipotina ogni volta intercetta, piluccando, assaggiando e riducendo le squisite torte. Delizie che, nel campo di  concentramento, saranno un lontano ricordo tanto qualunque cosa, anche un pezzettino di carota donato da una sconosciuta, apparsa all’improvviso nel capannone che Liliana condivideva con le sue compagne di dolore, avrà quasi il sapore del dolce della domenica in famiglia.

Liliana e Alberto Segre

Ma più del triciclo sul quale attraversava il luminoso corridoio, più delle torte di nonna Olga, a guidare Liliana sin da quei suoi gioiosi 4 anni, sin da quando a 7 anni le viene prima impedito di seguire la lezione di religione, poi direttamente di andare a scuola “sol perchè ebrea”, sarà il padre, buono, dolce, forte, bello. Un amore che appartiene ad altre dimensioni, andando oltre le stelle, e che, come recita il titolo del libro che ispira lo spettacolo, brillerà sino a quando la vita di Liliana illuminerà come un astro chiunque avrà la fortuna di incontrare la bellezza e potenza della sua anima.

Protagonista del racconto è l’attrice Margherita Mannino, in una messa in scena che conta sulla drammaturgia di Daniela Palumbo, che firma il libro insieme alla Segre, e la regia di Lorenzo Maragoni per il quale “lo spettacolo vuole consegnare alle nuove generazioni la memoria di quello che è stato possibile lasciar accadere, avviandole alla responsabilità di decidere, come gli adulti di domani, quello che accadrà”.

«Se pensiamo che Liliana Segre ha cominciato a raccontare la sua storia dopo 40 anni dal suo tornare alla vita, possiamo comprendere l’enormità di quanto umanamente accaduto», commenta Mannino. «C’è, infatti, chi sostiene che coloro che sono tornati dai campi di concentramento riportano il 70% di quello che hanno visto e vissuto, quindi ci sarà sempre qualcosa che morirà con loro. Sono felice del feedback che arriva ogni volta, e che è giunto anche oggi, dai ragazzi in platea e sui palchi. Quello che vorrei è che tutto questo possa tornare utile al futuro, perché stiamo vivendo in un’epoca in cui rischiamo che si ripetano orrori che pensavamo consegnati alla storia».

Un messaggio tanto forte da essere compreso e fatto proprio da chi in platea ha trattenuto il fiato sino alla fine nel rispetto di una storia che rende omaggio e merito a quanti non hanno mai fatto ritorno a casa, ma anche a tutti quelli che hanno resistito sino alla fine, trovando una forza che non sapevano di possedere.

«Liliana aveva la mia stessa età quanto viveva tutto questo», afferma Antea Sanfratello, tredici anni, della I/D del liceo “Damiani Almeyda” di Palermo -, «e non so proprio se sarei riuscita a superare tutto quello che ha vissuto lei. Il suo spirito, la sua voglia di vivere è veramente ammirabile. Per me questa giornata è importante perché, dopo tutto quello che è successo, la segregazione, ma non solo degli ebrei, di tutte le minoranze, quanto è accaduto, non dovrà mai più accadere nel futuro. Non dobbiamo più vivere queste crudeltà».

«Questa è una storia che ha fatto luce in me facendomi capire che abbiamo la forza per andare avanti e superare ciò che non va» aggiunge Giorgio Sirchia, tredici anni, della scuola secondaria di primo grado “Marconi” di Palermo. «Dobbiamo portare rispetto a tanti altri protagonisti di storie come quella di Liliana Segre perchè sono state atrocità che non possono essere dimenticate».

Quando l’amore nutre la vita

Memoria che, una volta sopravvissuta, Liliana desiderava cancellare. Dimenticare un tale dolore che nessuno nella propria vita può avere mai vissuto e provato.

Una voragine colmata solo da una voracità che, a un superficiale giudizio, può essere attribuita alla fame sofferta nel campo di Auschwitz, ma che affonda in ben altri abissi. Sarà, però, l’incontro con Alfredo, l’amore della sua nuova vita, incontrato per caso in una calda giornata estiva trascorsa al mare una volta tornata a Milano, che le ridarà speranza. Sarà quel tipo di amore che cura, che muove le montagne, che la proteggerà dai ricordi bui e le ridarà speranza.

Un tema, quello che viene sviscerato in date come quella odierna attraverso la memoria, che impegna ogni anno gli stessi insegnanti per giungere preparati anche loro a eventi del genere che vanno oltre la mera celebrazione.

«È un argomento che chiaramente i ragazzi hanno affrontato in classe perché il tema dell’antisemitismo prescinde da un’unica data», spiega Alessandro Viggiano, docente di sostegno del “Damiani Almeyda”. «In modo particolare, durante tutto l’anno parlano e riflettono sulle discriminazioni, il bullismo, il cyberbullismo, temi di enorme importanza anche perchè estremamente contemporanei».

Sul palco Margherita Mannino

«Cosa direi a qualcuno che non ha mai visto lo spettacolo? Che bisogna sapere, fare memoria. Bisogna essere coscienti di cosa ha significato tutta la sofferenza causata al popolo ebraico», si anima Francesca Di Benedetto, 17 anni, della III/C dell’alberghiero “Danilo Dolci” di Partinico, in provincia di Palermo. «Io mi sono emozionata tantissimo e ho riflettuto profondamente sul fatto che siano fortunati. Siamo stati fortunati a non vivere quello che hanno subito le persone come Liliana Segre, bambini e bambine ai quali è stata brutalmente negata l’infanzia. Ecco perchè ricordare può evitare di fare analoghi sbagli».

Le foto sono dell’autrice del servizio

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