Welfare
Palavobis e dintorni. Ma quelli erano i soliti retini
Una riedizione della Rete di Nando della Chiesa. Questa è stata la manifestazione di Milano. La prova? i temi sociali sono tabù
Al Palavobis di Milano, sabato 23 febbraio, è tornato a rivivere (anche se forse solo per un giorno) un partito che formalmente si è sciolto da molti anni, la Rete. Quella formazione politica che, nata nel 1992, quando in Italia stava venendo giù tutto, era stata lanciata per «rinnovare la politica» (o meglio per «rivoltarla come un calzino») e che, in pochi anni, si esaurì e sparì tra le reciproche accuse dei suoi padri fondatori. Che venivano da diversi partiti, esperienze e movimenti, ma che non riuscirono a resistere a lungo nello stesso movimento, diventato troppo piccolo e velleitario. Nando dalla Chiesa, allora candidato sindaco a Milano contro Marco Formentini, e oggi ideatore della manifestazione di sabato scorso. Claudio Fava, che si era dato (con successo: è sua la sceneggiatura dei Cento passi) al cinema, è europarlamentare, ma in Sicilia ha fatto scendere i Ds ai minimi storici. Di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo tre volte, si sono perse le tracce (almeno politiche). Si diceva volesse un posto all?Onu, chissà. Obiettivo, ricostruire una nuova ?rete? che colleghi la (nuova?) società civile alle mogli e cognate di Vecchioni e Moretti, ai ?girotondi?, ai coordinamenti dei comitati e a quel che resta dell?Ulivo.
Le terze file
La di nuovo battagliera sinistra Ds, i microscopici Verdi, i nostalgici Comunisti italiani, i Popolari duri e puri. Alla bisogna, servono tutti: attori, cantanti, registi, scrittori, ex potenti Rai e persino qualche uomo politico. Da Giovanni Berlinguer ad Alfonso Pecoraro Scanio, da Oliviero Diliberto a Rosy Bindi, infatti, sembrano le seconde (e terze) file del centrosinistra i più entusiasti promotori e sostenitori della nascente (o forse già nata) Casa delle solidarietà. Al loro fianco, anzi in prima fila, una lunga e impressionante teoria di colleghi della carta stampata, conduttori e autori tv, editorialisti, opinionisti. Alcuni presenti per dovere, molti per piacere. A un certo punto il palco era solo per loro: Paolo Flores d?Arcais (Micromega), Marco Travaglio (la Repubblica) e Furio Colombo (Unità). Mancavano il manifesto e Liberazione, è vero, per completare la mazzetta dei giornali di sinistra, ma questi, che pure avevano scelto la linea del «né aderire né sabotare», si sentivano più a loro agio dall?altra parte di Milano, in una sala della Provincia, a discutere con Agnoletto e Bertinotti di Porto Alegre, davanti a decine di ragazzi che si sentono, un po? pomposamente, ?reduci di Genova?, nonostante l?età.
Ma era il Palavobis, però, e non la sala della Provincia, che quel giorno straripava in ogni ordine di posti in nome di quella che, dieci anni fa, veniva detta ?l?antipolitica?. Quella delle avanguardie cammellate di Tonino provenienti da ogni regione d?Italia («Tonino la Puglia è con te», «Tonino, la Basilicata ti ringrazia», come ai bei tempi dei congressi diccì, quando il Mastella di turno faceva piombare tra attoniti delegati intere falangi sannitiche in regolare assetto di guerra pronti a votare questo o quello). Quella di molti signori e signore forse non per forza ?bene?, ma che si sentono molto ?perbene? e se ne compiacciono assai nel gridare (a se stessi) «Resistere, resistere!».
Eccola, la nuova politica che si mischia alla vecchia e vota con l?applausometro: così, per un Diliberto cui scappa un «Voi qui siete come noi!» e viene sommerso dai fischi, c?è un Di Pietro che, via la giacca, salta sulle transenne da torero di nuovo vincitore, per un indispettito e pomposo Zaccaria che strepita nel retropalco contro la Dandini che gli ha tolto il proscenio, c?è un Dario Fo che fa ridere solo se attacca D?Alema.
Ecco, appunto, Massimo D?Alema, questo Togliatti in sedicesimi che, al Palavobis, è forse più odiato di Berlusconi e che viene trafitto e svillaneggiato da tutti i presenti, novello san Sebastiano che, nel passato come nel presente, non ne azzecca mai una. D?Alema, sempre D?Alema, che quel giorno era andato a visitare Sofri in carcere, e che ha accettato invece l?invito dei professori fiorentini, due giorni dopo il Palavobis.
Ma chi le ha dette cose particolarmente di sinistra, escluso Francesco Pardi detto ?Pancho?, il geografo che, a piazza Navona come al Palavobis, scatena ovazioni a scena aperta? Paco sì che le conosce le parole ?lotte sociali?, ?sciopero?, ?nuove forme organizzative?. E chi altri?
Troppo infelici
Sabato 23, al Palavobis, è passata di nuovo di moda la politica ed è andata in onda, perfetta nei suoi tempi e nelle sue regole televisive e massmediatiche, l?antipolitica, versione rabbiosa e radicale, ma elegante e agiata. Quella di una generazione che ha passato i trent?anni ma non ne ha ancora cinquanta, che non si sente più giovane ma nemmeno vecchia, che non è straricca ma non è povera, che non è mai stata fascista ma nemmeno comunista, che non c?era a Genova, ma che crede nell?integrazione, che non inneggia al liberismo, ma ripugna lo statalismo, che odia ladri e santi, vuole solo eroi. Laici e, possibilmente, belli. Meglio se magistrati, ma funzionano anche architetti, imprenditori, attori, registi. Donne (e uomini) che non hanno cambiato il mondo e forse neppure volevano farlo, ma che non amano il mondo in cui vivono, insoddisfatti anche quando sono felici.
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