Non profit

Paideia dà una casa ai bimbi maltrattati

Con l'aiuto dei Rotary, una villa ad Avigliana e un'équipe di esperti per il recupero delle vittime di abusi

di Redazione

Dove – e soprattutto come – curare le ferite di bambini abusati e maltrattati? La Fondazione Paideia di Torino ha presentato un progetto all’avanguardia: una comunità per minori in cui un’équipe mista di educatori, psicologi, psicoterapeuti si occuperà della “decompressione” dell’evento traumatico, e quindi del sostegno verso il pieno recupero psicofisico dei minori.
La comunità sorgerà in una villa d’epoca ad Avigliana, a una ventina di chilometri dal capoluogo piemontese, ai piedi della Valle Susa. Ha una capienza massima di dieci posti (per bambini tra gli 8 e i 13 anni) e potrà ospitare – nell’ambito di una prospettiva di cura allargata – fino a due nuclei di mamme con bambini da 0 a 4 anni. Per la realizzazione della struttura e lo sviluppo del progetto la fondazione ha investito oltre un milione di euro (e ha coinvolto anche 31 Rotary Club di Torino e provincia, che hanno donato 100mila euro per sostenere lo start up).
Un investimento significativo, quello di Paideia, coerente con il suo storico impegno al fianco dei minori in difficoltà, che in questi anni si è tradotto in diverse esperienze innovative come l’affido tra famiglie. «Questa volta abbiamo inteso operare con un approccio ripartivo», spiega Fabrizio Serra, segretario generale della fondazione, «quando il maltrattamento richiede l’allontanamento del minore dalla sua famiglia d’origine».
Alla comunità di Avigliana i bambini potranno contare su un progetto sperimentale che prevede una presa in carico sia educativa sia clinica. «Il sostegno, così strutturato, sarà garantito da uno staff della cooperativa Paradigma, partner del progetto». L’intervento clinico non si limiterà al sostegno individualizzato del bambino, ma anche della sua famiglia d’origine. «E quando sarà possibile, se le condizioni che hanno generato il maltrattamento saranno superate, si potrà anche sostenere il rientro in famiglia».
L’obiettivo che la fondazione si pone va oltre: «Attraverso questo progetto intendiamo far crescere la cultura della prossimità», prosegue Serra. Il bisogno infatti è più che mai concreto: in Piemonte oltre 2mila minori vivono al di fuori della loro famiglia d’origine.
«Grazie alla collaborazione con il consorzio dei servizi della Valle Susa abbiamo messo a punto una ricerca che fa il punto sulle paure e le difficoltà degli studenti del territorio, con un focus specifico dedicato alla situazione dei ragazzi presi in carico dai servizi. Il lavoro conclusivo su questa indagine sfocerà in un’azione di sensibilizzazione presso la comunità, in modo che la pratica dell’accoglienza e della solidarietà comincino a far parte del quotidiano di tutte le famiglie».

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