Cultura

Padre Sorge: legge sull’immigrazione ci ferisce

Una brutta legge, con norme razziste e discriminatorie secondo il gesuita, direttore della rivista Popoli

di Emanuela Citterio

“Gli immigrati sono uomini come noi, hanno la nostra stessa dignità, i nostri medesimi diritti. Sono figli di Dio e fratelli nostri. Ecco perché oggi questa legge ci ferisce, come ci ha ferito il disprezzo del Sindaco di Treviso per i marocchini accampati sul sagrato del Duomo (cfr Il Corriere della Sera, 26 agosto 2002). Ce ne vergogniamo come italiani e come cristiani”. Non usa mezzi termini padre Bartolomeo Sorge, gesuita e direttore del mensile Popoli. Dalle colonne della sua rivista interviene in occasione della giornata mondiale per le migrazioni, che la Chiesa celebra ogni anno in novembre. Una festa, quella di quest’anno, “funestata dal numero crescente di immigrati annegati sulle nostre coste” denuncia padre Sorge, ricordando il lungo elenco di persone morte nelle tragedie degli ultimi mesi. “Tuttavia, un altro evento contribuisce a rendere triste in Italia la Giornata mondiale del 2002: l?entrata in vigore della legge Bossi-Fini in materia di immigrazione e di asilo” dice il gesuita. “Nessuno nega che il fenomeno migratorio va regolato, nell?interesse stesso di chi è disperatamente alla ricerca di lavoro e di una vita più degna. Ma la soluzione non sta nel chiudere i cuori e le frontiere con il gelido distacco che questa brutta legge ostenta. La nostra coscienza si ribella di fronte a norme razziste e discriminatorie come il rilievo delle impronte digitali e l?abolizione dello sponsor, e ancor più di fronte allo ?spirito? mercantile di cui la legge è impregnata. L?immigrato è una persona, non è mera forza-lavoro da sfruttare se e finché produce, e da buttar via quando non serve più! Ciò è indegno sia della visione cristiana dell?uomo, sia della tradizione di alti valori morali di cui l?Italia va giustamente fiera”. Padre Sorge cita le parole del Papa: “Gli stessi clandestini, che rischiano a bordo di navigli di fortuna – ha detto il Papa all?Assemblea del Pontificio Consiglio per i migranti (29 aprile 2002) – non devono essere abbandonati a se stessi”. Il direttore di “Popoli” accusa la legge di insensibilità ed egoismo e sottolinea la problematica irrisolta del diritto di asilo. “E’ inaccettabile che tutti i clandestini siano ritenuti invasori e delinquenti, spesso senza distinguerli dai rifugiati, che fuggono per sottrarsi alla persecuzione politica o a crudeli conflitti etnici e religiosi. Certo, lo Stato deve tutelare la sicurezza dei cittadini da eventuali infiltrati malavitosi. Tuttavia, il problema – data la sua complessità e le sue dimensioni – non si risolve considerando reato la clandestinità o ributtando in mare gli immigrati, bensì regolando e orientando i flussi migratori a livello nazionale e internazionale, aiutando i Paesi poveri a svilupparsi e mediante accordi con i governi dei luoghi di provenienza per prevenire la vergognosa tratta dei clandestini e punire severamente i moderni mercanti di schiavi”. Padre Sorge conclude il suo editoriale con un impegno preciso e provocatorio: “continueremo ad accogliere a braccia aperte i poveri che busseranno alla nostra porta in cerca di aiuto. Lo faremo senza chiedere le impronte digitali o se hanno il permesso di soggiorno. Basta la parola di Cristo: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l?avete fatto a me”.


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