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Padre Luca Bovio: «L’Ucraina al buio e al freddo, il Paese non deve essere dimenticato»

Padre Luca Bovio, missionario della Consolata di Varsavia e responsabile della conferenza episcopale della Polonia, domani 19 novembre nella chiesa di San Pietro Martire a Monza, durante l’incontro "Winter Challenge, scaldiamo il gelo di Kharkiv", porterà la testimonianza della sua ultima missione nella città. L'evento è organizzato dall’associazione Eskenosen, i promotori dell’iniziativa hanno aperto una raccolta fondi e stanno raccogliendo stufe a legna, generatori e materiale di falegnameria per installare pannelli di legno alle finestre

di Redazione

Padre Luca Bovio è missionario della Consolata di Varsavia e responsabile della conferenza episcopale della Polonia, dopo l'invasione russa dell'Ucraina ha viaggiato nel Paese per portare assistenza e aiuti umanitari. La scorsa settimana è rientrato in Polonia dopo una missione in diverse città del Paese, tra cui Kharkiv. Domani 19 novembre porterà la sua testimonianza nella chiesa di San Pietro Martire a Monza durante l’incontro "Winter Challenge, scaldiamo il gelo di Kharkiv", organizzato dall’associazione Eskenosen, una piccola organizzazione nata a Como che offre ospitalità ai migranti.

L’azione “Winter Challenge” nasce per aiutare le famiglie ad affrontare l'inverno in una situazione ad altissimo rischio di mancanza di energia. L’organizzazione sta raccogliendo stufe a legna, generatori, materiale di falegnameria per installare pannelli di legno alle finestre delle abitazioni, i promotori dell'iniziativa hanno aperto una raccolta fondi. Il denaro raccolto sarà inviato al direttore della Caritas di Kharkhiv, tramite Padre Luca Bovio.

«Nell’ultimo viaggio in Ucraina», racconta Padre Luca «io e il gruppo che era con me ci siamo trovati davanti un Paese senza luce». Il 40 % della produzione di energia in tutto il paese è fuori uso a seguito degli attacchi avvenuti alle centrali elettriche.

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«Nella nostra missione», continua, «abbiamo visitato prima la città di Lutsk, che pur trovandosi lontano dai territori dei conflitti che avvengono ad Est e a Sud del Paese, è stata colpita le scorse settimane per danneggiare la centrale elettrica. Qui la questione più grande che si deve affrontare è l'accoglienza dei profughi arrivati dall'Est del paese. Ogni settimana presso il centro della Caritas della diocesi vengono distribuiti aiuti per oltre 300 nuclei familiari».

«Poi ci siamo fermati a Kiev», aggiunge padre Luca nel suo racconto, «i grandi quartieri della città fanno i turni per ricevere la corrente. Ma è stata Kharkiv la tappa principale della nostra missione, la città è all’estremo est del paese a soli 30 km dal confine con la Russia. Prima dello scoppio del conflitto, Kharkiv contava più di 3 milioni di abitanti, oggi poco più di un milione. Qui gli attacchi sono quasi ininterrotti da febbraio e la città, così come la provincia, mostra tutte le sue ferite. Quando arriviamo la città è completamente al buio non solo a motivo del razionamento elettrico, ma anche e soprattutto per non dare riferimenti agli aggressori che sono stati respinti fino al loro confine. A settembre erano arrivati a soli 10 km dal centro città per essere poi respinti di nuovo indietro».

«È Don Wojciech, sacerdote polacco che lavora qui da 6 anni, il direttore diocesano della Caritas, che gestisce la distribuzione degli aiuti alla popolazione. Tanti nuclei familiari grandi, composti dai nonni, dai genitori e da bambini, a volte anche molto piccoli, vivono nelle cantine. Una signora ci ha raccontato che il suo appartamento al sedicesimo piano è del tutto senza finestre distrutte dall’onda d’urto delle esplosioni. Se anche le finestre fossero intere o riparate, lei sceglierebbe comunque di stare in cantina perché i piani alti dei palazzi sono quelli più esposti alle esplosioni». A Kharkiv la Caritas distribuisce ogni pomeriggio aiuti a più di 2000 persone. «L’inverno è solo all’inizio», dice padre Luca, «e qui si ha bisogno di tutto l’aiuto possibile».

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