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“Padre Dall’Oglio è stato visto vivo ad agosto 2015”

Il presidente dell'Osservatorio nazionale siriano cita la testimonianza di "due disertori di Isis" e riaccende la speranza di trovare ancora in vita il religioso gesuita rapito a Raqqa nel luglio 2013, noto per il suo impegno pluridecennale nel dialogo interreligioso, in particolare nel monastero Mair Musa, che ha fondato in Siria nel 1982

di Daniele Biella

C’è forse una luce, flebile, in fondo al tunnel. Che alimenta la residua speranza di vedere di nuovo abbracciato dai suoi cari il padre gesuita Paolo Dall’Oglio, uomo di fede e sapienza che ha dedicato gran parte della sua vita al dialogo interreligioso islamo-cristiano ma che manca dal 31 luglio 2013, quando venne rapito da ignoti – le ipotesi più verosimili parlano di estremisti islamici legati ad Al Qaeda – nella zona di Raqqa, Siria, dove si trovava per aiutare nella mediazione per la liberazione di un gruppo di ostaggi detenuti da una delle fazioni ribelli al regime di Bashar Al Assad. Zona che Dall’Oglio conosceva bene, così come la “sua” Siria, che l’accolto 40 anni prima quando fondò il monastero ecumenico Deir Mar Musa, nel deserto roccioso a nord di Damasco. Colpito da espulsione da parte dello stesso Assad nel 2012 proprio per il suo attivismo, Dall’Oglio ha comunque tenuto saldi i rapporti con la Siria andando a vivere a Sulemanya, nel Kurdistan iracheno.

Dato per morto in più occasioni, conseguentemente a dichiarazioni più o meno attendibili, questa volta invece la notizia sembrerebbe ribaltare la situazione: “lo scorso agosto padre Dall’Oglio è stato visto a Raqqa, vivo, l’hanno testimoniato due disertori di Isis”. Sono le parole di Rami Abdurrahman, direttore dell'Ondus, Osservatorio nazionale siriano riprese dal quotidiano Asharq al Awsat e dall’Ansa.

Per chi conosce il padre gesuita, come i tanti colleghi che hanno aderito all’associazione Giornalisti amici di padre Dall’Oglio e come la stessa nostra redazione di Vita, che l’ha intervistato più volte proprio sull’incandescente situazione siriana e sulla necessità di non abbandonare il dialogo, la scomparsa di Dall’Oglio rimane un trauma profondo, un incubo da cui si spera di uscire presto in modo positivo. Perché zittire una voce come la sua, autorevole, a volte contundente ma libera e capace di gettare ponti, sarebbe un abominio.

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