Sostenibilità

Packaging selvaggioFermarlo si può, se chi inquina paga

cause&soluzioni Come invertire il trend di crescita continua dei rifiuti da imballaggio

di Redazione

Detersivi ecologici alla spina, vaschette e film in materiale derivato dal mais (quindi biodegradibili), cassette a sponde abbattibili, riutilizzabili, in plastica riciclabile per il trasporto di ortofrutta. Sono alcune buone pratiche per ridurre i rifiuti da imballaggio alla fonte. Le iniziative possono partire da tutti: dal produttore alla grande distribuzione, dall’amministrazione pubblica al piccolo negoziante, fino al consumatore finale. Come afferma Roberto De Santis, presidente del Conai – Consorzio nazionale imballaggi: «Sul fronte del riciclo e del recupero siamo arrivati a una sorta di tetto massimo. La prospettiva è sempre più innovazione nel packaging ecocompatibile».
Intanto però, le previsioni per il 2008 dicono che i rifiuti da imballaggio cresceranno ancora dell’1,4% rispetto al 2007. L’anno scorso gli italiani ne hanno prodotti quasi 12,5 milioni di tonnellate, il 2,3% in più rispetto al 2006. Dei nuovi imballaggi immessi al consumo la quantità maggiore, circa 4,6 milioni di tonnellate, sarà di carta. Il legno è al secondo posto, con quasi 3 milioni di tonnellate, mentre crescono più in fretta degli altri gli imballaggi in plastica, che saranno 2 milioni 270mila tonnellate nel 2008. Il settore alimentare assorbe il 42% della produzione complessiva di imballaggi. Se a questo si aggiungono le bevande (23%) si arriva a circa due terzi degli imballaggi prodotti. Circa il 50% sono in materiali plastici.
Nel Piano di prevenzione e gestione per il 2008, il Conai si pone come obiettivo di riciclare il 58,8% degli imballaggi immessi nel mercato, l’1% in più rispetto al 2007. Già nel 2002 il Conai aveva raggiunto il target fissato del 50% tra recupero e riciclo. «Questo sistema funziona grazie alla leva economica», spiega Valentina Cipriano di Federambiente. «La legge stabilisce una responsabilità condivisa nella gestione del prodotto, anche una volta diventato rifiuto. È il principio che “chi inquina paga”. In pratica da quando i produttori di imballaggi sono chiamati a pagare per lo smaltimento di ciò che producono, sono anche incentivati a immettere sul mercato imballaggi meno pesanti».
Il Conai è istituito in base al decreto Ronchi del 97 e riunisce quasi un milione e mezzo di imprese produttrici e utilizzatrici di imballaggi. Così l’Italia ha recepito la direttiva europea 62 del 1994. Attualmente l’Ue sta rivedendo le linee quadro sulla gestione dei rifiuti proprio in base al principio “chi inquina paga”.
I benefici economici e ambientali per l’Italia in dieci anni di attività del Conai sono quantificabili in 4 miliardi di euro e nella non emissione di 40 milioni di tonnellate di CO2. Il recupero di 8 milioni di tonnellate di imballaggi corrisponde infatti al taglio dei costi di smaltimento in discarica, al valore della materia generata dalle attività di riciclo, all’indotto occupazionale dall’attività dei consorzi. La disponibilità dei materiali riciclati è passata da 21 a 33 milioni di tonnellate. Il fatturato complessivo delle aziende impegnate nel settore del riciclo e recupero è di 40 miliardi di euro, circa il 3% del Pil. Si calcola che siano 25mila gli addetti per ogni milione di tonnellate di materiali avviati a riciclo, a fronte dei mille impiegati in una discarica.
D’altra parte non riciclare costa caro. Ad esempio, il mancato raggiungimento della media nazionale di raccolta differenziata solo della carta e cartone in Campania nel periodo 1999-2005 è costato oltre 100 milioni di euro. Lo dice uno studio commissionato da Comieco, il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica. Della carta e cartone differenziati nei nostri Comuni, circa il 74% è gestito da Comieco.
In generale, ogni anno vengono prodotti oltre 540 kg di rifiuti urbani pro capite e raccogliere e smaltire un chilo di rifiuti può costare fino a 25 centesimi. È per questo che bisogna puntare soprattutto sulla riduzione alla fonte. Federambiente ha censito cento buone pratiche (www.rifiutilab.it/prevenzione) realizzate da enti pubblici e privati. Tra gli esempi c’è il progetto Riducimballi, dell’ente di ricerca Ecologos, che ha coinvolto amministrazioni pubbliche, società di gestione dei rifiuti, associazioni di categoria, negozianti e consumatori. Dal 2004 nuove possibilità di acquisto e gestione degli imballaggi hanno permesso di risparmiare 1.523,8 chili di plastica in nove Comuni e 50 negozi. È una dimostrazione che le soluzioni non mancano, la vera sfida è adottarle.

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