Guerre da fermare
Pace, Manfredonia (Acli): «Non allarghiamo i conflitti»
Il presidente aclista interviene dopo il nuovo riferimento del capo di Stato francese, Emmanuel Macron, all'invio di truppe europee in Ucraina. «Unica soluzione», dice, «la diplomazia». E cita le proteste pro-Palestina nei campus americani come esemplificazione dello stesso sentimento
«L’Europa e il mondo intero è attraversato da venti di guerra che minacciano la stabilità mondiale. Chiediamo ai leader internazionali di fermarsi prima che sia troppo tardi». Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, commenta le recenti dichiarazioni del Presidente francese, Emmanuel Macron, su un possibile invio di truppe in Ucraina nel caso in cui la Russia riesca ad avanzare sul fronte orientale e Kyiv ne faccia richiesta. «Rischiamo un’escalation pericolosa che causerebbero solo morte e distruzione: l’unica soluzione è la via della diplomazia», dice il presidente aclista.
Secondo Manfredonia, «questo momento di incertezza globale richiede un ritorno ai principi fondamentali del dialogo e della cooperazione internazionale. Lo dimostra anche l’ondata di proteste nei campus americani, dove oltre 2mila persone sono state arrestate durante le manifestazioni pro-Palestina. Un’indignazione generata dalle migliaia di persone innocenti che hanno perso la vita nella Striscia di Gaza negli ultimi mesi».
«L’impegno delle Acli», ha proseguito Manfredonia, «è quello di ricostruire dal basso un movimento collettivo che non ceda alla logica della negazione dei diritti dell’altro e rifiuti sempre ogni forma di violenza. La politica e la diplomazia devono tornare con determinazione ad essere i mezzi per la risoluzione delle controversie internazionali. Per questo», ha concluso, «rivolgiamo l’ennesimo appello al Parlamento italiano, all’Europa e alle istituzioni internazionali affinché si percorra davvero la via della pace e della mediazione in Medio Oriente, così come in Ucraina».
Nella foto in apertura, di Efrem Lukatsky per AP Photo/LaPresse, combattimenti a Bakhmut in Ucraina, nel marzo scorso.
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