Politica

Pacchetto sicurezza, il no dei cattolici

Sant'Egidio, Acli, Fondazone Astalli e Comunità Giovanni XXIII in un documento comune hanno individuato i 5 punti critici del ddl

di Maurizio Regosa

Un no secco, seguito da alcune proposte alternative, è quello giunto oggi al “pacchetto sicurezza” in discussione domani al Senato, da alcune importanti realtà cattoliche che hanno indetto assieme una conferenza stampa (svoltasi a Roma). Sono la Comunità di Sant’Egidio, le Acli, la Fondazione Astalli, la Comunità Papa Giovanni XXIII, che hanno espresso la loro preoccupazione per le iniziative che il governo si appresta a far approvare all’interno del “pacchetto sicurezza” e che in realtà – hanno sottolineato sia Marco Impagliazzo che Andrea Olivero, rispettivamente presidente di Sant’Egidio e delle Acli – mirano a rendere più difficile la vita agli immigrati. «Si parla degli stranieri con sempre meno rispetto», ha detto il primo, e «si introduce, in un clima generale pesante, l’idea che siano cittadini di seconda categoria. Come cattolici, sentiamo il dovere di batterci a favore di una reale integrazione». «Tanto più», incalza Olivero, «che la sicurezza o è di tutti o non è per nessuno. Occorre garantirla a tutti, italiani e non. Viceversa assistiamo a chiusure preoccupanti».

Sono cinque, in particolare, i punti critici del pacchetto. Anzitutto l’impossibilità di matrimonio per uno straniero privo del permesso di soggiorno (una misura che limita i diritti della famiglia e non aiuta la sicurezza, anzi – è stato sottolineato). In secondo luogo l’introduzione del reato di ingresso e permanenza illegale sul territorio: il cosiddetto reato di clandestinità oltretutto ingolferebbe la già bloccata giustizia italiana e non fermerebbe il flusso. L’allungamento dei tempi per la detenzione dei migranti irregolari (il pacchetto prevede fino a 18 mesi nei centri di identificazione) è il terzo punto contestato. Il quarto passaggio critico  è quello che prevede (per i residenti italiani e per gli stranieri) il divieto di iscrizione anagrafica in mancanza della disponibilità di un alloggio dotato di idonea certificazione. Anche l’Anci ha commentato negativamente questa misura, hanno sottolineato le associazioni nel corso della conferenza stampa. Il disegno di legge prevede inoltre l’obbligo di presentare il titolo di soggiorno per la presentazione di istanze o per autorizzazioni (come le pubblicazioni per il matrimonio) e chiede ai medici di segnalare i clandestini che hanno visitato (una proposta che ha spinto Medici senza frontiere a organizzare una manifestazione, in corso sempre oggi a Roma).

Anziché accrescere gli oneri per permessi di soggiorno che spesso arrivano scaduti, andrebbe, a giudizio delle associazioni , rilanciato un forte programma di integrazione sociale, ripristinando i fondi erosi nel passaggio dal ministero della Solidarietà sociale a quello dell’Interno, sanando alcune situazioni (come quella che riguarda i circa 20mila minori apolidi, figli di profughi provenienti dalla ex Jugoslavia), creando la possibilità di ingresso regolare (vedi la proposta presentata l’altro giorno per l’istituzione del permesso per cercare lavoro), favorendo i ricongiungimenti e creando un percorso di cittadinanza per i circa 700mila minori stranieri, molti dei quali sono nati in Italia.

 

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